venerdì 22 febbraio 2019

ANCORA DISAGI PER GLI UTENTI ENNESIMO PERICOLO PER BUS GUASTO



 



IL BUS HA GUAI AI FRENI PASSEGGERI APPIEDATI



Nessuna descrizione della foto disponibile.











http://www.voceapuana.com/carrara/cronaca/altro-autobus-coi-freni-rotti-utenti-stufi-e-arrabbiati-16631.aspx


https://www.lagazzettadimassaecarrara.it/cronaca/2019/02/freni-in-tilt-si-ferma-un-altro-bus-della-ctt/

sabato 16 febbraio 2019

Muore per lo choc anafilattico, Asl paga ai familiari 1,5 milioni di euro

Muore per lo choc anafilattico, Asl paga ai familiari 1,5 milioni di euro


Dopo sette anni e mezzo la Corte d’Appello di Firenze riconosce il risarcimento dovuto alla mancata somministrazione di un farmaco per via intramuscolare. affidati all’avvocato Nicola Gori dello studio Gori, Ottolini e Da Ponte a Quarto, vi furono negligenze nella gestione di quei primi drammatici minuti da parte del personale medico. la famiglia non si è mai data per vinta e, sempre sostenuta dall’avvocato Gori, è andata avanti nel 2017 con un ricorso in appello. Oggi finalmente la sentenza

https://www.lanazione.it/lucca/cronaca/choc-risarcimento-asl-1.4444806


http://iltirreno.gelocal.it/lucca/cronaca/2019/02/16/news/muore-per-lo-choc-anafilattico-asl-paga-ai-familiari-1-5-milioni-di-euro-1.1776122












Confederazione Unitaria di Base Trasporti

http://www.cub.it/index.php

Via Ponzio Cominio, 56 – 00175 Roma –Metro A Lucio Sestio, 06.76968412 0676960856 - Fax 06.76983007 –  Firenze  Via Scandicci 56 . 055. 055496164 - 055-3200938-Pec:cubtrasporti@pec.net

info contatti:   Lucca e Provincia : pec  cubtrasportilu@pec.it, e-mail cubtrasportilucca@gmail.com


giovedì 14 febbraio 2019

APPELLO A TUTTI I CITTADINI





Nessuna descrizione della foto disponibile.



Il trasporto pubblico va difeso e rilanciato

Il trasporto pubblico locale rappresenta, soprattutto in tempo di crisi economica e ambientale, un elemento strategico per costruire città sostenibili e solidali. Per essere davvero alternativo al mezzo privato, il trasporto pubblico deve venire incontro alle reali esigenze dell’utenza: in termini di affidabilità del servizio, di costi contenuti, di razionalità dei collegamenti nell’area urbana e nell’area vasta, di accessibilità da parte dei soggetti con particolari esigenze di mobilità, come gli anziani o i diversamente abili, o con limitate risorse economiche come i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Purtroppo invece, come molti altri servizi fondamentali, il trasporto pubblico è da anni sotto attacco.

Il Trasporto Pubblico Locale ha subito negli ultimi anni drastici cali di investimenti pubblici e processi di privatizzazione che cancellano le aspettative dei lavoratori e peggiorano il servizio offerto all’utenza. Per i lavoratori, a causa di manovre funzionali al massimo ribasso del costo del lavoro, come la vendita di aziende ai privati, i fallimenti pilotati, i cambi di appalto, la disdetta degli accordi integrativi, si è consumata in questi anni una vergognosa mattanza di diritti. Parallelamente sono diminuite anche tutele e garanzie, infatti le clausole sociali che garantiscono la riassunzione di tutti i lavoratori e il mantenimento dei diritti contrattuali, nel caso che una diversa azienda si aggiudichi la gara, non sono sempre assicurate.



Persino gli investimenti sulla sicurezza e sull’efficienza dei mezzi vengono subordinati agli obbiettivi di profitto, causando disagi e aumento dei rischi per lavoratori e d utenti. Inoltre in caso di cambio di appalto lavoratori rischiano di essere considerati nuovi assunti, rientrando nella disciplina del contratto a “Tutele crescenti” (ossia zero per i primi anni) approvato con il Jobs Act del governo Renzi.

Crediamo che proprio sul terreno del trasporto pubblico locale si giochi una partita essenziale del futuro delle nostre città, sul piano della vivibilità, della sostenibilità ambientale e della buona occupazione. Bisogna lavorare per invertire la rotta, e non subire più scelte che penalizzano le fasce sociali più deboli, e che hanno a cuore più i profitti dei privati che la qualità del servizio pubblico.

Per un trasporto gratuito per chi lavora,cerca un lavoro, studia,soffre la crisi




martedì 12 febbraio 2019

Normativa Trasporto Pubblico Locale e Regionale


Normativa
Trasporto Pubblico Locale e Regionale
INDICE
AFFIDAMENTO DEI SERVIZI DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE E REGIONALE
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70
Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini
“Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”
“Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale”
“Misure urgenti per le attività produttive, le infrastrutture e i trasporti locali,
la valorizzazione dei beni culturali ed i comuni” “Riordino dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale”
REGOLAZIONE, ORGANIZZAZIONE E FINANZIAMENTO DEI SERVIZI DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE E REGIONALE
“Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”
“Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali”
“Regolazione indipendente in materia di trasporti”
“Misure per il trasporto ferroviario”
“Patto Governo-regioni per il trasporto pubblico locale”
OBBLIGHI, VINCOLI E LIMITAZIONI PER LE SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA
“Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche”
“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”
Dismissione partecipazioni
“Reclutamento del personale nelle società pubbliche”
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)” Composizione e compensi CdA
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)” - Compensi
“Regolamento recante determinazione dei limiti massimi del trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo”
“Riduzione dei costi degli apparati amministrativi”
“Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di  intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati”
“Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell’articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120”
“Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”


