Con la riforma del lavoro renziana, l'Italia viola il
diritto di lavoratrici e lavoratori di ricevere un congruo indennizzo o altra
adeguata riparazione in caso di licenziamento illegittimo.
Il Jobs act va a sbattere anche
contro il muro europeo. Dopo i rilievi di natura costituzionale emersi in
Italia, il Comitato europeo dei diritti sociali si è infatti espresso,
affermando che, con la riforma del lavoro renziana, l’Italia viola il diritto
di lavoratrici e lavoratori di ricevere un congruo indennizzo o altra adeguata
riparazione in caso di licenziamento illegittimo.
Il Comitato del Consiglio
d’Europa ha sottolineato come il decreto sia in contrasto con l’articolo 24
della Carta sociale europea, che recita testualmente: “Tutti i lavoratori hanno
diritto ad una tutela in caso di licenziamento”. La tutela, in caso di
licenziamento ingiusto, è il diritto del lavoratore di essere reintegrato sul
posto di lavoro o, se la reintegra non è concretamente praticabile,
l’ottenimento di un risarcimento commisurato al danno subito.
Il Jobs act, secondo
Strasburgo, resta inadeguato resta anche dopo le modifiche apportate dal legislatore (l’aumento dei
tetti minimi e massimi dell’indennità, a opera del cosiddetto decreto Dignità)
e dopo la censura della Corte costituzionale, con la sentenza dello scorso
anno. Il contrasto con l’articolo 24 della Carta sociale europea era infatti
già stato individuato lo scorso anno dalla Consulta, che aveva dichiarato
incostituzionale il meccanismo centrale del Jobs act, cioè l’automatismo di
calcolo dell’indennità in caso di licenziamento illegittimo.
L’inadeguatezza della tutela prevista dal Jobs act non risiede però solo
nei tetti massimi di indennità, ma anche nel ruolo del meccanismo di
conciliazione, che ridurrebbe ulteriormente la possibilità per il lavoratore di
ottenere una adeguata riparazione: il datore di lavoro può infatti evitare il
giudizio offrendo al lavoratore una somma pari a una mensilità di retribuzione
per ogni anno di servizio, senza oneri fiscali né contributivi.
Il Comitato ribadisce dunque con
forza quanto già stabilito in altra pronuncia che riguardava la Finlandia, e
cioè che non è ammissibile un tetto massimo (plafond) al risarcimento dovuto
alla vittima dell’abuso, e ciò tanto più in un contesto in cui la procedura
conciliativa stragiudiziale prevista dalla legge italiana permette al datore di
lavoro (pagando metà dell’indennizzo senza oneri fiscali) di sottrarsi dal
procedimento giudiziario predeterminando così in misura ulteriormente ridotta i
costi del suo abuso. Al lavoratore vittima di un licenziamento illegittimo, al
contrario, va assicurato il risarcimento integrale dal danno subito, senza
limiti di sorta: solo così il sistema sanzionatorio può essere considerato
veramente dissuasivo per i datori di lavoro e coerente con la normativa
europea. Le decisioni del Comitato sociale europeo, contrariamente a quelle
della Corte di giustizia, non sono immediatamente esecutive nel nostro
ordinamento.
Tuttavia hanno un grande peso politico e costituiscono precedenti
importanti per i giudici nazionali, i quali dovrebbero adeguarsi ai principi
ivi affermati. Inoltre, il provvedimento è stato trasmesso al Comitato
ministeriale del Consiglio dell’Unione europea, il quale dovrebbe a propria
volta emanare una risoluzione nei confronti dell’Italia. Il monito arrivato da
Strasburgo è netto e ineludibile, smentisce l’impianto teorico del Jobs Act.
Ora va ripensata la disciplina del licenziamento non domandandosi quale sia il
regime più favorevole per le imprese, ma quali siano le tutele più adeguate per
i lavoratori e le lavoratrici”.
CUB Trasporti
Confederazione Unitaria di Base Trasporti
Via
Ponzio Cominio, 56 – 00175 Roma –Metro A Lucio Sestio, 06.76968412
0676960856 - Fax 06.76983007– Firenze Via scandicci 56 . Tel 055. 055496164 -
055-3200938-