 AFFIDAMENTO DEI SERVIZI DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE E REGIONALE
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70.
Pubblicato nella G.U.U.E. 3 dicembre 2007, n. L 315.
Epigrafe
Premessa
Articolo 1 - Finalità e ambito di applicazione
Articolo 2 - Definizioni
Articolo 3 - Contratti di servizio pubblico e norme generali
Articolo 4 - Contenuto obbligatorio dei contratti di servizio pubblico e delle norme generali
Articolo 5 - Aggiudicazione di contratti di servizio pubblico
Articolo 6 - Compensazioni di servizio pubblico
Articolo 7 - Pubblicazione
Articolo 8 - Transizione
Articolo 9 - Compatibilità con il trattato
Articolo 10 - Abrogazione
Articolo 11 - Relazioni
Articolo 12 - Entrata in vigore
ALLEGATO
Reg. (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 (1).
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (2).
(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 3 dicembre 2007, n. L 315.
(2) Il presente regolamento è entrato in vigore il 3 dicembre 2009.
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 71 e 89,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3),
visto il parere del Comitato delle regioni (4),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (5),
considerando quanto segue:
(1)          L’articolo 16 del trattato afferma che i servizi di interesse economico generale fanno parte dei valori comuni dell’Unione.
(2)          L’articolo 86, paragrafo 2, del trattato dispone che le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale sono sottoposte alle norme del trattato, in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, delle specifiche missioni loro affidate.
(3)          L’articolo 73 del trattato costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 86, paragrafo 2. Esso stabilisce norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti terrestri.
(4)          Gli obiettivi principali definiti nel Libro bianco della Commissione del 12 settembre 2001, «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», consistono nel garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri anche la trasparenza e l’efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali, ambientali e di sviluppo regionale, o nell’offrire condizioni tariffarie speci­fiche a talune categorie di viaggiatori, ad esempio i pensionati, e nell’eliminare le disparità fra imprese di trasporto provenienti da Stati membri diversi che possono alterare in modo sostanziale la concorrenza.
(5)          Attualmente, molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell’interes-se economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Occorre che le autorità competenti degli Stati membri abbiano la possibilità di intervenire per garantire la prestazione di tali servizi. Tra i meccanismi a disposizione delle autorità competenti per far sì che vengano forniti servizi di trasporto pubblico di passeggeri vi sono: l’attribuzione agli operatori del servizio pubblico di diritti di esclusiva, la concessione agli operatori del servizio pubblico di compen­sazioni finanziarie e la determinazione di regole generali, valide per tutti gli operatori, per l’esercizio dei trasporti pubblici. Se gli Stati membri, a norma del presente regolamento, scelgono di escludere certe regole generali dall’ambito di applicazione del regolamento stesso, si dovrebbe applicare il regime generale per gli aiuti di Stato.
(6)          Molti Stati membri hanno adottato una legislazione che prevede la concessione di diritti di esclusiva e la stipulazione di contratti di servizio pubblico, almeno per una parte del loro mercato dei trasporti pubblici, sulla base di procedure di aggiudi­cazione eque e trasparenti. Di conseguenza, gli scambi fra Stati membri sono notevolmente aumentati e numerosi operatori di servizio pubblico stanno adesso fornendo servizi di trasporto pubblico di passeggeri in più di uno Stato membro. Tuttavia, dall’evolversi delle legislazioni nazionali è scaturita l’applicazione di procedure difformi, cosa che ha creato incertezza giu­ridica riguardo ai diritti degli operatori di servizio pubblico e agli obblighi delle autorità competenti. Il regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, relativo all’azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile , nulla dice in ordine alle modalità di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico nella Comunità, né, in particolare, in ordine alle circostanze in cui dovrebbero essere aggiudicati con gara d’appalto. È opportuno quindi aggiornare il quadro normativo comunitario.
(7)          Da alcuni studi effettuati e dall’esperienza maturata dagli Stati membri che da vari anni hanno introdotto la concorrenza nel settore dei trasporti pubblici emerge che, con le adeguate garanzie, l’introduzione di una concorrenza regolamentata tra gli operatori in questo settore consente di rendere più appetibili, più innovativi e meno onerosi i servizi forniti, senza per questo ostacolare l’adempimento dei compiti specifici assegnati agli operatori di servizio pubblico. Questa impostazione ha avuto l’approvazione del Consiglio europeo nell’ambito del cosiddetto processo di Lisbona del 28 marzo 2000, laddove si invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze, ad «accelerare la liberalizzazione in settori come [...] i trasporti».
(8)          I mercati liberalizzati del trasporto di passeggeri nei quali non esistono diritti di esclusiva dovrebbero poter mantenere le loro caratteristiche e modalità di funzionamento nella misura in cui esse sono compatibili con le disposizioni del trattato.
(9)          Per poter organizzare i propri servizi di trasporto pubblico di passeggeri nel modo più rispondente alle esigenze del pubbli­co, tutte le autorità competenti devono avere la facoltà di scegliere liberamente i loro operatori di servizio pubblico, tenendo conto degli interessi delle piccole e medie imprese, secondo le modalità prescritte dal presente regolamento. Per garantire l’applicazione dei principi di trasparenza, di parità di trattamento degli operatori in concorrenza e di proporzionalità, qualora vengano accordati compensazioni o diritti di esclusiva, è indispensabile definire in un contratto di servizio pubblico stipulato dall’autorità competente con l’operatore di servizio pubblico prescelto la natura degli obblighi di servizio pubblico e il com­penso concordato. La forma o la denominazione di tale contratto possono variare in funzione degli ordinamenti giuridici degli Stati membri.
(10)        Contrariamente al regolamento (CEE) n. 1191/69, nel cui ambito di applicazione ricadono anche i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile, non si reputa opportuno disciplinare, nel presente regolamento, l’affidamento di contratti di servizio pubblico in questo specifico settore. L’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile interna e, nella misura in cui non siano disciplinati da una specifica normativa comunitaria, per acque marine nazionali resta quindi soggetta all’osservanza dei principi generali del trattato, a meno che gli Stati membri non decidano di applicare il presente regolamento a tali specifici settori. Le disposizioni del presente regolamento non impediscono di integrare i servizi per via navigabile interna e per acque marine nazionali in una più vasta rete urbana, suburbana o regionale di trasporto pubblico di passeggeri.
(11)        Contrariamente al regolamento (CEE) n. 1191/69, nel cui ambito di applicazione ricadono anche i servizi di trasporto di merci, non si reputa opportuno disciplinare, nel presente regolamento, l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico in detto specifico settore. Tre anni dopo l’entrata in vigore del presente regolamento l’organizzazione dei servizi di trasporto di merci dovrebbe quindi rimanere soggetta all’osservanza dei principi generali del trattato.
(12)        Sotto il profilo del diritto comunitario è irrilevante che i servizi di trasporto pubblico di passeggeri siano prestati da impre­se pubbliche o da imprese private. Il presente regolamento si basa sul principio della neutralità rispetto al regime di proprietà, sancito dall’articolo 295 del trattato, sul principio della libertà degli Stati membri di definire i servizi di interesse economico generale, sancito dall’articolo 16 del trattato, e sui principi di sussidiarietà e proporzionalità, sanciti dall’articolo 5 del trattato.
(13)Alcuni servizi, spesso connessi con un’infrastruttura specifica, sono prestati essenzialmente per il loro interesse storico o per il loro valore turistico. Poiché questi servizi hanno scopi manifestamente diversi dalla fornitura di trasporto pubblico di passeggeri, non è necessario che la loro prestazione sia disciplinata dalle norme e dalle procedure applicabili agli obblighi di servizio pubblico.
(14)Ove le autorità competenti siano responsabili dell’organizzazione della rete del trasporto pubblico, oltre alla realizzazio­ne effettiva del servizio di trasporto, tale organizzazione può comprendere tutta una serie di altre attività e funzioni che le autorità competenti devono essere libere di svolgere esse stesse odi affidare in tutto o in parte a terzi.
(15)I contratti di lunga durata possono comportare la chiusura del mercato per un periodo più lungo del necessario, con con­seguente riduzione degli effetti positivi della pressione della concorrenza. Per ridurre al minimo le distorsioni di concorrenza e al tempo stesso salvaguardare la qualità dei servizi, è opportuno che i contratti di servizio pubblico abbiano una durata limitata. Il rinnovo di tali contratti potrebbe essere soggetto a un riscontro positivo da parte degli utenti. In tale contesto, è necessario prevedere la possibilità di prorogare i contratti di servizio pubblico per un periodo massimo pari alla metà della loro durata iniziale quando l’operatore di servizio pubblico debba effettuare investimenti in beni aventi una durata di ammor­tamento eccezionale e, in ragione delle loro caratteristiche e limiti particolari, nel caso delle regioni ultraperiferiche quali spe­cificate nell’articolo 299 del trattato. Inoltre, qualora un operatore di servizio pubblico effettui investimenti in infrastrutture o in materiale rotabile e veicoli che abbiano carattere eccezionale, nel senso che implicano entrambi un alto valore di fondi, e a condizione che il contratto sia aggiudicato dopo un’equa procedura di gara, dovrebbe essere possibile una proroga ancora maggiore.
(16)Laddove la fine di un contratto di servizio pubblico comporti il cambiamento dell’operatore di servizio pubblico, le autorità competenti dovrebbero poter chiedere all’operatore di servizio pubblico prescelto di osservare le disposizioni della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti . La suddetta direttiva non osta a che gli Stati membri salvaguardino condizioni di trasferimento dei diritti dei lavoratori diverse da quelle contemplate dalla direttiva 2001/23/CE e tenendo conto in tale contesto, ove appropriato, degli standard sociali fissati dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali o dai contratti collettivi o da accordi conclusi tra le parti sociali.
(17)Nel rispetto del principio di sussidiarietà, le autorità competenti hanno la facoltà di stabilire criteri sociali e di qualità al fine di salvaguardare e rafforzare le norme di qualità per gli obblighi di servizio pubblico, per esempio riguardo alle condizioni minime di lavoro, ai diritti dei passeggeri, alle esigenze delle persone a mobilità ridotta o alla tutela dell’ambiente, alla sicu­rezza dei passeggeri e dei lavoratori nonché agli obblighi dei contratti collettivi e ad altre norme e accordi in materia di luogo di lavoro e protezione sociale nel luogo in cui viene prestato il servizio. Per garantire condizioni di concorrenza trasparenti e comparabili tra operatori ed evitare il rischio di dumping sociale, le autorità competenti dovrebbero poter imporre specifici standard sociali e di qualità del servizio.
(18)Fatte salve le pertinenti disposizioni della legislazione nazionale, ogni autorità locale o, in assenza di questa, ogni autorità nazionale può decidere se fornire essa stessa i servizi pubblici di trasporto di passeggeri nel suo territorio o se affidarli a un operatore interno senza ricorrere a procedure di gara. Tuttavia, per garantire eque condizioni di concorrenza, questa facoltà di auto prestazione deve essere soggetta a controlli rigorosi. Il necessario controllo dovrebbe essere esercitato dall’autorità competente o da un gruppo di autorità competenti che forniscano servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri in modo collettivo o tramite i propri membri. Inoltre, un’autorità competente che fornisca i propri servizi di trasporto o un ope­ratore interno non dovrebbero poter partecipare a procedure di gara al di fuori del territorio della suddetta autorità. L’autorità che controlla l’operatore interno dovrebbe anche poter vietare a quest’ultimo di partecipare a gare organizzate nel suo territorio. Le restrizioni delle attività di un operatore interno non interferiscono con la possibilità dell’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico qualora questi riguardino il trasporto ferroviario, eccettuati altri tipi di trasporto su rotaia quali metropolitana e tram. Inoltre, l’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico per il trasporto ferroviario pesante lascia impregiudicata la possibilità per le autorità competenti di aggiudicare a un operatore interno contratti di servizio pubblico per i servizi di trasporto pubblico di passeggeri su altri tipi di trasporto su rotaia quali metropolitana e tram.
(19)Il subappalto può contribuire a trasporti pubblici di passeggeri più efficienti e rende possibile la partecipazione di imprese diverse dall’operatore di servizio pubblico aggiudicatario del relativo contratto. Tuttavia, per assicurare l’uso migliore delle risorse pubbliche, le autorità competenti dovrebbero essere in grado di definire le modalità di subappalto dei loro servizi di trasporto pubblico di passeggeri, soprattutto in caso di servizi prestati da un operatore interno. Inoltre, non si dovrebbe im­pedire a un subappaltatore di partecipare a procedure di gara nel territorio di qualsiasi autorità competente. La selezione di un subappaltatore da parte dell’autorità competente o del suo operatore interno dovrebbe essere effettuata in conformità della normativa comunitaria.
(20)Quando l’autorità pubblica decide di affidare a un terzo un servizio d’interesse generale, la scelta dell’operatore di ser­vizio pubblico deve avvenire nell’osservanza della normativa comunitaria in tema di appalti pubblici e di concessioni, quale risulta dagli articoli da 43 a 49 del trattato, nonché nell’osservanza dei principi di trasparenza e di parità di trattamento. In par­ticolare, le disposizioni del presente regolamento devono lasciare impregiudicati gli obblighi applicabili alle pubbliche autorità in forza delle direttive sull’aggiudicazione degli appalti pubblici, quando i contratti di servizio pubblico rientrano nel loro ambito di applicazione.
(21)Dovrebbe essere garantita una protezione giuridica efficace non solo per le aggiudicazioni basate sulla direttiva 2004/17/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali , e sulla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi , ma anche per altri contratti aggiudicati a norma del presente regolamento. È necessaria un’efficace procedura di verifica, comparabile, se del caso, alle pertinenti procedure previste dalla direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori , e dalla direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relati­ve all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni .
(22)Alcuni bandi di gara impongono alle autorità competenti la definizione e la descrizione di sistemi complessi. È quindi opportuno che, nell’aggiudicare contratti in tali casi, dette autorità abbiano facoltà di negoziare i dettagli con tutti i potenziali operatori di servizio pubblico o con alcuni di essi dopo la presentazione delle offerte.
(23)È opportuno che la gara d’appalto per l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico non sia obbligatoria quando il con­tratto abbia per oggetto somme o distanze di modesta entità. Al riguardo, per somme o distanze di maggiore entità le auto­rità competenti dovrebbero poter tenere conto degli interessi specifici delle piccole e medie imprese. Alle autorità compe­tenti non dovrebbe essere consentito di suddividere contratti o reti al fine di evitare procedure di appalto.
(24)Quando vi è il rischio di interruzioni della fornitura dei servizi, le autorità competenti dovrebbero poter adottare misure di emergenza a breve termine in attesa dell’aggiudicazione di un nuovo contratto di servizio pubblico che sia conforme a tutte le condizioni in materia di aggiudicazione stabilite dal presente regolamento.
(25)Il trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia pone problemi particolari legati all’entità degli investimenti e al costo delle infrastrutture. Nel marzo 2004 la Commissione ha presentato una proposta che modifica la direttiva 91/440/CEE del Con­siglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie , allo scopo di garantire a tutte le imprese ferroviarie della Comunità l’accesso all’infrastruttura di tutti gli Stati membri ai fini dell’esercizio dei servizi internazionali di trasporto di passeggeri. Il presente regolamento si prefigge di definire un quadro giuridico per le compensazioni e/o i diritti di esclusiva per i contratti di servizio pubblico e non di realizzare un’ulteriore apertura del mercato dei servizi ferroviari.
(26)In materia di servizi pubblici, il presente regolamento dà facoltà a ciascuna autorità competente di scegliere il proprio operatore per la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri nell’ambito di un contratto di servizio pubblico. Te­nuto conto della diversa organizzazione territoriale degli Stati membri in questa materia, si ritiene giustificato consentire alle autorità competenti di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia.
(27)Le compensazioni concesse dalle autorità competenti per coprire le spese sostenute per l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico dovrebbero essere calcolate in modo da evitare compensazioni eccessive. Qualora preveda di aggiudi­care un contratto di servizio pubblico senza ricorrere a procedura di gara, l’autorità competente dovrebbe altresì osservare modalità di applicazione dettagliate idonee a garantire che l’importo delle compensazioni risulti adeguato e miri a conseguire un servizio efficiente e di qualità.
(28)L’autorità competente e l’operatore di servizio pubblico possono provare che si è evitata una compensazione eccessiva se, nello schema di calcolo di cui all’allegato, tengono debitamente conto degli effetti dell’osservanza degli obblighi di servizio pubblico sulla domanda di servizi di trasporto pubblico di passeggeri.
(29)Ai fini dell’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico, ad eccezione delle misure di emergenza e dei contratti relativi a distanze limitate, le autorità competenti dovrebbero adottare le necessarie misure per pubblicizzare, con almeno un anno di anticipo, il fatto che intendono aggiudicare tali contratti così da consentire ai potenziali operatori del servizio pubblico di attivarsi.
(30)I contratti di servizio pubblico aggiudicati direttamente dovrebbero essere soggetti a una maggiore trasparenza.
(31)Considerato che le autorità competenti e gli operatori di servizio pubblico avranno bisogno di tempo per adeguarsi alle disposizioni del presente regolamento, è opportuno definire regimi transitori. In vista della graduale aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico in linea con il presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero presentare alla Commissione una relazione sullo stato dei lavori entro i sei mesi successivi alla prima metà del periodo transitorio. Sulla base di tali relazioni la Commissione può proporre opportune misure.
(32)Nel periodo transitorio è possibile che le autorità competenti applichino le disposizioni del presente regolamento in tempi diversi. Potrebbe quindi accadere che, durante tale periodo, operatori di servizio pubblico provenienti da mercati in cui il presente regolamento non è ancora applicato partecipino a gare d’appalto per contratti di servizio pubblico da aggiudicare in mercati aperti più rapidamente alla concorrenza regolamentata. Per evitare, attraverso una misura proporzionata, che l’apertura alla concorrenza del mercato del trasporto pubblico determini situazioni di squilibrio, le autorità competenti do­vrebbero avere la facoltà di rifiutare, nella seconda metà del periodo transitorio, le offerte di imprese i cui servizi di trasporto pubblico non sono prestati, per oltre metà del loro valore, a norma del presente regolamento, sempreché tale facoltà venga esercitata senza discriminazioni e venga stabilita prima della pubblicazione del bando di gara.
(33)Nei punti da 87 a 95 della sentenza del 24 luglio 2003 nella causa C280/00, Altmark Trans GmbH (6), la Corte di giustizia delle Comunità europee ha statuito che le compensazioni di servizio pubblico non costituiscono vantaggi ai sensi dell’articolo 87 del trattato qualora soddisfino cumulativamente quattro criteri. Qualora questi criteri non siano soddisfatti e ricorrano i criteri generali per l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato, le compensazioni di servizio pubblico costituiscono aiuti di Stato e sono soggette agli articoli 73, 86, 87 e 88 del trattato.
(34)Nel settore dei trasporti di passeggeri per via terrestre possono risultare necessarie compensazioni di servizi pubblici allo scopo di consentire alle imprese incaricate della prestazione di servizi pubblici di funzionare secondo principi e condizioni che consentano loro di svolgere i propri compiti. Tali compensazioni, se ricorrono determinate condizioni, possono essere compatibili con il trattato in applicazione dell’articolo 73. In primo luogo, devono essere concesse per garantire la prestazione di servizi che siano servizi di interesse generale nel senso precisato dal trattato. In secondo luogo, al fine di evitare ingiusti­ficate distorsioni della concorrenza, non possono eccedere quanto necessario per coprire i costi netti originati dall’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei ricavi generati da tali obblighi, nonché di un congruo utile.
(35)Le compensazioni corrisposte dalle autorità competenti a norma delle disposizioni del presente regolamento possono quindi essere dispensate dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
(36)Il presente regolamento sostituisce il regolamento (CEE) n. 1191/69, che è quindi opportuno abrogare. Per i servizi pubblici di trasporto di merci, un periodo transitorio di tre anni accompagnerà la progressiva riduzione delle compensazioni non autorizzate dalla Commissione a norma degli articoli 73, 86, 87 e 88 del trattato. Qualsiasi compensazione concessa in relazione alla fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri diversi da quelli disciplinati dal presente regolamento e che rischi di implicare aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato dovrebbe essere conforme alle di­sposizioni degli articoli 73, 86, 87 e 88 dello stesso, compresa ogni pertinente interpretazione della Corte di giustizia delle Comunità europee e, in particolare, la sentenza nella causa C280/00, Altmark Trans GmbH. Nell’esaminare casi del genere, la Commissione dovrebbe pertanto applicare principi simili a quelli stabiliti nel presente regolamento o, se del caso, in altre normative nel settore dei servizi d’interesse economico generale.
(37)L’ambito di applicazione del regolamento (CEE) n. 1107/70 del Consiglio, del 4 giugno 1970, relativo agli aiuti accordati nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile, è disciplinato dal presente regolamento. Detto regola­mento è considerato obsoleto e limita al tempo stesso l’applicazione dell’articolo 73 del trattato senza fornire un’adeguata base giuridica per autorizzare gli attuali programmi d’investimento, specialmente in relazione agli investimenti in infrastruttu­re di trasporto in un partenariato pubblico privato. Esso dovrebbe quindi essere abrogato, così da poter applicare l’articolo 73 del trattato in modo adeguato all’evoluzione costante del settore, ferme restando le disposizioni del presente regolamento o del regolamento (CEE) n. 1192/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie . Al fine di facilitare ulteriormente l’applicazione della pertinente normativa comunitaria, la Commissione proporrà, nel 2007, delle linee guida relative agli aiuti di Stato per gli investimenti nel trasporto ferroviario, compresi quelli nelle infrastrutture.
(38)Onde valutare l’attuazione del presente regolamento e gli sviluppi nella fornitura di trasporto pubblico di passeggeri nella Comunità, in particolare la qualità dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri e gli effetti dell’aggiudicazione diretta di con­tratti di servizio pubblico, la Commissione dovrebbe elaborare una relazione, corredandola, se del caso, di adeguate proposte di modifica del presente regolamento,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
(3)   GU C 195 del 18.8.2006, pag. 20.
(4)   GU C 192 del 16.8.2006, pag. 1.
(5)   Parere del Parlamento europeo del 14 novembre 2001 (GU C 140 E del 13.6.2002, pag. 262), posizione comune del Consiglio dell’11 dicembre 2006 (GU C 70 E del 27.3.2007, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2007. Decisione del Consiglio del 18 settembre 2007.
(6) Raccolta 2003, pag. I7747.
Articolo 1 - Finalità e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento ha lo scopo di definire con quali modalità le autorità competenti possono intervenire, nel rispetto del diritto comunitario, nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per garantire la fornitura di servizi di interesse generale che siano, tra l’altro, più numerosi, più sicuri, di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato consentirebbe di fornire.
A tal fine, il presente regolamento stabilisce le condizioni alle quali le autorità competenti, allorché impongono o stipulano obblighi di servizio pubblico, compensano gli operatori di servizio pubblico per i costi sostenuti e/o conferiscono loro diritti di esclusiva in cambio dell’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico.
2. Il presente regolamento si applica all’esercizio di servizi nazionali e internazionali di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia e altri modi di trasporto su rotaia e su strada, ad eccezione dei servizi di trasporto prestati prevalentemente in ra­gione del loro interesse storico o del loro valore turistico. Gli Stati membri possono applicare il presente regolamento anche al trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile interna e in acque marine nazionali, ferme restando le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera pre­stazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) .
3. Il presente regolamento non si applica alle concessioni di lavori pubblici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/17/CE o dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE.
Articolo 2 - Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) «trasporto pubblico di passeggeri»: i servizi di trasporto di passeggeri di interesse economico generale offerti al pubblico senza discriminazione e in maniera continuativa;
b) «autorità competente»: un’amministrazione pubblica o un gruppo di amministrazioni pubbliche di uno Stato membro, odi Stati membri, che ha il potere di intervenire nei trasporti pubblici di passeggeri in una zona geografica determinata, o qualsiasi altro organismo investito di tale potere;
c) «autorità competente a livello locale»: qualsiasi autorità competente la cui zona di competenza geografica non è estesa al territorio nazionale;
d) «operatore di servizio pubblico»: un’impresa o un gruppo di imprese di diritto pubblico o privato che fornisce servizi di tra­sporto pubblico di passeggeri o qualsiasi ente pubblico che presta servizi di trasporto pubblico di passeggeri;
e) «obbligo di servizio pubblico»: l’obbligo definito o individuato da un’autorità competente al fine di garantire la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri di interesse generale che un operatore, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non si assumerebbe o non si assumerebbe nella stessa misura o alle stesse condizioni senza compenso;
f)  «diritto di esclusiva»: il diritto in virtù del quale un operatore di servizio pubblico presta determinati servizi di trasporto pub­blico di passeggeri su una linea o rete o in una zona determinata, con esclusione di qualsiasi altro operatore di servizio pub­blico;
g) «compensazione di servizio pubblico»: qualsiasi vantaggio, in particolare di natura finanziaria, erogato direttamente o in­direttamente da un’autorità competente per mezzo di fondi pubblici durante il periodo di vigenza di un obbligo di servizio pubblico, ovvero connesso a tale periodo;
h) «aggiudicazione diretta»: l’aggiudicazione di un contratto di servizio pubblico a un determinato operatore di servizio pub­blico senza che sia previamente esperita una procedura di gara;
i) «contratto di servizio pubblico»: uno o più atti giuridicamente vincolanti che formalizzano l’accordo tra un’autorità compe­tente e un operatore di servizio pubblico mediante il quale all’operatore stesso è affidata la gestione e la fornitura dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri soggetti agli obblighi di servizio pubblico; il contratto può, altresì, secondo l’ordinamento giuridico degli Stati membri, consistere in una decisione adottata dall’autorità competente:
- che assume la forma di un atto individuale di natura legislativa o regolamentare, oppure
- che specifica le condizioni alle quali l’autorità competente fornisce essa stessa i servizi o ne affida la fornitura a un operatore interno;
j)          «operatore interno»: un soggetto giuridicamente distinto dall’autorità competente, sul quale quest’ultima o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi;
k)         «valore»: il valore di un servizio, di una linea, di un contratto di servizio pubblico o di un sistema di compensazioni per il tra­sporto pubblico di passeggeri, corrispondente alla remunerazione totale, al netto dell’IVA, percepita dall’operatore o dagli operatori di servizio pubblico, comprese le compensazioni di qualunque natura erogate dalla pubblica amministrazione e i ricavi rappresentati dalla vendita dei titoli di viaggio che non siano riversati all’autorità competente;
l)          «norma generale»: disposizione che si applica senza discriminazione a tutti i servizi di trasporto pubblico di passeggeri dello stesso tipo in una zona geografica determinata posta sotto la responsabilità di un’autorità competente;
m)       «servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri»: servizi interconnessi di trasporto entro una determinata zona geo­grafica con servizio di informazione, emissione di titoli di viaggio e orario unici.
Articolo 3 - Contratti di servizio pubblico e norme generali
1.         L’autorità competente che decide di concedere all’operatore che ha scelto un diritto di esclusiva e/o una compensazione di qualsivoglia natura a fronte dell’assolvimento di obblighi di servizio pubblico deve farlo nell’ambito di un contratto di servizio pubblico.
2.         In deroga al paragrafo 1, gli obblighi di servizio pubblico finalizzati a stabilire tariffe massime per tutti i passeggeri o per alcune categorie di passeggeri possono anch’essi essere disciplinati da norme generali. L’autorità competente compensa gli operatori di servizio pubblico, secondo i principi definiti nell’articolo 4, nell’articolo 6 e nell’allegato, per l’effetto finanziario netto, positivo o negativo, sui costi sostenuti e sui ricavi originati dall’assolvimento degli obblighi tariffari stabiliti da norme generali, secondo modalità che impediscano una compensazione eccessiva. Ciò lascia impregiudicato il diritto delle autorità competenti di integrare gli obblighi di servizio pubblico stabilendo tariffe massime nei contratti di servizio pubblico.
3.         Fatte salve le disposizioni degli articoli 73, 86, 87 e 88 del trattato, gli Stati membri possono escludere dall’ambito di appli­cazione del presente regolamento le norme generali relative alla compensazione finanziaria per gli obblighi di servizio pub­blico che fissano le tariffe massime per scolari, studenti, apprendisti e persone a mobilità ridotta. Tali norme generali sono notificate a norma dell’articolo 88 del trattato. Siffatte notifiche contengono informazioni complete sulla misura adottata e, in particolare, sui dettagli del metodo di calcolo.
Articolo 4 - Contenuto obbligatorio dei contratti di servizio pubblico e delle norme generali
1. I contratti di servizio pubblico e le norme generali:
a) definiscono con chiarezza gli obblighi di servizio pubblico che l’operatore del servizio pubblico deve assolvere e le zone geografiche interessate
b) stabiliscono in anticipo in modo obiettivo e trasparente i parametri in base ai quali deve essere calcolata l’eventuale compensazione; e la natura e la portata degli eventuali diritti di esclusiva concessi; in modo da impedire una compensazione eccessiva. Nel caso di contratti di servizio pubblico aggiudicati a norma dell’articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, tali parametri sono determinati in modo tale che la compensazione corrisposta non possa superare l’importo necessario per coprire l’effetto finanziario netto sui costi sostenuti e sui ricavi originati dall’assolvimento dell’obbligo di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi ricavi trattenuti dall’operatore del servizio pubblico, nonché di un profitto ragionevole;
c) definiscono le modalità di ripartizione dei costi connessi alla fornitura di servizi. Tali costi possono comprendere, in partico­lare, le spese per il personale, per l’energia, gli oneri per le infrastrutture, la manutenzione e la riparazione dei veicoli adibiti al trasporto pubblico, del materiale rotabile e delle installazioni necessarie per l’esercizio dei servizi di trasporto di passeggeri, i costi fissi e un rendimento adeguato del capitale.
2. I contratti di servizio pubblico e le norme generali definiscono le modalità di ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita dei titoli di viaggio che possono essere trattenuti dall’operatore del servizio pubblico, riversati all’autorità competente o ripartiti fra di loro.
3. I contratti di servizio pubblico sono conclusi per una durata determinata non superiore a dieci anni per i servizi di tra­sporto con autobus e a 15 anni per i servizi di trasporto di passeggeri per ferrovia o altri modi di trasporto su rotaia. La durata dei contratti di servizio pubblico relativi a più modi di trasporto è, al massimo, di 15 anni se i trasporti per ferrovia o altri modi di trasporto su rotaia rappresentano oltre il 50% del valore dei servizi di cui trattasi.
4. Se necessario, tenuto conto delle modalità di ammortamento dei beni, la durata del contratto di servizio pubblico può essere prorogata, al massimo, del 50% se l’operatore del servizio pubblico fornisce beni di entità significativa in rapporto all’insieme dei beni necessari per la fornitura dei servizi di trasporto di passeggeri oggetto del contratto di servizio pubblico e prevalentemente finalizzati ai servizi di trasporto di passeggeri previsti dal contratto.
Se i costi derivanti dalla particolare situazione geografica lo giustificano, la durata dei contratti di servizio pubblico di cui al paragrafo 3 nelle regioni ultraperiferiche può essere prorogata al massimo del 50%.
Se l’ammortamento del capitale in relazione all’investimento eccezionale in infrastrutture, materiale rotabile o veicoli lo giustifica e se il contratto di servizio pubblico è aggiudicato mediante una procedura di gara equa, un contratto di servizio pubblico può essere concluso per una durata superiore. Per garantire la trasparenza in questo caso, l’autorità competente trasmette alla Commissione, entro un anno dalla stipula del contratto, il contratto di servizio pubblico e gli elementi che ne giustificano la durata superiore.
5. Fatta salva la legislazione nazionale e comunitaria, compresi i contratti collettivi tra le parti sociali, le autorità competenti possono imporre all’operatore del servizio pubblico prescelto di garantire al personale precedentemente assunto per fornire i servizi i diritti di cui avrebbe beneficiato se avesse avuto luogo un trasferimento ai sensi della direttiva 2001/23/ CE. Qualora le autorità competenti impongano a un operatore di servizio pubblico di conformarsi a taluni standard sociali, i documenti di gara e i contratti di servizio pubblico individuano il personale interessato e ne precisano in modo trasparente i diritti contrattuali e le condizioni alle quali si ritiene che i dipendenti siano vincolati ai servizi.
6. Qualora le autorità competenti, in conformità del diritto nazionale, impongano a un operatore di servizio pubblico di conformarsi a taluni standard sociali, tali standard devono essere inclusi nei documenti di gara e nei contratti di servizio pubblico.
7. I documenti di gara e i contratti di servizio pubblico sono trasparenti quanto alla possibilità e all’estensione del subap­palto. In caso di subappalto, l’operatore al quale, ai sensi del presente regolamento, sono affidate la gestione e la presta­zione di un servizio pubblico di trasporto di passeggeri è tenuto a fornire direttamente una parte importante del servizio di trasporto pubblico. Un contratto di servizio pubblico comprendente allo stesso tempo progettazione, costruzione e gestione di un servizio pubblico di trasporto di passeggeri può prevedere il subappalto integrale per la gestione di tali servizi. Il contratto di servizio pubblico determina, in conformità della legislazione nazionale e comunitaria, le condizioni applicabili al subappalto.
Articolo 5 - Aggiudicazione di contratti di servizio pubblico
1. I contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE, le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo non si applicano.
2. A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Se un’autorità competente a livello locale assume tale decisione, si applicano le seguenti disposizioni:
a) al fine di determinare se l’autorità competente a livello locale esercita tale controllo, sono presi in considerazione ele­menti come il livello della sua rappresentanza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. Conformemente al diritto comunitario, la proprietà al 100% da parte dell’autorità pubblica compe­tente, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per stabilire il controllo ai sensi del presente paragrafo, a condizione che vi sia un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri;
b) il presente paragrafo si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eser­citi un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, escluse eventuali linee in uscita o altri elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale;
c) in deroga alla lettera b), un operatore interno può partecipare a una procedura di gara equa da due anni prima che termini il proprio contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta, a condizione che sia stata adottata la decisione definitiva di sottoporre a procedura di gara equa i servizi di trasporto di passeggeri coperti dal contratto dell’operatore interno e che questi non abbia concluso nessun altro contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta;
d) in mancanza di un’autorità competente a livello locale, le lettere a), b) e c) si applicano a un’autorità nazionale per una zona geografica non nazionale, a condizione che l’operatore interno non partecipi a gare pubbliche indette per la fornitu­ra di servizi di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori della zona per la quale è stato aggiudicato il contratto di servizio pubblico;
e) in caso di subappalto ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, l’operatore interno è obbligato a prestare egli stesso la maggior parte dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri in questione.
3. L’autorità competente che si rivolge a un terzo diverso da un operatore interno aggiudica i contratti di servizio pubbli­co mediante una procedura di gara, ad esclusione dei casi contemplati nei paragrafi 4, 5 e 6. La procedura di gara è equa, aperta a tutti gli operatori e rispetta i principi di trasparenza e di non discriminazione. Dopo la presentazione delle offerte e un’eventuale preselezione, il procedimento può dar luogo a negoziati, nel rispetto dei suddetti principi, allo scopo di deter­minare il modo migliore per soddisfare requisiti elementari o complessi.
4. A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1.000.000 EUR oppure che riguardano la forni­tura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300.000 chilometri l’anno.
Qualora un contratto di servizio pubblico sia aggiudicato direttamente a una piccola o media impresa che opera con non più di 23 veicoli, dette soglie possono essere aumentate o a un valore annuo medio stimato inferiore a 2.000.000 EUR oppure, qualora il contratto riguardi la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri, inferiore a 600.000 chilometri l’anno.
5. L’autorità competente può prendere provvedimenti di emergenza in caso di interruzione del servizio o di pericolo im­minente di interruzione. I provvedimenti di emergenza assumono la forma di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una proroga consensuale di un contratto di servizio pubblico oppure di un’imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici. L’operatore di servizio pubblico ha il diritto di impugnare la decisione che impone la for­nitura di determinati servizi pubblici. I contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni.
6. A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, fatta eccezione per altri modi di trasporto su rotaia quali metropoli­tana o tram. In deroga all’articolo 4, paragrafo 3, la durata di tali contratti non è superiore a dieci anni, salvo nei casi in cui si applica l’articolo 4, paragrafo 4.
7. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le decisioni adottate a norma dei paragrafi da 2 a 6 pos­sano essere verificate con efficacia e rapidità, su richiesta di qualsiasi persona che sia o fosse interessata a ottenere un con­tratto particolare e che sia stata o rischi di essere danneggiata da una presunta infrazione, motivata dal fatto che tali decisioni hanno violato il diritto comunitario o le leggi nazionali che applicano tale diritto.
Qualora gli organismi responsabili delle procedure di verifica non abbiano carattere giurisdizionale dovranno sempre motiva­re per iscritto le loro decisioni. In tal caso, occorre inoltre predisporre procedure per garantire che le misure presunte illegali adottate dall’organismo di verifica o qualsiasi presunta carenza nell’esercizio dei poteri conferitigli possano essere oggetto di un sindacato giurisdizionale o di un controllo da parte di un altro organismo, che sia una giurisdizione ai sensi dell’articolo 234 del trattato e sia indipendente tanto dall’amministrazione aggiudicatrice quanto dall’organismo di controllo.
Articolo 6 - Compensazioni di servizio pubblico
1. Tutte le compensazioni connesse a una norma generale o a un contratto di servizio pubblico sono conformi alle dispo­sizioni di cui all’articolo 4, indipendentemente dalle modalità di aggiudicazione del contratto. Tutte le compensazioni di qualsiasi natura connesse a un contratto di servizio pubblico aggiudicato direttamente a norma dell’articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 o 6, o connesse a una norma generale sono inoltre conformi alle disposizioni dell’allegato.
2. Su richiesta scritta della Commissione, gli Stati membri le trasmettono, entro tre mesi o entro un termine più lungo fis­sato nella richiesta stessa, tutte le informazioni che la Commissione reputa necessarie per stabilire se le compensazioni erogate siano compatibili con il presente regolamento.

Articolo 7 - Pubblicazione
1. Ciascuna autorità competente rende pubblica una volta all’anno una relazione esaustiva sugli obblighi di servizio pub­blico di sua competenza, sugli operatori del servizio pubblico prescelti e sulle compensazioni e i diritti di esclusiva a essi concessi a titolo di rimborso. La relazione fa distinzione fra trasporti mediante autobus e trasporti su rotaia, consente il controllo e la valutazione delle prestazioni di servizi, della qualità e del finanziamento della rete dei trasporti pubblici e, ove opportuno, informa in merito alla natura e alla portata degli eventuali diritti di esclusiva concessi.
2. Ciascuna autorità competente prende i provvedimenti necessari affinché, almeno un anno prima dell’inizio della proce­dura di gara o un anno prima dell’aggiudicazione diretta del contratto, siano pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, come minimo, le seguenti informazioni:
a) nome e indirizzo dell’autorità competente;
b) tipo di aggiudicazione previsto;
c) servizi e territori potenzialmente interessati dall’aggiudicazione.
Le autorità competenti possono decidere di non pubblicare queste informazioni qualora un contratto di servizio pubblico riguardi una fornitura annuale di meno di 50.000 chilometri di servizi di trasporto pubblico di passeggeri.
Qualora dette informazioni cambino successivamente alla loro pubblicazione, l’autorità competente pubblica di conse­guenza una rettifica al più presto. Tale rettifica non pregiudica la data di avvio dell’aggiudicazione diretta o del bando di gara.
Il presente paragrafo non si applica all’articolo 5, paragrafo 5.
3. In caso di un’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia di cui all’articolo 5, paragrafo 6, l’autorità competente rende pubbliche le seguenti informazioni entro un anno dalla concessione dell’aggiudicazione:
a) nome dell’ente aggiudicatore, suo assetto proprietario e, ove opportuno, nome della parte o delle parti che esercitano il controllo legale;
b) durata del contratto di servizio pubblico;
c) descrizione dei servizi di trasporto di passeggeri da effettuare;
d) descrizione dei parametri per la compensazione finanziaria;
e) obiettivi di qualità, come puntualità e affidabilità, e premi e penalità applicabili;
f)  condizioni relative a beni essenziali.
4. Quando è richiesto da una parte interessata l’autorità competente le trasmette la motivazione della sua decisione di aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico.
Articolo 8 - Transizione
1. I contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE, le disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo non si applicano.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia o su strada si conforma all’articolo 5 a decorrere dal 3 dicembre 2019. Durante tale periodo transitorio gli Stati membri adottano misure per confor­marsi gradualmente all’articolo 5, al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto.
Entro i sei mesi successivi alla prima metà del periodo transitorio gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sullo stato dei lavori, ponendo l’accento sull’attuazione dell’aggiudicazione graduale di contratti di servizio pubblico confor­memente all’articolo 5. Sulla scorta delle relazioni degli Stati membri, la Commissione può proporre loro misure appropriate.
3. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 2, non si tiene conto dei contratti di servizio pubblico aggiudicati conformemente al diritto comunitario e nazionale:
a) prima del 26 luglio 2000, in base a un’equa procedura di gara;
b) prima del 26 luglio 2000, in base a una procedura diversa da un’equa procedura di gara;
c) a decorrere dal 26 luglio 2000 e anteriormente al 3 dicembre 2009, in base a un’equa procedura di gara;
d) a decorrere dal 26 luglio 2000 e anteriormente al 3 dicembre 2009 in base a una procedura diversa da un’equa procedura di gara.
I contratti di cui alla lettera a) possono restare in vigore fino alla loro scadenza. I contratti di cui alle lettere b) e c) possono restare in vigore fino alla loro scadenza, ma per non più di 30 anni. I contratti di cui alla lettera d) possono restare in vigore fino alla loro scadenza, purché abbiano durata limitata comparabile a quelle di cui all’articolo 4.
I contratti di servizio pubblico possono restare in vigore fino alla loro scadenza qualora la loro risoluzione comporti indebite conseguenze giuridiche o economiche e a condizione che la Commissione abbia dato il suo assenso.
4. Fatto salvo il paragrafo 3, nella seconda metà del periodo transitorio di cui al paragrafo 2 le autorità competenti hanno fa­coltà di escludere dalla partecipazione all’aggiudicazione dei contratti mediante gara pubblica gli operatori di servizio pubblico che non possono fornire la prova che il valore dei servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto di esclusiva conferiti a norma del presente regolamento rappresenta almeno la metà del valore di tutti i servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto di esclusiva. Tale esclusione non si applica agli operatori di servizio pubblico che gestiscono i servizi oggetto della gara. Nell’applicare tale criterio non si tiene conto dei contratti di servizio pubblico aggiudicati con provvedimento di emergenza di cui all’articolo 5, paragrafo 5.
Nell’avvalersi della facoltà di cui al primo comma, le autorità competenti evitano ogni discriminazione, escludono tutti i po­tenziali operatori di servizio pubblico che soddisfano tale criterio e informano i potenziali operatori della propria decisione all’inizio del procedimento di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico.
Le autorità competenti interessate informano la Commissione della loro intenzione di applicare il presente paragrafo come minimo due mesi prima della pubblicazione del bando di gara.
Articolo 9 - Compatibilità con il trattato
1. Le compensazioni di servizio pubblico per l’esercizio di servizi di trasporto pubblico di passeggeri o per rispettare gli obbli­ghi tariffari stabiliti da norme generali, erogate a norma del presente regolamento, sono compatibili con il mercato comune. Tali compensazioni sono dispensate dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
2. Fatti salvi gli articoli 73, 86, 87 e 88 del trattato, gli Stati membri possono continuare a concedere aiuti al settore dei tra­sporti a norma dell’articolo 73 del trattato che soddisfano l’esigenza di coordinamento dei trasporti o costituiscono un rim­borso per le servitù di determinati obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico, diversi da quelli contemplati dal presente regolamento, in particolare:
a) fino all’entrata in vigore di norme comuni sulla ripartizione dei costi di infrastruttura, laddove l’aiuto è concesso a imprese che debbono sostenere la spesa relativa all’infrastruttura da esse utilizzata mentre altre imprese non sono soggette a un si­mile onere. Nel determinare l’importo dell’aiuto così concesso si tiene conto dei costi di infrastruttura che i modi di trasporto in concorrenza non debbono sostenere;
b) laddove lo scopo dell’aiuto è di promuovere la ricerca o lo sviluppo di sistemi e tecnologie di trasporto che sono più eco­nomici per la Comunità in generale.
Un siffatto aiuto si limita alla fase di ricerca e sviluppo e non contempla lo sfruttamento commerciale di detti sistemi e tec­nologie di trasporto.
Articolo 10 - Abrogazione
1. Il regolamento (CEE) n. 1191/69 è abrogato. Le sue disposizioni restano tuttavia applicabili ai servizi di trasporto di merci per un periodo di tre anni dopo l’entrata in vigore del presente regolamento.
2. Il regolamento (CEE) n. 1107/70 è abrogato.
Articolo 11 - Relazioni
Al termine del periodo transitorio di cui all’articolo 8, paragrafo 2, la Commissione presenta una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sull’evoluzione della fornitura di trasporto pubblico di passeggeri nella Comunità, in cui valuta in particolare l’evoluzione qualitativa dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri e gli effetti delle aggiudicazioni dirette, cor­redata, se del caso, di opportune proposte di modifica del presente regolamento.
Articolo 12 - Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il 3 dicembre 2009.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 23 ottobre 2007.
ALLEGATO
Norme applicabili alla compensazione nei casi previsti nell’articolo 6, paragrafo 1
1. Le compensazioni connesse a contratti di servizio pubblico aggiudicati direttamente a norma dell’articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 o 6, o le compensazioni connesse a una norma generale sono calcolate secondo le regole di cui al presente allegato.
2. La compensazione non può eccedere l’importo corrispondente all’effetto finanziario netto equivalente alla somma delle incidenze, positive o negative, dell’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico sulle spese e sulle entrate dell’operatore di servizio pubblico. Tali incidenze sono calcolate mettendo a confronto la situazione in cui l’obbligo del servizio pubblico è as­solto con la situazione che sarebbe esistita qualora l’obbligo non fosse stato assolto. Per calcolare l’effetto finanziario netto, l’autorità competente segue il seguente schema:
costi sostenuti in relazione a un obbligo di servizio pubblico o a un insieme di obblighi di servizio pubblico imposti dall’autorità o dalle autorità competenti e contenuti in un contratto di servizio pubblico e/o in una norma generale, meno gli eventuali effetti finanziari positivi generati all’interno della rete gestita in base all’obbligo o agli obblighi di servizio pubblico in questione, meno i ricavi delle tariffe o qualsiasi altro ricavo generato nell’assolvimento dell’obbligo o degli obblighi di servizio pubblico in questione, più un ragionevole utile, uguale all’effetto finanziario netto.
3. L’assolvimento dell’obbligo di servizio pubblico può avere un impatto sulle eventuali attività di trasporto di un operatore che esulino dall’obbligo o dagli obblighi di servizio pubblico in questione. Per evitare compensazioni eccessive o assenza di compensazione, nel calcolo dell’effetto finanziario netto devono pertanto essere presi in considerazione gli effetti finanziari quantificabili sulle reti dell’operatore in questione.
4. Il calcolo delle spese e delle entrate deve essere effettuato in conformità dei principi contabili e fiscali in vigore.
5. Allo scopo di aumentare la trasparenza e di evitare le sovvenzioni incrociate, quando un operatore di servizio pubblico pre­sta sia servizi compensati soggetti a obblighi di servizio di trasporto pubblico sia altre attività, la contabilità dei suddetti servizi pubblici deve essere tenuta separata nell’osservanza almeno delle seguenti condizioni:
- i conti operativi corrispondenti a ciascuna di tali attività economiche devono essere separati e la quota dei ricavi e dei costi fissi deve essere imputata secondo le vigenti norme contabili e fiscali,
- tutti i costi variabili, un contributo adeguato per i costi fissi e un utile ragionevole connessi a eventuali altre attività esercitate dall’operatore di servizio pubblico non possono in nessun caso essere a carico del servizio pubblico in questione,
- i costi originati dalla prestazione del servizio pubblico devono essere bilanciati dai ricavi di esercizio e dal versamento di somme da parte delle pubbliche autorità, senza possibilità di trasferimento di ricavi a un altro settore di attività dell’operatore di servizio pubblico.
6. Si deve intendere per «ragionevole utile» un tasso di remunerazione del capitale abituale per il settore, in un determinato Stato membro, che tiene conto dell’esistenza o della mancanza di rischio assunto dall’operatore di servizio pubblico a seguito dell’intervento dell’autorità pubblica.
7. Il metodo di compensazione deve promuovere il mantenimento o lo sviluppo:
- di una gestione efficace da parte dell’operatore di servizio pubblico, che possa essere oggetto di valutazione obiettiva, e
- della fornitura di servizi di trasporto di passeggeri di livello sufficientemente elevato.

 

Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 1° luglio 2009, n. 150.

Art. 4-bis Disposizioni in materia di trasporto pubblico
1. Alfine di promuovere l’efficienza e la concorrenza nei singoli settori del trasporto pubblico, le autorità competenti, qualora si avvalgano delle previsioni di cui all’ articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, devono aggiudicare tramite contestuale procedura ad evidenza pubblica almeno il 10 per cento dei servizi oggetto dell’affidamento a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il controllo analogo. Alle società che, ai sensi delle previsioni di cui all’ articolo 5, paragrafi 2, 4 e 5, e all’ articolo 8, paragrafo 2, del medesimo regolamento (CE) n. 1370/2007, risultano aggiudicatarie di contratti di servizio al di fuori di procedure ad evidenza pubblica è fatto divieto di par­tecipare a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico locale organizzate in ambiti territoriali diversi da quelli in cui esse operano.

 

Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 dicembre 1997, n. 287.
Art. 18. Organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale.
1. L’esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, è regolato, a norma dell’articolo 19, mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni. L’esercizio deve ri­spondere a princìpi di economicità ed efficienza, da conseguirsi anche attraverso l’integrazione modale dei servizi pubblici di trasporto. I servizi in economia sono disciplinati con regolamento dei competenti enti locali. Al fine di garantire l’efficace pianificazione del servizio, degli investimenti e del personale, i contratti di servizio relativi all’esercizio dei servizi di trasporto pubblico ferroviario comunque affidati hanno durata minima non inferiore a sei anni rinnovabili di altri sei, nei limiti degli stan­ziamenti di bilancio allo scopo finalizzati.
1-bis. I servizi di trasporto pubblico ferroviario, qualora debbano essere svolti anche sulla rete infrastrutturale nazionale, sono affidati dalle regioni ai soggetti in possesso del titolo autorizzatorio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera r), del decreto legi­slativo 8 luglio 2003, n. 188, ovvero della apposita licenza valida in ambito nazionale rilasciata con le procedure previste dal medesimo decreto legislativo n. 188 del 2003.
2. Allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale, per l’affidamento dei servizi le regioni e gli enti locali si attengono ai princìpi dell’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, garantendo in particolare:
a) il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all’articolo 19 e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all’autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dal presente decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all’estero, gesti­scono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimo­niali. Tale esclusione non si applica alle imprese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto servizi già forniti dalle stesse. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni econo­miche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite. Il bando di gara deve garantire che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenzia­le per l’effettuazione del servizio non costituisca, in alcun modo, elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti. Il bando di gara deve altresì assicurare che i beni di cui al periodo precedente siano, indipendentemente da chi ne abbia, a qualunque titolo, la disponibilità, messi a disposizione del gestore risultato aggiudicatario a seguito di procedura ad evidenza pubblica ;
b) [l’esclusione, in caso di gestione diretta o di affidamento diretto dei servizi da parte degli enti locali a propri consorzi o aziende speciali, dell’ampliamento dei bacini di servizio rispetto a quelli già gestiti nelle predette forme] ;
c) [la previsione, nel caso di cui alla lettera b), dell’obbligo di affidamento da parte degli enti locali tramite procedure concorsuali di quote di servizio o di servizi speciali, previa revisione dei contratti di servizio in essere];
d) l’esclusione, in caso di mancato rinnovo del contratto alla scadenza o di decadenza dal contratto medesimo, di indennizzo al gestore che cessa dal servizio;
e) l’indicazione delle modalità di trasferimento, in caso di cessazione dell’esercizio, dal precedente gestore all’impresa su­bentrante dei beni essenziali per l’effettuazione del servizio e del personale dipendente con riferimento a quanto disposto all’articolo 26 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 ;
f)  l’applicazione della disposizione dell’articolo 1, comma 5, del regolamento 1893/91/CEE alle società di gestione dei servizi di trasporto pubblico locale che, oltre a questi ultimi servizi, svolgono anche altre attività;
g) la determinazione delle tariffe del servizio in analogia, ove possibile, a quanto previsto dall’articolo 2 della legge 14 novem­bre 1995, n. 481;
g-bis) relativamente ai servizi di trasporto pubblico ferroviario, la definizione di meccanismi certi e trasparenti di aggiorna­mento annuale delle tariffe in coerenza con l’incremento dei costi dei servizi, che tenga conto del necessario miglioramento dell’efficienza nella prestazione dei servizi, del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, di cui all’articolo 19, comma 5, del tasso di inflazione programmato, nonché del recupero di produttività e della qualità del servizio reso.
3. Le regioni e gli enti locali, nelle rispettive competenze, incentivano il riassetto organizzativo e attuano, entro e non oltre il 31 dicembre 2000, la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, anche con le procedure di cui all’articolo 17, commi 51 e seguenti, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in società di capitali, ovvero in cooperative a responsabilità limitata, anche tra i dipendenti, o l’eventuale frazionamento societario derivante da esigenze funzionali o di gestione. Di tali società, l’ente titolare del servizio può restare socio unico per un periodo non superiore a due anni. Ove la trasformazione di cui al presente comma non avvenga entro il termine indicato, provvede il sindaco o il presidente della provincia nei successivi tre mesi. In caso di ulteriore inerzia, la regione procede all’affidamento immediato del relativo servizio mediante le procedure concorsuali di cui al comma 2, lettera a).
3-bis. Le regioni prevedono un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2007, nel corso del quale vi è la facoltà di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari ed alle società derivanti dalle trasformazioni di cui al comma 3, ma con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali, previa revisione dei contratti di servizio in essere se necessaria; le regioni procedono altresì all’affidamento della gestione dei relativi servizi alle società costituite allo scopo dalle ex gestioni governative, fermo restando quanto previsto dalle norme in materia di programmazione e di contratti di servizio di cui al capo II. Trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati tra­mite le procedure concorsuali di cui al comma 2, lettera a).
3-ter. Ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, le regioni possono disporre una eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di due anni, in favore di soggetti che, entro il termine del periodo tran­sitorio di cui al comma 3-bis, soddisfino una delle seguenti condizioni:
a) per le aziende partecipate da regioni o enti locali, sia avvenuta la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate da regioni o da enti locali;
b) si sia dato luogo ad un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di tra­sporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero alla costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all’interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che tale nuovo soggetto unita­rio risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.
3-quater. Durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati. A tali soggetti gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell’articolo 19 in modo da assicurare l’equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del 26 giugno 1969 del Consiglio, e suc­cessive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all’articolo 17. Nei medesimi periodi, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:
a) al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell’informazione resa all’utenza e dell’accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;
b) al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;
c) alla razionalizzazione dell’offerta dei servizi di trasporto, attraverso integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies (43).
3-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza re­gionale. Nello stesso periodo di cui ai citati commi, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.
3-sexies. I soggetti titolari dell’affidamento dei servizi ai sensi dell’articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi
3-septies. Le società che fruiscono della ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ter per tutta la durata della proroga stes­sa non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l’affidamento di servizi.

 

L. 23-7-2009 n. 99 
Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese,
nonché in materia di energia.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 2009, n. 176, S.O.
Art. 61 Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale
1. Alfine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’ articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all’ articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all’estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l’esclusione di cui all’ articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422.

 

Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 ottobre 2012, n. 245, S.O.
Art. 34 Misure urgenti per le attività produttive, le infrastrutture e i trasporti locali, la valorizzazione dei beni culturali ed i comuni
20.  Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.
21.  Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013.
22.  Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2020.
Art. 34-octies Riordino dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale
1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, nel rispetto dei princìpi di concorrenza, di economicità e di efficienza.
2. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi ferroviari di interesse regionale e locale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, effettuati in maniera stabile e continuativa tramite modalità automobilistica. Esclusivamente per i servizi automobilistici integrativi e sostitutivi di cui al comma 3 sono fatte salve le disposizioni del regio decreto-legge 21 dicembre 1931, n. 1575, convertito dalla legge 24 marzo 1932, n. 386, nonché le normative regionali in materia.
3. Le disposizioni contenute nel presente articolo non si applicano ai seguenti servizi automobilistici:
a) «servizi sostitutivi» dei servizi ferroviari, intendendosi per tali esclusivamente i servizi a carattere temporaneo resi necessari dalla provvisoria interruzione della rete ferroviaria o dalla provvisoria sospensione del servizio ferroviario per interventi di manutenzione straordinaria, guasti e altre cause di forza maggiore;
b) «servizi integrativi» dei servizi ferroviari, intendendosi per tali esclusivamente i servizi a carattere temporaneo resi necessari da un provvisorio e non programmabile picco della domanda di trasporto e svolti in orari ed itinerari identici al servizio ferroviario da essi integrato.
4. Ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano, entro il termine del 30 giugno 2013, lo svolgimento dei servizi automobilistici di cui al comma 1 in bacini territoriali ottimali tali da massimizzarne l’efficienza e l’integrazione con i servizi minimi di trasporto pubblico regionale e locale già individuati da ciascuna regione in attuazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. La dimensione dei bacini territoriali ottimali deve essere non inferiore a quella del territorio provinciale e non superiore a quella del territorio regionale. Decorso inutilmente il termine indicato, il Consiglio dei Ministri, a tutela dell’unità giuridica ed economica, esercita i poteri sostitutivi di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
5. A far data dal 31 dicembre 2013 l’affidamento della gestione dei servizi automobilistici di cui al comma 1, così come organizzati ai sensi del comma 4, avviene in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati esclusivamente mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dei princìpi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei princìpi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità. Decorso inutilmente il termine anzidetto, il Consiglio dei Ministri, a tutela dell’unità giuridica ed economica, esercita i poteri sostitutivi di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
6. Al fine di promuovere l’assetto concorrenziale e l’efficienza dei servizi, il bando di gara o la lettera di invito relativi alle procedure di cui al comma 5:
a) assicura che i corrispettivi posti a base d’asta siano quantificati secondo il criterio dei costi standard dei servizi automobilistici di tipologia analoga, determinato da ciascuna regione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422;
b) prevede che la valutazione delle offerte sia effettuata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;
c) assicura che i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e quantità dei servizi resi e sui progetti di integrazione con la rete dei servizi minimi esistenti prevalgano sui criteri riferiti al prezzo unitario dei servizi;
d) indica i criteri per il passaggio dei dipendenti ai nuovi aggiudicatari del servizio, prevedendo, tra gli elementi di valutazione dell’offerta, l’adozione di strumenti di tutela dei livelli occupazionali e dei livelli salariali medi annui relativi alla precedente gestione.
7. Al fine di promuovere e sostenere lo sviluppo del trasporto pubblico regionale e locale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano destinano le economie di gara eventualmente ottenute al trasporto pubblico regionale e locale automobilistico, privilegiando:
a) gli investimenti nell’acquisto di autobus appartenenti alla classe III o alla classe B, così come definite dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 23 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2004;
b) l’incremento quantitativo dei servizi minimi automobilistici a domanda elevata;
c) l’adeguamento inflativo contrattualmente previsto dei corrispettivi di esercizio;
d) il cofinanziamento regionale ai rinnovi del contratto collettivo nazionale relativo al settore del trasporto pubblico regionale e locale.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con ricorsi delle Regioni Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e della Regione autonoma della Sardegna, notificati il 12 ottobre, il 14-16, il 14-18 ed il 15 novembre 2011, depositati il 21 ottobre, il 18, il 22, il 23 ed il 24 novembre 2011, rispettivamente iscritti ai nn. 124, 134, 138, 144, 147 e 160 del registro ricorsi 2011.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna, Renato Marini per la Regione Lazio, Ugo Mattei e Alberto Lucarelli per la Regione Puglia, Stefano Grassi per la Regione Marche e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso (reg. ric. n. 124 del 2011), notificato il 12 ottobre 2011 e depositato il successivo 21 ottobre, la Regione Puglia ha impugnato, fra l’altro, l’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nella parte in cui la predetta norma, intitolata «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», detta la nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, per violazione degli articoli 117, primo e quarto comma, 118, nonché degli articoli 5, 75, 77 e 114 della Costituzione.
1.1.— In particolare, la ricorrente sostiene che il citato art. 4, limitando le ipotesi di affidamento in house dei servizi pubblici locali senza gara al di sotto di 900.000 euro alle società a capitale interamente pubblico, ed in generale comprimendo in capo agli enti territoriali e locali il potere di qualificare la natura dei predetti servizi e di scegliere i relativi modelli di gestione, al di là di ogni obiettivo di tutela degli aspetti concorrenziali inerenti alla gara, contrasterebbe con i principi di autodeterminazione degli enti locali (artt. 5, 114, 117 e 118 Cost.). La norma impugnata contrasterebbe poi anche con l’articolo 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), espressione del principio di neutralità rispetto agli assetti proprietari delle imprese e alle relative forme giuridiche, e con il principio della cosiddetta preemption, in virtù del quale l’esistenza di una regolamentazione europea precluderebbe l’adozione di discipline divergenti, ponendo peraltro nel nulla intere disposizioni dei Trattati (gli artt. 14 e 106, comma 2, TFUE, ma anche l’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).
Il predetto art. 4, inoltre, reintrodurrebbe la disciplina contenuta nell’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, che era stato abrogato dal referendum del 12-13 giugno 2011, riproducendone i medesimi principi ispiratori e le medesime modalità di applicazione, in violazione della volontà popolare espressa ex art 75 Cost., e ricorrendo ad un’interpretazione “estrema” delle regole della concorrenza e del mercato, lesiva delle competenze regionali in tema di servizi pubblici locali e di organizzazione degli enti locali.
La Regione Puglia evoca, infine, la violazione dell’art. 77 Cost., considerato che, essendo direttamente applicabili nel nostro ordinamento le norme dell’Unione europea a seguito dell’abrogazione dell’art. 23-bis, non sussisterebbero, nella specie, le prescritte ragioni di «straordinaria necessità ed urgenza» per l’adeguamento della legislazione alla normativa sovranazionale, ben potendosi effettuare un simile intervento in coerenza con gli assetti decentrati introdotti dalla Costituzione e con il pieno rispetto della volontà del suo popolo, espressa attraverso il referendum.
2.— Anche la Regione Lazio, con ricorso (reg. ric. n. 134 del 2011) spedito per la notifica il 14 novembre 2011 e depositato il successivo 18 novembre, ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’intero art. 4 del citato d.l. n. 138 del 2011 innanzitutto, per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost. in quanto la norma impugnata, rimettendo all’ente locale la possibilità di sottrarre i servizi pubblici locali alla liberalizzazione, dopo aver verificato l’esistenza di benefici per la comunità derivanti dal mantenere il regime di esclusiva dei servizi stessi, senza alcun fine di tutela della concorrenza, conseguirebbe l’effetto illegittimo di “espropriare” l’ente regionale della regolazione della materia dei servizi pubblici su cui ha una competenza legislativa residuale.
L’impugnata disciplina sarebbe, inoltre, costituzionalmente illegittima proprio in quanto riproduttiva di quella oggetto dell’abrogazione referendaria. Infatti, pur ritenendo che lo Stato goda, attraverso la tutela della concorrenza, di una competenza trasversale ed abbia la capacità di incidere sulle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali, a seguito dell’abrogazione referendaria di analoga disciplina legislativa statale, un simile intervento del legislatore statale «dovrebbe essere in concreto ritenuto radicalmente escluso», in conseguenza dell’effetto vincolante che su di esso deriva dalla suddetta abrogazione, incidendo in modo illegittimo, attraverso la concorrenza, su una materia di legislazione esclusiva della Regione.
3.— Con ricorso spedito per la notifica il 14 novembre 2011, depositato il successivo 22 novembre, (reg. ric. n. 138 del 2011), la Regione Marche ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 4, commi 1, 8, 9 10, 11, 12, 13, 18 e 21, del medesimo d.l. n. 138 del 2011, in riferimento agli artt. 75 e 117, quarto comma, Cost.
In particolare, essa ha impugnato, in primo luogo, i commi 1, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 dell’art. 4, sia in relazione all’art. 75 che all’art. 117, quarto comma, Cost. in quanto, riproducendo pressoché integralmente l’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, eluderebbero l’esito conseguito dal referendum popolare del giugno 2011 sul medesimo art. 23-bis, determinando una lesione indiretta delle proprie attribuzioni costituzionali ed in specie della propria potestà legislativa in materia di servizi pubblici locali. Dette disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime, in quanto affidando, al comma 1, direttamente agli enti locali il compito di decidere circa il regime giuridico dei servizi pubblici locali, sottrarrebbero alla Regione la scelta in questione, in violazione della competenza legislativa residuale in materia di servizi pubblici locali.
La Regione Marche ha, inoltre, impugnato: il comma 18 del medesimo art. 4, nella parte in cui prevede che, in caso di affidamento in house, la verifica del rispetto del contratto di servizio avvenga secondo modalità definite dallo statuto dell’ente locale, in quanto, in tal modo, sottrarrebbe la disciplina di tale aspetto alla competenza legislativa regionale residuale in materia di servizi pubblici locali; il comma 21, in quanto, nella parte in cui dispone che «non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all’art. 77 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società», invaderebbe la competenza legislativa regionale residuale in materia di ordinamento degli enti locali.
4.— La Regione Emilia Romagna e la Regione Umbria, con ricorsi, notificati il 15 novembre 2011, depositati il successivo 23 novembre (rispettivamente, reg. ric. n. 144 e n. 147 del 2011), hanno promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, dei commi 8, 12, 13, 14, 32 e 33, del citato art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, in riferimento agli artt. 75 e 117, quarto comma, Cost.
Esse impugnano, in primo luogo, i commi 8, 12, 13, 32 e 33, nella parte in cui, ripristinando norme già contenute nell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, abrogato mediante referendum, e nel relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), rispettivamente: a) escludono l’affidamento diretto in house dalle forme ordinarie di conferimento della gestione dei servizi pubblici, ove il valore economico del servizio sia superiore alla somma complessiva di 900 mila euro annui (commi 8 e 13); b) prevedono l’affidamento del servizio a società a partecipazione mista pubblica, a condizione che essa sia costituita con procedura avente ad oggetto, allo stesso tempo, la selezione del socio privato, cui devono essere attribuiti specifici compiti operativi e una partecipazione non inferiore al 40 %, e l’affidamento del servizio, con conseguente esclusione di altre fattispecie di partenariato pubblico-privato presenti a livello comunitario (comma 12); c) disciplinano il regime transitorio degli affidamenti, riproponendo in termini analoghi limitazioni e scadenze al regime degli affidamenti in atto già fissate dall’abrogato art. 23-bis e volte a penalizzare le forme di autoproduzione dei servizi (comma 32); d) infine, confermano il divieto, per le società titolari di affidamenti diretti, di acquisire servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, nonché di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite società ad esse riferite, né partecipando a gare (comma 33).
Così disponendo, i richiamati commi violerebbero gli artt. 75 e 117, quarto comma, Cost. in quanto, rendendo estremamente limitate le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house di quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica ed indicando come alternative ed equivalenti le sole modalità di esternalizzazione, determinerebbero una limitazione della capacità di scelta degli enti territoriali, suscettibile di incidere sull’autonomia loro riconosciuta in materia, arbitraria perché realizzata senza alcuna concertazione con i predetti, ed ancora maggiore di quella delineata dall’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 che il referendum ha eliminato “in toto”, in violazione quindi anche del divieto di riproposizione della disciplina formale e sostanziale oggetto di abrogazione referendaria, di cui all’art. 75 Cost.
Una censura particolare è, poi, proposta nei confronti del comma 14 del predetto art. 4, nella parte in cui prevede l’assoggettamento delle società in house al patto di stabilità interno «secondo le modalità definite, con il concerto del Ministro per le riforme per il federalismo, in sede di attuazione dell’art. 18, comma 2-bis, del d.l. n. 112 del 2008». Tale norma sarebbe costituzionalmente illegittima per le stesse ragioni per le quali questa Corte, con la sentenza n. 325 del 2010, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il riferimento al patto di stabilità previsto dal comma 10, lettera a) dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, sul presupposto che «l’ambito di applicazione del patto di stabilità interno attiene alla materia del coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 284 e n. 237 del 2009; n. 267 del 2006), di competenza legislativa concorrente, e non a materie di competenza legislativa esclusiva statale, per le quali soltanto l’art. 117, sesto comma, Cost. attribuisce allo Stato la potestà regolamentare».
5.— Con ricorso, notificato il 15 novembre 2011, depositato il successivo 24 novembre (reg. ric. n. 160 del 2011), anche la Regione autonoma della Sardegna ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, per violazione degli artt. 3, (specialmente comma 1, lettere a, b e g) e 4 (specialmente comma 1, lettere f e g) della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
La norma impugnata violerebbe gli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, in quanto, attribuendo direttamente agli enti locali la competenza a determinare le modalità di erogazione dei servizi pubblici (in specie al comma 1), lederebbe le competenze primarie della Regione Sardegna nelle materie «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», «ordinamento degli enti locali», «trasporti su linee automobilistiche e tranviarie», nonché la competenza concorrente nelle materie «assunzione di pubblici servizi» e «linee marittime ed aeree di cabotaggio fra i porti e gli scali della Regione», dettando norme in materie connesse, ma distinte da quella della tutela della concorrenza, quali lo svolgimento del servizio pubblico, il rispetto del patto di stabilità da parte delle aziende appaltanti, l’assunzione del personale e l’acquisizione di beni e servizi da parte delle imprese aggiudicatarie del servizio, l’organizzazione del controllo da parte dell’ente appaltante sul servizio pubblico erogato.
6.— In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati infondati.
In particolare, il resistente osserva che le argomentazioni relative alla dedotta violazione del riparto costituzionale di competenze coincidono sostanzialmente con quelle già proposte nei ricorsi relativi all’art. 23-bis, del d.l. n. 112 del 2008 e ritenute prive di fondamento dalla sentenza n. 325 del 2010.
Neppure avrebbe maggior fondamento la censura proposta in riferimento all’art. 75 Cost. poiché, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, la giurisprudenza costituzionale, pur avendo rilevato in alcune decisioni la non riproponibilità della medesima disciplina abrogata, non avrebbe mai avuto occasione di specificare la portata di tale preclusione.
Inoltre, non corrisponderebbe al vero che la nuova disciplina condividerebbe la ratio dell’abrogato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008: infatti, mentre quest’ultima disposizione mirava alla realizzazione di una sistema di concorrenza per il mercato, il nuovo articolo 4 del d.l. n. 138 del 2011 sarebbe diretto alla realizzazione di un sistema di concorrenza nel mercato. Infine, sarebbero numerosi gli elementi di diversità fra le discipline in gioco, fra cui, di particolare significato, l’esclusione del settore idrico e l’innalzamento a 900.000 euro della soglia al di sotto della quale l’affidamento in house è rimesso alla scelta discrezionale dell’ente.
In generale, il resistente osserva che la normativa in esame, a fronte della necessità, condivisa a livello comunitario, di garantire uno sviluppo economico maggiore mediante la promozione della concorrenza e la liberalizzazione delle attività e dei servizi aventi rilevanza economica, ha dovuto rimediare al vuoto normativo venutosi a creare con il referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011 (art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008), avendo comunque cura di tutelare settori particolarmente sensibili nel rispetto della volontà popolare.
7.— All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.— Con sei distinti ricorsi, le Regioni Puglia (reg. ric. n. 124 del 2011), Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011), Marche (reg. ric. n. 138 del 2011), Emilia Romagna (reg. ric. n. 144 del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011) e la Regione autonoma della Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011) hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di svariate disposizioni del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ed in particolare dell’articolo 4.
Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel suddetto decreto-legge n. 138 del 2011, sono qui esaminate le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’articolo 4 del predetto decreto, in riferimento agli articoli 5, 75, 77, 114, 117 e 118 della Costituzione, nonché in relazione agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
I ricorsi censurano, con argomentazioni in buona parte coincidenti, la stessa norma. I relativi giudizi, dunque, devono essere riuniti per essere definiti con unica sentenza.
2.— In linea preliminare, occorre prendere atto che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, l’impugnato art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 ha subìto numerose modifiche, in particolare per effetto dell’art. 9, comma 2, lettera n), della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012) e dell’art. 25 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché dell’art. 53, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese).
Tali modifiche sopravvenute, che limitano ulteriormente le ipotesi di affidamento diretto dei servizi pubblici locali (come risulta, in specie, dall’introduzione della previsione della possibilità di affidamenti diretti solo per i servizi di valore inferiore a 200.000 euro: comma 13; previo parere obbligatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che può pronunciarsi «in merito all’esistenza di ragioni idonee e sufficienti all’attribuzione di diritti di esclusiva»: comma 3; con espressa previsione della prevalenza della normativa in questione sulle normative di settore: comma 34; con la previsione dell’esercizio del potere sostitutivo del Governo nel caso di inottemperanza a quanto previsto dalla normativa in questione: comma 32-bis) confermano il contenuto prescrittivo delle disposizioni oggetto delle censure, sollevate con i ricorsi indicati in epigrafe, comprimendo, anzi, ancor di più, le sfere di competenza regionale. Pertanto, le predette questioni – in forza del principio di effettività della tutela costituzionale – devono essere estese alla nuova formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 (sentenza n. 142 del 2012).
3.— Le Regioni hanno impugnato il citato art. 4 nella parte in cui tale disposizione, rubricata come «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», detta la nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in luogo dell’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), abrogato a seguito del referendum del 12 e 13 giugno 2011. Le Regioni Puglia, Lazio e Sardegna hanno censurato l’intero art. 4, mentre le altre Regioni (Marche, Umbria ed Emilia Romagna) hanno censurato taluni commi del medesimo articolo.
In particolare, secondo la Regione Puglia, il citato art. 4 violerebbe, innanzitutto, l’art. 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con gli artt. 14 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e con l’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dai quali si desumerebbe il riconoscimento di un principio di pluralismo di fonti, nonché con il principio comunitario di neutralità rispetto agli assetti proprietari delle imprese e alle relative forme giuridiche ex art. 345 del TFUE e con il principio di preemption in base al quale la regolamentazione dell’Unione europea avrebbe l’effetto di precludere a livello nazionale l’adozione di discipline divergenti.
Da tutte le Regioni, ad eccezione della Regione autonoma della Sardegna, viene dedotta la violazione dell’art. 75 Cost., in quanto la norma impugnata (ed in particolare i commi 1, 8, 9 10, 11, 12 e 13 secondo la Regione Marche ed anche i commi 32 e 33 secondo le Regioni Emilia Romagna ed Umbria) avrebbe riprodotto la norma oggetto dell’abrogazione referendaria (art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008) e parti significative delle norme di attuazione della medesima, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), recando una disciplina che rende ancor più limitate le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house di quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, in violazione del divieto di riproposizione della disciplina formale e sostanziale oggetto di abrogazione referendaria, di cui all’art. 75 Cost., e con conseguente lesione indiretta delle proprie competenze costituzionali in materia di servizi pubblici locali.
La Regione Puglia ha censurato, inoltre, la predetta norma anche sotto il profilo della violazione dell’art. 77 Cost., in quanto, a seguito dell’abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 sarebbe comunque applicabile direttamente nel nostro ordinamento la normativa comunitaria conferente e non sussisterebbero le ragioni di «straordinaria necessità ed urgenza» per provvedere con decreto-legge, ben potendosi effettuare un simile intervento in coerenza con gli assetti decentrati introdotti dalla Costituzione e con il pieno rispetto della volontà del suo popolo, espressa attraverso il referendum.
Tutte le Regioni, poi, hanno impugnato la norma per il mancato rispetto del riparto di competenze tra Stato e Regioni quanto all’affidamento e alla disciplina dei servizi pubblici locali. La norma denunciata – ed in particolare i commi 1, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 – nella parte in cui attribuisce direttamente agli enti locali la competenza a decidere circa le modalità di erogazione dei servizi pubblici (in specie al comma 1) e delimita la stessa decisione degli enti locali, stabilendo vincoli stringenti alla possibilità degli affidamenti diretti, determinerebbe una lesione della competenza regionale residuale in materia di servizi pubblici locali, eccedendo dall’ambito della competenza statale in materia di tutela della concorrenza, che comprende il solo profilo dell’affidamento del servizio pubblico locale, e dettando altresì norme in materie connesse, ma distinte, in violazione degli artt. 5, 114, 117 e 118 della Costituzione, nonché degli artt. 3 e 4 dello statuto speciale per la Sardegna.
La Regione Marche ha, altresì, impugnato: il comma 18 del medesimo art. 4, in quanto, prevedendo che, in caso di affidamento in house, la verifica del rispetto del contratto di servizio avvenga secondo modalità definite dallo statuto dell’ente locale, violerebbe la potestà legislativa regionale residuale in materia di servizi pubblici locali; il comma 21, nella parte in cui, limitando i requisiti per la nomina degli amministratori di società partecipate da enti locali, invaderebbe la competenza regionale residuale in materia di ordinamento degli enti locali.
Un’ulteriore censura è, poi, proposta, dalle Regioni Umbria ed Emilia Romagna, nei confronti del comma 14 del predetto art. 4, nella parte in cui prevede l’assoggettamento delle società in house al patto di stabilità interno, per le stesse ragioni per le quali questa Corte, con la sentenza n. 325 del 2010, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il riferimento al patto di stabilità previsto dal comma 10, lettera a), dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008.
4.— Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della questione promossa dalla Regione Puglia in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con gli artt. 14, 106 e 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e con l’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con il principio della c.d. preemption.
4.1.— Posto che l’esigenza di una adeguata motivazione a sostegno della impugnativa si pone «in termini perfino più pregnanti nei giudizi diretti che non in quelli incidentali» (sentenza n. 450 del 2005), nella specie l’assoluta genericità ed indeterminatezza delle censure proposte con riguardo alla pretesa violazione di principi comunitari, anch’essi genericamente invocati, non consente di individuare in modo corretto i termini della questione di costituzionalità, con conseguente inammissibilità della stessa (sentenza n. 119 del 2010).
5.— È, invece, ammissibile la questione proposta da tutte le ricorrenti, ad eccezione della Regione autonoma della Sardegna, in riferimento all’art. 75 Cost.
5.1.— Questa Corte ha più volte affermato che le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo allorquando la violazione denunciata sia «potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni» (sentenza n. 303 del 2003; di recente, nello stesso senso, sentenze n. 80 e n. 22 del 2012) e queste abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una “possibile ridondanza” della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione (sentenza n. 33 del 2011).
Nella specie, le richiamate condizioni di ammissibilità delle censure sono soddisfatte.
Le ricorrenti assumono che, con l’abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, che riduceva le possibilità di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali, con conseguente delimitazione degli ambiti di competenza legislativa residuale delle Regioni e regolamentare degli enti locali, le competenze regionali e degli enti locali nel settore dei servizi pubblici locali si sono riespanse. Infatti, a seguito della predetta abrogazione, la disciplina applicabile era quella comunitaria, più “favorevole” per le Regioni e per gli enti locali. Pertanto, la reintroduzione da parte del legislatore statale della medesima disciplina oggetto dell’abrogazione referendaria (anzi, di una regolamentazione ancor più restrittiva, frutto di un’interpretazione ancor più estesa dell’ambito di operatività della materia della tutela della concorrenza di competenza statale esclusiva), ledendo la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria, avrebbe determinato anche una potenziale lesione delle richiamate sfere di competenza sia delle Regioni che degli enti locali.
Così argomentando, le Regioni hanno fornito una sufficiente motivazione in ordine ai profili della “possibile ridondanza” sul riparto di competenze della denunciata violazione, evidenziando la potenziale lesione della potestà legislativa regionale residuale in materia di servizi pubblici locali (e della relativa competenza regolamentare degli enti locali) che deriverebbe dalla violazione dell’art. 75 Cost.
5.2.— Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 è fondata.
5.2.1.— Il citato art. 4 è stato adottato con d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, dopo che, con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), era stata dichiarata l’abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Quest’ultima si caratterizzava per il fatto che dettava una normativa generale di settore, inerente a quasi tutti i predetti servizi, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni, la cui puntuale regolamentazione veniva, peraltro, demandata ad un regolamento governativo, adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del d.l. n. 112 del 2008).
Con la richiamata consultazione referendaria detta normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l’intento referendario di «escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria conferente.
A distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, il Governo è intervenuto nuovamente sulla materia con l’impugnato art. 4, il quale, nonostante sia intitolato «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010.
Essa, infatti, da un lato, rende ancor più remota l’ipotesi dell’affidamento diretto dei servizi, in quanto non solo limita, in via generale, «l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità» (comma 1), analogamente a quanto disposto dall’art. 23-bis (comma 3) del d.l. n. 112 del 2008, ma la àncora anche al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il superamento della quale (900.000 euro, nel testo originariamente adottato; ora 200.000 euro, nel testo vigente del comma 13) determina automaticamente l’esclusione della possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto si verifica a prescindere da qualsivoglia valutazione dell’ente locale, oltre che della Regione, ed anche – in linea con l’abrogato art. 23-bis – in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale, allorquando l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell’ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del cosiddetto controllo “analogo” (il controllo esercitato dall’aggiudicante sull’affidatario deve essere di “contenuto analogo” a quello esercitato dall’aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante.
Dall’altro lato, la disciplina recata dall’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 riproduce, ora nei principi, ora testualmente, sia talune disposizioni contenute nell’abrogato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 (è il caso, ad esempio, del comma 3 dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 “recepito” in via di principio dai primi sette commi dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, in tema di scelta della forma di gestione del servizio; del comma 8 dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 che dettava una disciplina transitoria analoga a quella dettata dal comma 32 dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011; così come del comma 10, lettera a), dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 325 del 2010, sostanzialmente riprodotto dal comma 14 dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011), sia la maggior parte delle disposizioni recate dal regolamento di attuazione dell’art. 23-bis (il testo dei primi sette commi dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, ad esempio, coincide letteralmente con quello dell’art. 2 del regolamento attuativo dell’art. 23-bis di cui al D.P.R. n. 168 del 2010, i commi 8 e 9 dell’art. 4 coincidono con l’art. 3, comma 2, del medesimo regolamento, mentre i commi 11 e 12 del citato art. 4 coincidono testualmente con gli articoli 3 e 4 dello stesso regolamento).
Alla luce delle richiamate indicazioni – nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato – risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell’art. 4 rispetto a quella dell’abrogato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 e l’identità della ratio ispiratrice.
Le poche novità introdotte dall’art. 4 accentuano, infatti, la drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso escludere. Tenuto, poi, conto del fatto che l’intento abrogativo espresso con il referendum riguardava «pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica» (sentenza n. 24 del 2011) ai quali era rivolto l’art. 23-bis, non può ritenersi che l’esclusione del servizio idrico integrato dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con la conseguenza che la norma oggi all’esame costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.
5.2.2.— La disposizione impugnata viola, quindi, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost., secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale.
Questa Corte, pronunciandosi su un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dai promotori di un referendum abrogativo, avverso Camera e Senato, in relazione all’approvazione di una legge riproduttiva della disciplina abrogata mediante consultazione popolare svoltasi pochi mesi prima, pur dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione dei ricorrenti, ormai privati della titolarità della funzione costituzionalmente rilevante e garantita, corrispondente all’attivazione della procedura referendaria, e quindi della qualità di potere dello Stato, ha, tuttavia, affermato che «la normativa successivamente emanata dal legislatore è pur sempre soggetta all’ordinario sindacato di legittimità costituzionale, e quindi permane comunque la possibilità di un controllo di questa Corte in ordine all’osservanza – da parte del legislatore stesso – dei limiti relativi al dedotto divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare» (sentenza n. 9 del 1997).
Inoltre, ancor prima, questa Corte, escludendo, con riferimento alla disciplina della responsabilità civile dei giudici abrogata mediante referendum, la possibilità, in via interpretativa, dell’applicazione di una delle norme abrogate quale «norma transitoria», ha anche precisato che l’intervenuta abrogazione della stessa «non potrebbe consentire al legislatore la scelta politica di far rivivere la normativa ivi contenuta a titolo transitorio», in ragione della «peculiare natura del referendum, quale atto fonte dell’ordinamento» (sentenza n. 468 del 1990).
Un simile vincolo derivante dall’abrogazione referendaria si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l’esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall’art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l’effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto.
Tale vincolo è, tuttavia, necessariamente delimitato, in ragione del suo carattere puramente negativo, posto che il legislatore ordinario, «pur dopo l’accoglimento della proposta referendaria, conserva il potere di intervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata» (sentenza n. 33 del 1993; vedi anche sentenza n. 32 del 1993).
In applicazione dei predetti principi, si è già rilevato che la normativa all’esame costituisce ripristino della normativa abrogata, considerato che essa introduce una nuova disciplina della materia, «senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina normativa preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti» (sentenza n. 68 del 1978), in palese contrasto, quindi, con l’intento perseguito mediante il referendum abrogativo. Né può ritenersi che sussistano le condizioni tali da giustificare il superamento del predetto divieto di ripristino, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione dell’esito della consultazione referendaria e l’adozione della nuova normativa (23 giorni), ora oggetto di giudizio, nel quale peraltro non si è verificato nessun mutamento idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata.
5.2.3.— Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, per violazione dell’art. 75 Cost.
6.— Dall’accoglimento di tale censura consegue l’assorbimento degli altri profili di violazione della Costituzione dedotti dalle Regioni ricorrenti nei confronti della medesima norma o di sue singole disposizioni (sentenza n. 123 del 2010).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del d.l. n. 138 del 2011, promossa dalla Regione Puglia, in riferimento all’articolo 117, primo comma, della Costituzione ed agli articoli 14, 106 e 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché al principio di preemption, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012.


 

 REGOLAZIONE, ORGANIZZAZIONE E FINANZIAMENTO DEI SERVIZI DI
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE E REGIONALE


D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422 
Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di
trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4,
della L. 15 marzo 1997, n. 59
1. Oggetto.
1. Il presente decreto, in attuazione degli articoli 1 e 3 e dei commi 3 e 4, lettere a) e b), dell’articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, individua le funzioni e i compiti che sono conferiti alle regioni ed agli enti locali in materia di servizi pubblici di tra­sporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati e fissa, altresì, i criteri di organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale.
2. Sono servizi pubblici di trasporto regionale e locale i servizi di trasporto di persone e merci, che non rientrano tra quelli di interesse nazionale tassativamente individuati dall’articolo 3; essi comprendono l’insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale.
3. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano il conferimento delle funzioni, nonché il tra­sferimento dei relativi beni e risorse, sono disposti nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di attuazione.
2. Definizioni.
1. Ai sensi del presente decreto, per legge n. 59 si intende la legge 15 marzo 1997, n. 59, come modificata dalla legge 15 maggio 1997, n. 127.
2. Ai fini del presente decreto, per conferimento si intende il trasferimento, la delega o l’attribuzione di funzioni e compiti; per enti locali si intendono le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali; per servizio di trasporto pubblico locale lagunare si intende il trasporto pubblico locale effettuato con unità che navigano esclusivamente nelle acque protette della laguna di Venezia.
3. Trasporti pubblici di interesse nazionale.
1. Costituiscono servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale:
a) i servizi di trasporto aereo, ad eccezione dei collegamenti che si svolgono esclusivamente nell’ambito di una regione e dei servizi elicotteristici;
b) i servizi di trasporto marittimo, ad eccezione dei servizi di cabotaggio che si svolgono prevalentemente nell’ambito di una regione;
c) i servizi di trasporto automobilistico a carattere internazionale, con esclusione di quelli transfrontalieri, e le linee interregio­nali che collegano più di due regioni;
d) i servizi di trasporto ferroviario internazionali e quelli nazionali di percorrenza medio-lunga caratterizzati da elevati standards qualitativi. Detti servizi sono tassativamente individuati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, pre­via intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Qualora la predetta intesa non sia raggiunta entro quarantacinque giorni dalla prima seduta in cui l’oggetto è posto all’ordine del giorno, provvede il Consiglio dei Ministri;
e) i servizi di collegamento via mare fra terminali ferroviari;
f)  i servizi di trasporto di merci pericolose, nocive ed inquinanti (5).
4. Competenze dello Stato nel trasporto pubblico regionale e locale.
1. Nella materia del servizio pubblico di trasporto regionale e locale, sono di competenza dello Stato esclusivamente:
a) gli accordi, le convenzioni ed i trattati internazionali relativi a servizi transfrontalieri per il trasporto di persone e merci;
b) le funzioni in materia di sicurezza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, tranne quelle relative al rilascio del nulla osta allo svolgimento dei servizi di trasporto su gomma e quelle relative all’accertamento di cui all’ultimo comma dell’articolo 5 dello stesso decreto n. 753;
c) l’adozione delle linee guida e dei princìpi quadro per la riduzione dell’inquinamento derivante dal sistema di trasporto pub­blico.
5. Conferimento a regioni ed enti locali.
1. Sono conferiti alle regioni e agli enti locali, con le modalità di cui agli articoli 6 e seguenti, tutti i compiti e tutte le funzioni re­lativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici, tranne quelli espressamente mantenuti allo Stato dall’articolo 4 del presente decreto.
6. Delega alle regioni.
1. Sono delegati alle regioni i compiti di programmazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale di cui all’articolo 14, non già compresi nelle materie di cui all’articolo 117 della Costituzione.
2. Sono, altresì, delegati alle regioni i compiti programmatori e amministrativi e le funzioni di cui agli articoli 8 e 9, in conformità a quanto disposto dall’articolo 4, comma 4, lettera b), della legge n. 59 del 1997 e dall’articolo 2, comma 7, della legge 23 di­cembre 1996, n. 662, nonché i compiti e le funzioni di cui all’articolo 10.
7. Trasferimento agli enti locali.
1. Le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali e sentite le rappresentanze degli enti e delle autonomie locali, confe­riscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni e i compiti regionali in materia di trasporto pubblico locale ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale.
2. I conferimenti delle funzioni e dei compiti di cui al comma 1 sono attuati tenendo conto delle dimensioni territoriali, associati­ve e organizzative degli enti, nonché nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 59, e particolarmente di quelli di sussidiarietà, economicità, efficienza, responsabilità, unicità e omogeneità dell’amministrazione, nonché di copertura finanziaria, con esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni adottano la legge di puntuale individuazione delle funzioni, trasferite o delegate agli enti locali in conformità ai princìpi stabiliti dall’articolo 4, comma 3, della legge n. 59. Se la re­gione non provvede entro il termine indicato, il governo adotta le misure di cui all’articolo 4, comma 5, ultimo periodo, della legge n. 59.
4. Gli enti locali, oltre ai compiti e alle funzioni loro conferite a norma del comma 1, svolgono nei servizi pubblici di trasporto lo­cale le funzioni e i compiti non mantenuti allo Stato, a norma degli articoli 3 e 4, o alle regioni, a norma degli articoli 8, 9, 10 e 11, secondo i princìpi e le competenze rispettivamente previsti dagli articoli 3, 9, 14 e 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali, nonché in conformità ai princìpi della legge n. 59 e alle disposizioni del presente decreto. Sono, in particolare, conferiti agli enti locali i compiti amministrativi e le funzioni nei settori del trasporto lagunare e lacuale.
8. Servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a.
1. Sono delegati alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti:
a) le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alla società Ferrovie dello Stato S.p.a. dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662;
b) le ferrovie in concessione a soggetti diversi dalle Ferrovie dello Stato S.p.a.
2. Le funzioni e i compiti di cui al comma 1 sono conferiti:
a) entro i termini di scadenza dei piani di ristrutturazione di cui all’articolo 2 della citata legge n. 662 del 1996 e comunque non oltre il 1° gennaio 2000, per le gestioni commissariali governative di cui al comma 1, lettera a);
b) a partire dal 1° gennaio 1998, e comunque entro il 1° gennaio 2000, per le ferrovie in concessione di cui al comma 1, lettera b).
3. Le regioni subentrano allo Stato, quali concedenti delle ferrovie di cui al comma 1, lettere a) e b), sulla base di accordi di pro­gramma, stipulati a norma dell’articolo 12 del presente decreto, con i quali sono definiti, tra l’altro, per le ferrovie in concessione di cui al comma 1, lettera b), i finanziamenti diretti al risanamento tecnico-economico di cui all’articolo 86 del decreto del Presi­dente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
4. Gli accordi di programma di cui al comma 3 e i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 12 sono, rispet­tivamente, perfezionati ed adottati entro il 30 ottobre 1999. Detti accordi definiranno, in particolare, il trasferimento dei beni, degli impianti e dell’infrastruttura a titolo gratuito alle regioni sia per le ferrovie in ex gestione commissariale governativa, come già previsto all’articolo 2, comma 7, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sia per le ferrovie in concessione a soggetti diversi dalle Ferrovie dello Stato S.p.a. Tali beni sono trasferiti al demanio ed al patrimonio indisponibile e disponibile delle regioni, e, in relazione alla loro natura giuridica, possono essere dalle regioni dismessi, sdemanializzati o sottratti alla loro destinazione, previa intesa con il Ministero dei trasporti e della navigazione, quando si tratti di beni demaniali o appartenenti al patrimonio indispo­nibile. A partire dalla data di trasferimento, il vincolo di reversibilità a favore dello Stato gravante sui beni in questione si intende costituito a favore della regione competente. I suddetti trasferimenti sono esentati da ogni imposta e tassa fatto salvo il caso di dismissione o sdemanializzazione da parte delle regioni. I beni di cui all’articolo 3, commi 7, 8 e 9, della legge n. 385/1990 sono trasferiti alle regioni competenti che inizieranno o proseguiranno le relative procedure di alienazione o di diversa utilizzazione, destinandone i proventi a favore delle aziende ex gestioni governative. Gli accordi di programma definiscono altresì l’entità delle risorse finanziarie da trasferire alle regioni, tali da garantire, al netto dei contributi già riconosciuti da regioni ed enti locali, l’attuale livello di tutti i servizi erogati dalle aziende in regime di gestione commissariale governativa .
4-bis. La gestione delle reti e dell’infrastruttura ferroviaria per l’esercizio dell’attività di trasporto a mezzo ferrovia è regolata dalle norme di separazione contabile o costituzione di imprese separate di cui al regolamento recante norme di attuazione della direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, emanato con decreto del Presidente della Repub­blica 8 luglio 1998, n. 277. I gestori delle reti per i criteri di ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e per gli stan­dard e le norme di sicurezza si adeguano al regolamento recante norme di attuazione della direttiva 95/19/CEE, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 146.
4-ter. Le regioni hanno la facoltà, previa intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di trasferire alle Ferrovie dello Stato S.p.a. i beni, gli impianti e l’infrastruttura di cui al comma 4, fermo restando la natura giuridica dei singoli beni.
5. Successivamente al perfezionamento degli accordi di programma e alla emanazione dei decreti del Presidente del Con­siglio dei Ministri di cui al comma 4, le regioni affidano, trascorso il periodo transitorio previsto dall’articolo 18, comma 3-bis, con le procedure di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), la gestione dei servizi ferroviari di cui al comma 1, lettere a) e b), con contratti di servizio ai sensi dell’articolo 19, alle imprese ferroviarie che abbiano i requisiti di legge. Dette imprese hanno accesso alla rete ferroviaria nazionale con le modalità fissate dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Re­pubblica 8 luglio 1998, n. 277. I contratti di servizio assicurano che sia conseguito, a partire dal 1° gennaio 2000 il rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura. Le regioni forniscono al Ministero dei tra­sporti e della navigazione - Dipartimento dei trasporti terrestri, tutte le informazioni relative all’esercizio delle funzioni a loro delegate. Il Ministro dei trasporti e della navigazione, in base alle predette informazioni e a quelle che acquisirà direttamente, relaziona annualmente alla Conferenza Stato-regioni e al Presidente del Consiglio dei Ministri sulle modalità di esercizio della delega e sulle eventuali criticità.
6. Con successivi provvedimenti legislativi si provvede alla copertura dei disavanzi maturati alla data del conferimento di cui al presente articolo, ivi compresi gli oneri per il trattamento di fine rapporto, al netto degli interventi già disposti ai sensi della legge 30 maggio 1995, n. 204, e delle successive analoghe disposizioni.
6-bis. Lo Stato e le regioni possono concludere, d’intesa tra loro, accordi di programma con le Ferrovie dello Stato S.p.a. per l’affidamento alle stesse della costruzione, ammodernamento, manutenzione e relativa gestione delle linee ferroviarie locali concesse e già in gestione commissariale governativa di rilevanza per il sistema ferroviario nazionale.
9. Servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a F.S. S.p.a.
1. Con decorrenza 1° giugno 1999 sono delegati alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. di interesse regionale e locale.
2. Per i servizi di cui al comma 1, che ricomprendono comunque i servizi interregionali di interesse locale, le regioni suben­trano allo Stato nel rapporto con le Ferrovie dello Stato S.p.a. e stipulano, entro il 30 settembre 1999, i relativi contratti di servizio ai sensi dell’articolo 19. Detti contratti di servizio entrano in vigore il 1° ottobre 1999. Trascorso il periodo transitorio di cui all’articolo 18, comma 4, le regioni affidano i predetti servizi con le procedure di cui al medesimo articolo 18, comma 2, lettera a)
3. Il Ministro dei trasporti e della navigazione, al fine di regolare i rapporti con le Ferrovie dello Stato S.p.a., fino alla data di at­tuazione delle deleghe alle regioni, provvede:
a) a rinnovare fino al 30 settembre 1999 il contratto di servizio tra la società stessa ed il Ministero dei trasporti e della naviga­zione ;
b) ad acquisire, sui contenuti di tale rinnovo, l’intesa delle regioni, che possono integrare il predetto contratto di servizio pub­blico con contratti regionali senza ulteriori oneri per lo Stato;
c) a stipulare con le regioni gli accordi di programma di cui all’articolo 12.
10. Servizi marittimi e aerei.
1. Sono delegati alle regioni le funzioni e i compiti amministrativi in materia di servizi marittimi e aerei di interesse regionale.
2. La gestione dei servizi di cui al comma 1 è affidata con le modalità di cui agli articoli 17 e 18, in quanto applicabili al settore. Detti trasporti sono organizzati e regolati da contratti di servizio, secondo quanto previsto dai citati articoli 17 e 18 e nel ri­spetto dei princìpi di economicità ed efficienza.
3. All’attuazione della delega si provvede a norma dell’articolo 12.
11. Servizi lacuali e lagunari.
1. La gestione governativa per la navigazione dei laghi Maggiore, di Como e di Garda è trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento entro il 1° gennaio 2000, previo il risanamento tecnico-economico, di cui all’articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
2. Il Ministero dei trasporti e della navigazione predispone il piano di risanamento tecnico-economico. Il piano è approvato entro il 31 marzo 1998 dal Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, previa intesa con le regioni interessate e la provincia autonoma di Trento.
3. Al fine di coordinare il trasporto locale con le attività relative al traffico acqueo negli ambiti della laguna veneta, la provincia di Venezia, d’intesa con i soggetti competenti in materia, emana apposito regolamento che, fra l’altro, prevede un sistema di rilevamento dei natanti circolanti nell’ambito lagunare al fine di garantire la sicurezza della navigazione. L’intesa è conseguita in apposita conferenza di servizi, da realizzare ai sensi dell’articolo 17, comma 4 e seguenti, della legge 15 maggio 1997, n. 127, cui partecipano, oltre la provincia e gli enti locali, rappresentanti del Ministero dei trasporti e della navigazione, del Mi­nistero dell’ambiente, del Ministero dei lavori pubblici e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento delle aree urbane. Se il regolamento non è emanato entro il 30 giugno 1998, vi provvede il Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con gli altri Ministri interessati.
3-bis. Ferme rimanendo le competenze dell’autorità marittima previste dalla vigente normativa in materia di sicurezza della navigazione e disciplina del traffico nell’ambito dei canali marittimi, i servizi di trasporto pubblico di persone e cose, effettuate all’interno della laguna veneta sono autorizzati e regolati in conformità alle norme emanate dagli enti locali competenti in materia di trasporto pubblico locale. Nel caso di navigazione che interessi le zone di acque interne e quelle di acque maritti­me nell’ambito della laguna veneta, il numero massimo delle unità adibite al servizio di trasporto pubblico, al fine di assicurare il regolare svolgimento e la sicurezza della navigazione lagunare, è stabilito d’intesa tra l’autorità marittima e l’ente locale competente. In caso di disaccordo detto numero viene determinato in apposita conferenza di servizi indetta dal prefetto alla quale partecipano i rappresentanti della provincia e dei comuni e delle capitanerie di porto competenti.
12. Attuazione dei conferimenti.
1. All’attuazione dei conferimenti e all’attribuzione delle relative risorse alle regioni si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge n. 59, previo accordo di programma tra il Ministero dei trasporti e della navigazione e la regione interessata, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera a), della legge n. 59.
2. L’accordo di programma, di cui al comma 1, può disporre, previa intesa tra regione ed enti locali, la contestuale attribuzione e ripartizione fra gli enti locali delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative.
13. Poteri sostitutivi.
1. Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera c), della legge n. 59, in caso di accertata inerzia nell’esercizio delle funzioni delega­te, il Ministro dei trasporti e della navigazione fissa alla regione un congruo termine per provvedere.
2. Qualora l’inerzia degli organi regionali perduri dopo la scadenza del termine di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adotta i provvedimenti necessari in sostituzione dell’amministrazione regionale.
14. Programmazione dei trasporti locali.
1. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuove, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione e sentita, per quanto di competenza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le aree urbane, il coordinamento della programmazione delle regioni e delle province autonome con la programmazione dello Stato definita dal C.I.P.E.
2. Nell’esercizio dei compiti di programmazione, le regioni:
a) definiscono gli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali ed in particolare per i piani di bacino;
b) redigono i piani regionali dei trasporti e loro aggiornamenti tenendo conto della programmazione degli enti locali ed in particolare dei piani di bacino predisposti dalle province e, ove esistenti, dalle città metropolitane, in connessione con le pre­visioni di assetto territoriale e di sviluppo economico e con il fine di assicurare una rete di trasporto che privilegi le integrazioni tra le varie modalità favorendo in particolar modo quelle a minore impatto sotto il profilo ambientale.
3. Per la regolamentazione dei servizi di trasporto pubblico locale, con riferimento ai servizi minimi, di cui all’articolo 16, le regioni, sentite le organizzazioni sindacali confederali e le associazioni dei consumatori, approvano programmi triennali dei servizi di trasporto pubblico locale, che individuano:
a) la rete e l’organizzazione dei servizi;
b) l’integrazione modale e tariffaria;
c) le risorse da destinare all’esercizio e agli investimenti;
d) le modalità di determinazione delle tariffe;
e) le modalità di attuazione e revisione dei contratti di servizio pubblico;
f)  il sistema di monitoraggio dei servizi;
g) i criteri per la riduzione della congestione e dell’inquinamento ambientale.
4. Per l’esercizio dei servizi pubblici di trasporto locale in territori a domanda debole, al fine di garantire comunque il soddi­sfacimento delle esigenze di mobilità nei territori stessi, le regioni, sentiti gli enti locali interessati e le associazioni nazionali di categoria del settore del trasporto di persone, possono individuare modalità particolari di espletamento dei servizi di linea, da affidare, attraverso procedure concorsuali, alle imprese che hanno i requisiti per esercitare autoservizi pubblici non di linea o servizi di trasporto di persone su strada. Nei comuni montani o nei territori in cui non vi è offerta dei servizi predetti possono essere utilizzati veicoli adibiti ad uso proprio, fermo restando l’obbligo del possesso dei requisiti professionali per l’esercizio del trasporto pubblico di persone.
5. Gli enti locali, al fine del decongestionamento del traffico e del disinquinamento ambientale, ai sensi dell’articolo 16, com­ma 3, e dell’articolo 18, comma 3-bis, possono organizzare la rete dei trasporti di linea nelle aree urbane e suburbane diver­sificando il servizio con l’utilizzazione di veicoli della categoria M1 di cui all’articolo 47 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Detti veicoli devono risultare nella disponibilità di soggetti aventi i requisiti per esercitare autoservizi pubblici non di linea o servizi di trasporto di persone su strada. L’espletamento di tali servizi non costituisce titolo per il rilascio di licenze o autoriz­zazioni. Gli enti locali fissano le modalità del servizio e le relative tariffe e, nella fase di prima attuazione, affidano per il primo anno in via prioritaria detti servizi, sempre attraverso procedure concorsuali, ai soggetti che esercitano autoservizi pubblici non di linea. I criteri tecnici e le modalità per la utilizzazione dei sopraddetti veicoli sono stabiliti con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione .
6. Ad integrazione dell’articolo 86 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai veicoli adibiti al servizio di piazza per il tra­sporto di persone di cui all’articolo 82, comma 5, lettera b), dello stesso decreto, è consentito l’uso proprio fuori servizio.
7. ...
8. Per i collegamenti con gli aeroporti aperti al traffico aereo civile, ferme restando le competenze degli enti gestori, sono autorizzati ad effettuare servizio di piazza i titolari di licenze per servizio di taxi rilasciate dai comuni capoluogo di regione e di provincia, nonché dal comune o dai comuni nel cui ambito territoriale l’aeroporto ricade. I comuni interessati, d’intesa, di­sciplinano le tariffe, le condizioni di trasporto e di svolgimento del servizio, ivi compresa la fissazione del numero massimo di licenze che ciascun comune può rilasciare proporzionalmente al bacino di utenza aeroportuale. Nel caso di mancata intesa tra i comuni, provvede il presidente della regione, sentita la commissione consultiva regionale di cui all’articolo 4 della legge 15 gennaio 1992, n. 21.
15. Programmazione degli investimenti.
1. In attuazione di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 14, con accordi di programma in materia di investimenti si indi­viduano:
a) le opere da realizzare e i mezzi di trasporto, incluso il materiale rotabile ferroviario, da acquisire;
b) i tempi di realizzazione in funzione dei piani di sviluppo dei servizi;
c) i soggetti coinvolti e loro compiti;
d) le risorse necessarie, le loro fonti di finanziamento certe e i tempi di erogazione;
e) il periodo di validità.
2. Gli accordi di cui al comma 1 sono sottoscritti dal Ministro dei trasporti e della navigazione e dalla regione, nonché dai presidenti delle province, dai sindaci e dai presidenti delle comunità montane nel caso di esercizio associato di servizi comunali di trasporto locale di cui all’articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, direttamente coinvolti nella realizzazione delle opere; essi sono impegnativi per le parti che sottoscrivono. L’attuazione degli accordi di programma è verificata annual­mente, congiuntamente dal Ministero dei trasporti e della navigazione, dalle regioni interessate e dai soggetti che l’hanno sottoscritto in sede di conferenza dei servizi, da realizzare ai sensi dell’articolo 17, commi 4 e seguenti, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Il Ministro dei trasporti e della navigazione riferisce annualmente in sede di Conferenza unificata, di cui all’articolo 9 della legge n. 59, sull’attuazione degli accordi di cui al comma 1. Per la realizzazione degli accordi di programma, le parti possono concordare di costituire gestioni finanziarie cui conferire le proprie risorse.
2-bis. Per soggetti direttamente coinvolti nella realizzazione delle opere di cui al comma 2 sono da intendersi le province, i comuni e le comunità montane nel caso di esercizio associato di servizi comunali di trasporto locale di cui all’articolo 11, com­ma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, che partecipano alla realizzazione dell’opera con lo stanziamento di un contributo di importo pari o superiore al 5 per cento dell’investimento.
2-ter. Le risorse necessarie all’attuazione degli accordi di programma di cui al comma 2 sono depositate presso conti di teso­reria infruttiferi intestati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con vincolo di destinazione alle singole regioni. L’erogazione, mediante svincolo, è disposta da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in favore delle regioni a valere sui conti di tesoreria infruttiferi intestati alle stesse regioni in ragione dello stato di avanzamento della realizzazione degli interventi individuati negli accordi di programma di cui al comma 2, secondo i termini e le modalità ivi concordate e comunque in maniera tale da assicurare il tempestivo e corretto adempimento degli obblighi connessi all’esecuzione delle opere.
3. Non rientrano negli accordi di cui al presente articolo le risorse finanziarie conferite a Ferrovie dello Stato S.p.a. dallo Stato nella qualità di azionista.
4. Le aree e i beni non più funzionali all’esercizio del trasporto pubblico possono essere ceduti, a titolo oneroso, in conformità al regime giuridico di appartenenza, ai comuni o alle province. Le modalità relative vengono definite in appositi accordi tra i Ministri interessati e il sindaco o il presidente della provincia e, ove coinvolte, le società proprietarie.
16. Servizi minimi.
1. I servizi minimi, qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni, sono definiti tenendo conto:
a) dell’integrazione tra le reti di trasporto;
b) del pendolarismo scolastico e lavorativo;
c) della fruibilità dei servizi da parte degli utenti per l’accesso ai vari servizi amministrativi, socio-sanitari e culturali;
d) delle esigenze di riduzione della congestione e dell’inquinamento.
2. Nella determinazione del livello dei servizi minimi, le regioni definiscono, d’intesa con gli enti locali, secondo le modalità sta­bilite dalla legge regionale, e adottando criteri di omogeneità fra regioni, quantità e standard di qualità dei servizi di trasporto pubblico locale, in modo da soddisfare le esigenze essenziali di mobilità dei cittadini, in conformità al regolamento 1191/69/ CEE, modificato dal regolamento 1893/91/CEE, e in osservanza dei seguenti criteri:
a) ricorso alle modalità e tecniche di trasporto più idonee a soddisfare le esigenze di trasporto considerate, con particolare attenzione a quelle delle persone con ridotta capacità motoria;
b) scelta, tra più soluzioni atte a garantire, in condizioni analoghe, sufficienti servizi di trasporto, di quella che comporta i minori costi per la collettività, anche mediante modalità differenziate di trasporto o integrazione dei servizi e intermodalità; dovrà, in particolare, essere considerato nella determinazione dei costi del trasporto su gomma l’incidenza degli elementi esterni, quali la congestione del traffico e l’inquinamento.
3. Le province, i comuni e le comunità montane, nel caso di esercizio associato di servizi comunali del trasporto locale di cui all’articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, possono istituire, d’intesa con la regione ai fini della compatibilità direte, servizi di trasporto aggiuntivi a quelli definiti dalla regione stessa ai sensi dei commi 1 e 2, sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all’articolo 19, con oneri a carico dei bilanci degli enti stessi .
17. Obblighi di servizio pubblico.
1. Le regioni, le province e i comuni, allo scopo di assicurare la mobilità degli utenti, definiscono, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento 1191/69/CEE, modificato dal regolamento 1893/91/CEE, obblighi di servizio pubblico, prevedendo nei contratti di servizio di cui all’articolo 19, le corrispondenti compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, determinate secondo il criterio dei costi standard che dovrà essere osservato dagli enti affidanti nella quantificazione dei corrispettivi da porre a base d’asta previsti nel bando di gara o nella lettera di invito delle procedure concorsuali di cui al successivo articolo 18, comma 2, lettera a), tenendo conto, ai sensi della citata disposizione comunitaria, dei proventi derivanti dalle tariffe e di quelli derivanti anche dalla eventuale gestione di servizi complementari alla mobilità
18. Organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale. Vedi parte prima
19. Contratti di servizio
1. I contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari e sono stipulati prima dell’inizio del loro periodo di validità. Per i servizi ferroviari i contratti di servizio sono stipulati sette mesi prima dell’inizio del loro periodo di validità, al fine di consentire la definizione degli orari nazionali.
2. I contratti di servizio per i quali non è assicurata, al momento della loro stipula, la corrispondenza tra gli importi di cui alla lettera e) del comma 3 e le risorse effettivamente disponibili sono nulli.
3. I contratti di servizio, nel rispetto anche delle disposizioni dell’articolo 14, comma 2, del regolamento n. 1191/69/CEE, così come modificato dall’articolo 1 del regolamento 1893/91/CEE, nonché nel rispetto dei princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici così come fissati dalla carta dei servizi del settore trasporti, definiscono:
a) il periodo di validità;
b) le caratteristiche dei servizi offerti ed il programma di esercizio;
c) gli standard qualitativi minimi del servizio, in termini di età, manutenzione, confortevolezza e pulizia dei veicoli, e di regolarità delle corse;
d) la struttura tariffaria adottata ed i criteri di aggiornamento annuale di cui all’articolo 18, comma 2, lettera g-bis);
e) l’importo eventualmente dovuto dall’ente pubblico all’azienda di trasporto per le prestazioni oggetto del contratto e le modalità di pagamento, nonché eventuali adeguamenti conseguenti a mutamenti della struttura tariffaria;
f)  le modalità di modificazione del contratto successivamente alla conclusione;
g) le garanzie che devono essere prestate dall’azienda di trasporto;
h) le sanzioni in caso di mancata osservanza del contratto;
i)  la ridefinizione dei rapporti, con riferimento ai lavoratori dipendenti e al capitale investito, dal soggetto esercente il servizio di tra­sporto pubblico, in caso di forti discontinuità nella quantità di servizi richiesti nel periodo di validità del contratto di servizio;
l) l’obbligo dell’applicazione, per le singole tipologie del comparto dei trasporti, dei rispettivi contratti collettivi di lavoro, così come sottoscritti dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative e dalle associazioni datoriali di categoria.
4. Gli importi di cui al comma 3, lettera e), possono essere soggetti a revisione annuale con modalità determinate nel contratto stesso allo scopo di incentivare miglioramenti di efficienza. I suddetti importi possono essere incrementati in misura non maggiore del tasso programmato di inflazione, salvo l’eventuale recupero delle differenze in caso di rilevante scostamento dal tasso effettivo di inflazione, a parità di offerta di trasporto.
5. I contratti di servizio pubblico devono rispettare gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n. 1191/69 ed il regolamento (CEE) n. 1893/91, avere caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e prevedere un progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, rapporto che, al netto dei costi di infrastruttura, dovrà essere pari almeno allo 0,35 a partire dal 1° gennaio 2000. Trovano applicazione ai trasporti regionali e locali, a tale fine, le norme della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991.
6. I contratti di servizio in vigore alla data di entrata in vigore del presente decreto sono adeguati, per le parti eventualmente in con­trasto con il presente decreto, in occasione della prima revisione annuale.
20. Norme finanziarie.
1. Ogni regione, in relazione ai servizi minimi definiti ai sensi dell’articolo 16, ai piani regionali di trasporto e al tasso programmato di inflazione, costituisce annualmente un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia dalle risorse proprie sia da quelle trasferite ai sensi del presente decreto.
2. [Sono trasferite alle regioni le risorse relative all’espletamento delle funzioni ad esse delegate, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 8, comma 4, nei modi e nei tempi indicati nei successivi commi, ad esclusione di quelle relative all’espletamento delle competenze di cui all’articolo 21, commi 1 e 2. Il trasferimento di risorse dovrà, in particolare, garantire l’attuale livello di servizio, considerando anche il tasso di inflazione del settore].
3. Le risorse relative all’espletamento delle funzioni amministrative di cui al presente decreto, salvo quelle di cui al comma 4, sono trasferite alle regioni a partire dal 1° gennaio 1998 e, per le ferrovie già in gestione commissariale governativa, al mo­mento del conferimento delle funzioni amministrative, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, lettera a).
4. Le risorse relative all’espletamento delle funzioni amministrative in materia di servizi regionali e locali delle Ferrovie dello Stato S.p.a. sono trasferite alle regioni a decorrere dal 1° giugno 1999.
5. Le risorse di cui ai commi precedenti sono individuate e ripartite con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione eco­nomica, previa intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio.
6. I fondi, ripartiti ai sensi del comma 5, sono annualmente regolati dalla legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
7. Entro il 31 dicembre 2004 i criteri di ripartizione dei fondi sono rideterminati, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto col Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 9 della legge n. 59.
7-bis. I criteri di ripartizione dei fondi di cui al comma 7 sono rideterminati anche sulla base del volume dei passeggeri traspor­tati e, per i servizi di cui all’articolo 8, dei risultati del monitoraggio ivi previsto.
21. Disposizioni finali e transitorie.
1. La conclusione dei procedimenti amministrativi che hanno comportato impegni di spesa anteriormente alla data di confe­rimento delle funzioni amministrative alle regioni ed agli enti locali rimane di competenza dello Stato.
2. Restano ferme le competenze tecnico-amministrative dello Stato relative ai finanziamenti stanziati per lavori e forniture per i quali all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto sono stati già perfezionati i relativi contratti.
3. È fatto salvo quanto disposto dalla L. 20 dicembre 1974, n. 684, dalla L. 19 maggio 1975, n. 169, dalla L. 5 dicembre 1986, n. 856, dalla L. 5 maggio 1989, n. 160, e dal D.P.R. 1° giugno 1979, n. 501, e dalle conseguenti convenzioni fino alla scadenza delle stesse.

 

Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 agosto 2011, n. 188.
Art. 3-bis. Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali
1. A tutela della concorrenza e dell’ambiente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano lo svolgi­mento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio e istituen­do o designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012. La dimensione degli ambiti o bacini ter­ritoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale. Le regioni possono individuare specifici bacini territoriali di dimensione diversa da quella provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni presentata entro il 31 maggio 2012 previa lettera di adesione dei sindaci interes­sati o delibera di un organismo associato e già costituito ai sensi dell’articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267. Fermo restando il termine di cui al primo periodo del presente comma che opera anche in deroga a disposizioni esistenti in ordine ai tempi previsti per la riorganizzazione del servizio in ambiti, è fatta salva l’organizzazione di servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali già prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti o, infine, delle disposizioni regionali che abbiano già avviato la costituzione di ambiti o bacini territoriali in coerenza con le previsioni indicate nel presente comma. Decorso inutilmente il termine indicato, il Consiglio dei Ministri, a tutela dell’unità giuridica ed economica, esercita i poteri sostitutivi di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, comunque tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio.
2. In sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica, l’adozione di strumenti di tutela dell’occupazione costituisce elemento di valutazione dell’offerta.
3. A decorrere dal 2013, l’applicazione di procedura di affidamento dei servizi a evidenza pubblica da parte di regioni, province e comuni o degli enti di governo locali dell’ambito o del bacino costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A tal fine, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito dei compiti di tutela e promozione della concor­renza nelle regioni e negli enti locali, comunica, entro il termine perentorio del 31 gennaio di ciascun anno, al Ministero dell’economia e delle finanze gli enti che hanno provveduto all’applicazione delle procedure previste dal presente articolo. In caso di mancata comunicazione entro il termine di cui al periodo precedente, si prescinde dal predetto elemento di valutazione della virtuosità.
4. Fatti salvi i finanziamenti ai progetti relativi ai servizi pubblici locali di rilevanza economica cofinanziati con fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione sono prioritariamente attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio selezionati tramite procedura ad evidenza pubblica o di cui comunque l’Autorità di regolazione compe­tente abbia verificato l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall’Autorità stessa.
5. Le società affidatarie in house sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite dal decreto ministeriale previsto dall’articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. L’ente locale o l’ente di governo locale dell’ambito o del bacino vigila sull’osservanza da parte delle società di cui al periodo precedente dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno.
6. Le società affidatarie in house sono tenute all’acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Le medesime società adottano, con propri provvedimenti, criteri e moda­lità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indenni­tarie e per le consulenze anche degli amministratori.
D.L. 24-1-2012 n. 1 
Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo
delle infrastrutture e la competitività.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 gennaio 2012, n. 19, S.O.
Art. 36 Regolazione indipendente in materia di trasporti
1. All’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Nell’ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, è istituita l’Autorità di regolazione dei trasporti, di seguito denominata ‘Autorità’, la quale opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione. La sede dell’Autorità è definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 30 aprile 2012. In sede di prima attuazione del presente articolo, il collegio dell’Autorità è costituito entro il 31 maggio 2012. L’Autorità è competente nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sus­sidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione. L’Autorità esercita le proprie competenze a decorrere dalla data di adozione dei regolamenti di cui all’articolo 2, comma 28, della legge 14 novembre 1995, n. 481. All’Autorità si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni organizzative e di funzionamento di cui alla medesima legge.
1-bis. L’Autorità è organo collegiale composto dal presidente e da due componenti nominati secondo le procedure di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481. Ai componenti e ai funzionari dell’Autorità si applica il regime previsto dall’articolo 2, commi da 8 a 11, della medesima legge. Il collegio nomina un segretario generale, che sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e ne risponde al presidente.
1-ter. I componenti dell’Autorità sono scelti, nel rispetto dell’equilibrio di genere, tra persone di indiscussa moralità e indipen­denza e di comprovata professionalità e competenza nei settori in cui opera l’Autorità. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati nè ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresen­tanza nei partiti politici, nè avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della medesima Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l’intera durata dell’incarico. I componenti dell’Autorità sono nominati per un periodo di sette anni e non possono essere confermati nella carica. In caso di dimissioni o impedimento del presidente o di un membro dell’Autorità, si procede alla sostituzione secondo le regole ordinarie previste per la nomina dei componenti dell’Autorità, la loro durata in carica e la non rinnovabilità del mandato.
2. L’Autorità è competente nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture ed in particolare provvede:
a) a garantire, secondo metodologie che incentivino la concorrenza, l’efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese e i consumatori, condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferro­viarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali, fatte salve le competenze dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e au­tostradali di cui all’articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché in relazione alla mobilità dei passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano anche collegata a stazioni, aeroporti e porti;
b) a definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza effettivamente esistenti nei singoli mercati dei servizi dei trasporti nazionali e locali, i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni, dei pedaggi, tenendo conto dell’esigenza di assicurare l’equilibrio economico delle imprese regolate, l’efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese, i consumatori;
c) a verificare la corretta applicazione da parte dei soggetti interessati dei criteri fissati ai sensi della lettera b);
d) a stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto nazionali e locali connotati da oneri di servizio pubblico, individuate secondo caratteristiche territoriali di domanda e offerta;
e) a definire, in relazione ai diversi tipi di servizio e alle diverse infrastrutture, il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto; sono fatte salve le ulteriori garanzie che accrescano la protezione degli utenti che i gestori dei servizi e delle infrastrutture possono inserire nelle proprie carte dei servizi;
f)  a definire gli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da in­serire nei capitolati delle medesime gare e a stabilire i criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici; con riferimento al trasporto ferroviario regionale, l’Autorità verifica che nei relativi bandi di gara non sussistano condizioni discriminatorie o che impediscano l’accesso al mercato a concorrenti potenziali e specificamente che la disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara non costituisca un requisito per la partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra le imprese partecipanti. In questi casi, all’impresa aggiudicataria è concesso un tempo massimo di diciotto mesi, decorrenti dall’aggiudicazione definitiva, per l’acquisizione del materiale rotabile indispensabile per lo svolgimento del servizio;
g) con particolare riferimento al settore autostradale, a stabilire per le nuove concessioni sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione dell’indicatore di produttività X a cadenza quinquennale per ciascuna conces­sione; a definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione; a definire gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni; a definire gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e stimolare la concor­renza per confronto;
h) con particolare riferimento al settore aeroportuale, a svolgere ai sensi degli articoli da 71 a 81 del decreto-legge 24 gen­naio 2012, n. 1, tutte le funzioni di Autorità di vigilanza istituita dall’articolo 71, comma 2, del predetto decreto-legge n. 1 del 2012, in attuazione della direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali;
i) con particolare riferimento all’accesso all’infrastruttura ferroviaria, a svolgere tutte le funzioni di organismo di regolazione di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, e, in particolare, a definire i criteri per la determinazione dei pedaggi da parte del gestore dell’infrastruttura e i criteri di assegnazione delle tracce e della capacità e a vigilare sulla loro corretta applicazione da parte del gestore dell’infrastruttura;
l) l’Autorità, in caso di inosservanza di propri provvedimenti o di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio alle richieste di informazioni o a quelle connesse all’effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti non siano veritieri, può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie determinate in fase di prima applicazione se­condo le modalità e nei limiti di cui all’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481. L’ammontare riveniente dal pagamento delle predette sanzioni è destinato ad un fondo per il finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori dei settori dei trasporti, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e europee;
m) con particolare riferimento al servizio taxi, a monitorare e verificare la corrispondenza dei livelli di offerta del servizio taxi, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e pro­porzionalità, allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti. Comuni e regioni, nell’ambito delle proprie competenze, provvedono, previa acquisizione di preventivo parere da parte dell’Autorità, ad adeguare il servizio dei taxi, nel rispetto dei seguenti principi:
1) l’incremento del numero delle licenze ove ritenuto necessario anche in base alle analisi effettuate dalla Autorità per con­fronto nell’ambito di realtà europee comparabili, a seguito di un’istruttoria sui costi-benefici anche ambientali, in relazione a comprovate ed oggettive esigenze di mobilità ed alle caratteristiche demografiche e territoriali, bandendo concorsi straordi­nari in conformità alla vigente programmazione numerica, ovvero in deroga ove la programmazione numerica manchi o non sia ritenuta idonea dal comune ad assicurare un livello di offerta adeguato, per il rilascio, a titolo gratuito o a titolo oneroso, di nuove licenze da assegnare ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 6 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, fissando, in caso di titolo oneroso, il relativo importo ed individuando, in caso di eccedenza delle domande, uno o più criteri selettivi di valutazione automatica o immediata, che assicurino la conclusione della procedura in tempi celeri. I proventi de­rivanti dal rilascio di licenze a titolo oneroso sono finalizzati ad adeguate compensazioni da corrispondere a coloro che sono già titolari di licenza;
2) consentire ai titolari di licenza d’intesa con i comuni una maggiore libertà nell’organizzazione del servizio sia per fronteg­giare particolari eventi straordinari o periodi di prevedibile incremento della domanda e in numero proporzionato alle esigen­ze dell’utenza, sia per sviluppare nuovi servizi integrativi come il taxi ad uso collettivo o altre forme;
3) consentire una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe, la possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione a tutela dei consumatori, prevedendo la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal comune per percorsi prestabiliti;
4) migliorare la qualità di offerta del servizio, individuando criteri mirati ad ampliare la formazione professionale degli opera­tori con particolare riferimento alla sicurezza stradale e alla conoscenza delle lingue straniere, nonché alla conoscenza della normativa in materia fiscale, amministrativa e civilistica del settore, favorendo gli investimenti in nuove tecnologie per l’efficientamento organizzativo ed ambientale del servizio e adottando la carta dei servizi a livello regionale;
n) con riferimento alla disciplina di cui alla lettera m), l’Autorità può ricorrere al tribunale amministrativo regionale del Lazio.»;
b) al comma 3, alinea, sono soppresse le parole: «individuata ai sensi del medesimo comma»;
c) al comma 4, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Tutte le amministrazioni pubbliche, statali e regionali, nonché gli enti strumentali che hanno competenze in materia di sicurezza e standard tecnici delle infrastrutture e dei trasporti trasmet­tono all’Autorità le delibere che possono avere un impatto sulla concorrenza tra operatori del settore, sulle tariffe, sull’accesso alle infrastrutture, con facoltà da parte dell’Autorità di fornire segnalazioni e pareri circa la congruenza con la regolazione economica»;
d) al comma 5, primo periodo, sono soppresse le parole: «individuata ai sensi del comma 2»;
e) al comma 6:
1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) agli oneri derivanti dall’istituzione dell’Autorità e dal suo funzionamento per l’anno 2012, nel limite massimo di 5 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica»;
2) alla lettera b), l’ultimo periodo è soppresso;
3) dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
«b-bis) ai sensi dell’articolo 2, comma 29, ultimo periodo, della legge 14 novembre 1995, n. 481, in sede di prima attuazio­ne del presente articolo, l’Autorità provvede al reclutamento del personale di ruolo, nella misura massima del 50 per cento dei posti disponibili nella pianta organica, determinata in ottanta unità, e nei limiti delle risorse disponibili, mediante apposita selezione nell’ambito del personale dipendente da pubbliche amministrazioni in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per l’espletamento delle singole funzioni e tale da garantire la massima neutralità e imparzialità. In fase di avvio il personale selezionato dall’Autorità è comandato da altre pubbliche amministrazioni, con oneri a carico delle amministrazioni di provenienza. A seguito del versamento dei contributi di cui alla lettera b), il predetto personale è immesso nei ruoli dell’Autorità nella qualifica assunta in sede di selezione»;
f) dopo il comma 6 sono aggiunti i seguenti:
«6-bis. Nelle more dell’entrata in operatività dell’Autorità, determinata con propria delibera, le funzioni e le competenze at­tribuite alla stessa ai sensi del presente articolo continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici com­petenti nei diversi settori interessati. A decorrere dalla stessa data l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Pre­sidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, istituito ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, è soppresso. Conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede alla riduzione della dotazione or­ganica del personale dirigenziale di prima e di seconda fascia in misura corrispondente agli uffici dirigenziali di livello generale e non generale soppressi. Sono, altresì, soppressi gli stanziamenti di bilancio destinati alle relative spese di funzionamento.
6-ter. Restano ferme le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’economia e delle fi­nanze nonché del CIPE in materia di approvazione di contratti di programma nonché di atti convenzionali, con particolare riferimento ai profili di finanza pubblica».
2. Alla legge 15 gennaio 1992, n. 21, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. È consentito ai comuni di prevedere che i titolari di licenza per il servizio taxi possano svolgere servizi integrativi quali il taxi ad uso collettivo o mediante altre forme di organizzazione del servizio»;
b) all’articolo 5-bis, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Per il servizio di taxi è consentito l’esercizio dell’attività anche al di fuori del territorio dei comuni che hanno rilasciato la licenza sulla base di accordi sottoscritti dai sindaci dei comuni interessati»;
c) all’articolo 10, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi possono essere sostituiti alla guida, nell’ambito orario del turno inte­grativo o nell’orario del turno assegnato, da chiunque abbia i requisiti di professionalità e moralità richiesti dalla normativa vigente».
3. All’articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2:
1) alla lettera c), sono soppresse le parole: «stradale ed»;
2) alla lettera e), sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «secondo i criteri e le metodologie stabiliti dalla competente Auto­rità di regolazione, alla quale è demandata la loro successiva approvazione»;
3) la lettera f) è sostituita dalla seguente:
«f) vigilanza sull’attuazione, da parte dei concessionari, delle leggi e dei regolamenti concernenti la tutela del patrimonio delle strade e delle autostrade statali, nonché la tutela del traffico e della segnaletica; vigilanza sull’adozione, da parte dei conces­sionari, dei provvedimenti ritenuti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade ed autostrade medesime»;
b) al comma 3:
1) alla lettera d), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché svolgere le attività di cui all’articolo 2, comma 1, letteref), g), h) ed i), del decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143»; 2) dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
«d-bis) approvare i progetti relativi ai lavori inerenti la rete stradale e autostradale di interesse nazionale, non sottoposta a pedaggio e in gestione diretta, che equivale a dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza ai fini dell’applicazione delle leggi in materia di espropriazione per pubblica utilità».

 

D.L. 24-1-2012 n. 1 
Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 gennaio 2012, n. 19, S.O.

Art. 37 Misure per il trasporto ferroviario
1.   L’autorità di cui all’articolo 36 nel settore del trasporto ferroviario definisce, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni e gli enti locali interessati, gli ambiti del servizio pubblico sulle tratte e le modalità di finanziamento. L’Autorità, dopo un congruo periodo di osservazione delle dinamiche dei processi di liberalizzazione, analizza l’efficienza dei diversi gradi di separazione tra l’impresa che gestisce l’infrastruttura e l’impresa ferroviaria, anche in relazione alle esperienze degli altri Stati membri dell’Unione europea e all’esigenza di tutelare l’utenza pendolare del servizio ferroviario regionale. In esito all’analisi, l’Autorità predispone, entro e non oltre il 30 giugno 2013, una relazione da trasmettere al Governo e al Parlamento.
2.   All’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, come modificato dall’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modifiche:
a)   le parole: «ed i contratti collettivi nazionali di settore» sono soppresse e la parola: «applicati» è sostituita dalla seguente: «applicate»;
b)   la lettera b-bis) è sostituita dalla seguente:
«b-bis) regolazione dei trattamenti di lavoro del personale definiti dalla contrattazione collettiva svolta dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale».

 

D.L. 6 luglio 2012, n. 95 
Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.
Art. 16-bis Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale
1. A decorrere dall’anno 2013 è istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Il Fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell’entrata, ed è stabilita, entro il 31 gen­naio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza delle risorse del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse:
a)     465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015;
b)     risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina, per l’anno 2011, di cui agli articoli 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale;
c)     risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo di cui all’articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui all’articolo 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1 sono abrogati:
a) il comma 12 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549;
b) i commi da 295 a 299 dell’articolo i della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni;
c) il comma 3 dell’articolo 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni;
d) il comma 3 dell’articolo 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicem­bre 2011, n. 214.
3. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro il 31 gennaio 2013, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo di cui al comma 1. I criteri sono definiti, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilità nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficien-te la programmazione e la gestione dei servizi medesimi mediante:
a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico;
b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata;
d) la definizione di livelli occupazionali appropriati;
e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica.
4. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 3, le regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali destinati a investimenti o a servizi in materia di trasporto pubblico locale e ferrovie regionali, procedono, in conformità con quanto stabilito con il medesimo decreto di cui al comma 3, all’adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulano i servizi a domanda debole e sostituiscono, entro centottanta giorni dalla predetta data, le modalità di trasporto da ritenere diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell’infrastruttura, previsto dall’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, con quelle più idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. A seguito della riprogrammazione, rimodulazione e sostituzione di cui al presente com­ma, i contratti di servizio già stipulati da aziende di trasporto, anche ferroviario, con le singole regioni a statuto ordinario, sono oggetto di revisione.
5. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da ema­nare, sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti. prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi, di cui al comma 4, nell’anno precedente. Per l’anno 2013 il riparto delle risorse è effettuato sulla base dei criteri e delle modalità previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 da parte delle regioni a statuto ordinario.
6. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 5, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, è ripartito a titolo di anticipazione tra le regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del Fondo di cui al comma 1. Le risorse ripartite sono oggetto di integrazio­ne, di saldo odi compensazione con gli anni successivi a seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera e), effettuate attraverso gli strumenti di monitoraggio. La relativa erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario è disposta con cadenza mensile.
7. A decorrere dal 1° gennaio 2013, le aziende di trasporto pubblico locale e le aziende esercenti servizi ferroviari di interesse regionale e locale trasmettono, per via telematica e con cadenza semestrale all’Osservatorio istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i dati economici e trasportistici, che lo stesso Osservatorio provvede a richiedere con adeguate garanzie di tutela dei dati commerciali sensibili, utili a creare una banca di dati e un sistema informativo per la verifica dell’andamento del settore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I dati devono essere certificati con le modalità indicate con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno. I contributi pubblici e i corrispettivi dei contratti di servizio non possono essere erogati alle aziende di trasporto pubblico e ferroviario che non trasmettono tali dati secondo le modalità indicate.
8.   Le risorse di cui al comma 1 non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di rego­lazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, il monitoraggio sui costi e sulle modalità complessive di erogazione del servizio in ciascuna regione è svolto dall’Osservatorio di cui al comma 7 del presente articolo, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3.
9.   La regione non può avere completo accesso al Fondo di cui al comma 1 se non assicura l’equilibrio economico della ge­stione e l’appropriatezza della gestione stessa, secondo i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono stabilite, per l’ipotesi di squilibrio economico:
a)   le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione dell’eventuale nomina di com­missari ad acta;
b)   la decadenza dei direttori generali degli enti e delle società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
c)   le verifiche sull’attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con l’eventuale nomina di commissari ad acta.

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 marzo 2013
Definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. (13A05483)
(GU n.148 del 26-6-2013)

IL PRESIDENTE  DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto il decreto legislativo n. 422/97 del 19 novembre 1997 con il quale sono stati conferiti alle regioni le funzioni ed i compiti in materia di Trasporto pubblico locale, anche ferroviario a norma dell'art. 4, comma 4 della Legge 15 marzo 1997, n. 59;
Visto il decreto legislativo n. 400/97 del 20 settembre 1999 modificativo ed integrativo del decreto legislativo n. 422/97 del 19 novembre 1997;
Visto l'art. 1, comma 300 della Legge 244/07 con il quale e' stato istituito l'Osservatorio per il trasporto pubblico locale;
Visto l'art. 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con il quale a decorrere dall'anno 2011 e' stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con dotazione di 400 milioni di euro annui, il cui utilizzo e' escluso dai vincoli del Patto di stabilita';
Visto l'art. 30, comma 3 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con il quale e' stato disposto l'incremento di 800 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2012, del fondo di cui all'art. 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
Visto l'art. 16-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosi' come sostituito dall'art. 1, comma 301 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il quale prevede che i criteri e le modalita' con cui ripartire e trasferire alle  regioni a statuto ordinario le risorse del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi, ai sensi dell'art. 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d'intesa con la
Conferenza unificata entro il 31 gennaio 2013;
Visto l'art. 3, comma 12 della legge 28 dicembre 1995, n. 549;
Visto l'art. 16-bis del citato decreto-legge n. 95/2012 secondo il quale i criteri di cui al comma 3 del medesimo articolo sono, in particolare, finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi relativi al  trasporto pubblico locale, anche ferroviario, mediante:
a) un'offerta di servizio piu' idonea, piu' efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico;
b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata;
d) la definizione di livelli occupazionali appropriati;
e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica;
Visto il comma 9 del richiamato art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 per effetto del quale «la regione non puo' avere completo accesso al fondo di cui al comma 1 se non assicura l'equilibrio economico della gestione e l'appropriatezza della gestione stessa, secondo i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3» dello stesso articolo.
Considerato il ruolo fondamentale svolto dall'Osservatorio istituito ai sensi dell'art. 1, comma 300 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 quale organismo tecnico di raccordo fra lo Stato centrale e gli enti territoriali ai fini del monitoraggio dei dati del settore.
Considerata, altresi', la necessita' di definire, d'intesa con le Regioni, percentuali di ripartizione iniziali delle risorse stanziate sul fondo che consentano un progressivo e strutturale efficientamento del settore evitando, nell'immediato, criticita' che possano incidere gravemente sulla regolarita' e continuita' dei servizi pubblicieserciti all'atto dell'entrata in vigore del presente D.P.C.M.;
Valutato pertanto opportuno prevedere modalita' che diano per un triennio certezza alle Regioni su una quota parte del fondo, pari al 90% dello stesso, da ripartire sulla base delle percentuali definite d'intesa con le Regioni stesse, subordinando la ripartizione della quota residua al raggiungimento annuale degli obiettivi fissati;
Acquisito il concerto del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'art. 16-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni con legge 7 Agosto 2012 n. 135, come sostituito dall'art. 1, comma 301 della legge 24 dicembre 2012 n.228;
Vista la proposta formulata con nota 5 febbraio 2012 alla segreteria della Conferenza unificata per acquisirne l'intesa diramata a tutte le amministrazioni interessate con nota CSR 855 P-4.23.2.13 del 5 febbraio 2013;
Vista il nuovo schema di D.P.C.M. contenente le modifiche discusse in sede tecnica nell'ambito della apposita riunione indetta dalla segreteria della Conferenza Unificata, diramato con nota CSR 902 P-4.23.2.13 del 6 febbraio 2013;
Vista l'intesa della Conferenza unificata (Rep. Atti n. 24/CU del 7 febbraio 2013) sancita nella seduta del 7 febbraio 2013 che prevede alcune modifiche, concordate in sede di conferenza, allo schema di D.P.C.M. diramato con la citata nota 6 febbraio 2013;
Decreta:
Art.1 Valutazione degli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione della programmazione e gestione del complesso dei servizi di TPL anche ferroviario Il soddisfacimento dell'obiettivo di cui al punto a) del richiamato art. 16-bis, finalizzato a conseguire "un'offerta di servizio piu' idonea, piu' efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico" e del punto c) finalizzato a conseguire "la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata" e' verificato attraverso l'incremento annuale del "load factor" calcolato su base regionale nella misura che sara' determinata in sede di revisione triennale del presente D.P.C.M. ai sensi del successivo art. 4. 
Nel primo triennio di applicazione l'obiettivo e' verificato attraverso l'incremento del 2,5% del numero dei passeggeri trasportati su base regionale, determinato anche attraverso la valutazione del numero dei titoli di viaggio. 
Il soddisfacimento dell'obiettivo di cui al punto b) del richiamato art. 16-bis, finalizzato a conseguire "il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi" e' verificato attraverso l'incremento, su base annua, rispetto all'anno precedente, del rapporto calcolato su base regionale tra ricavi da traffico e la somma dei ricavi da traffico e dei corrispettivi di servizio al netto della quota relativa all'infrastruttura di almeno lo 0,03 per rapporti di partenza inferiori o uguali allo 0,20 ovvero 0,02 per rapporti di partenza superiori allo 0,20 fino alla concorrenza del rapporto dello 0,35, ovvero attraverso il mantenimento o l'incremento del medesimo rapporto per  rapporti superiori. Tali valori saranno rideterminati in sede di revisione triennale del presente DPCM ai sensi del successivo art. 4.
Il soddisfacimento dell'obiettivo di cui al punto d) del richiamato art. 16-bis, finalizzato a conseguire "la definizione di livelli occupazionali appropriati" e' verificato attraverso il mantenimento o l'incremento dei livelli occupazionali di settore, ovvero, se necessario, mediante la riduzione degli stessi attuata con il blocco del turn over per le figure professionali non necessarie a garantire l'erogazione del servizio e/o con processi di mobilita' del personale verso aziende dello stesso o di altri settori ovvero di altre misure equivalenti che potranno essere successivamente definite. 
Il soddisfacimento dell'obiettivo di cui al punto e) del richiamato art. 16-bis, finalizzato a conseguire "la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica" e' verificato attraverso la trasmissione all'Osservatorio per il trasporto pubblico locale e alle regioni dei dati richiesti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti anche ai fini delle verifiche di cui ai punti precedenti. 
Alla verifica del soddisfacimento degli obiettivi di cui ai precedenti commi, relativi all'intero complesso dei servizi TPL anche ferroviari, provvede il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con le modalita' di cui al successivo art. 5. 
Gli obiettivi di cui ai punti precedenti si considerano raggiunti anche mediando il risultato annuale con i risultati del biennio precedente.
Art.2 Ripartizione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato  agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario
Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata, sono ripartire entro il 30 giugno di ciascun anno le risorse stanziate sul Fondo.
La ripartizione delle risorse di cui al comma precedente e' effettuata per il 90 % sulla base delle percentuali riportate sulla Tabella 1 e per il residuo 10% sulla base di quanto previsto al successivo art. 3.
A decorrere dall'anno 2015 la percentuale da ripartire sulla base di quanto previsto al successivo Articolo 3 e' incrementata biennalmente di due punti percentuali, con conseguente riduzione della quota inizialmente prevista nella misura del 90 % del fondo.
A titolo di anticipazione il 60% delle risorse stanziate sul Fondo e' ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali di cui alla Tabella 1 e con le modalita' indicate al comma 6 dell'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
Il residuo 40% delle risorse stanziate sul fondo, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 1, e' erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno.
Con le medesime modalita' le regioni provvedono ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.
Art.3 Riparto quota risorse subordinata al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 1
La quota del 10% delle risorse stanziate sul Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario e' attribuita a ciascuna regione prendendo a riferimento la percentuale di cui alla Tabella 1.
Qualora la regione raggiunga tutti gli obiettivi indicati all'art. 1, la quota di cui al comma precedente e' assegnata integralmente.
Nel caso in cui gli obiettivi di cui all'art. 1 sono raggiunti parzialmente, alla regione e' assegnata parte della quota di cui al comma 1, con le percentuali di seguito riportate:
a) 30% per un'offerta di servizio piu' idonea, piu' efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico e per la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata;
b) 60% per il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
c) 10% per la definizione di livelli occupazionali appropriati;
Alla verifica del soddisfacimento degli obiettivi di cui ai precedenti commi si provvede ai sensi del successivo art. 5. 
Qualora la regione non trasmetta all'osservatorio per il trasporto pubblico locale i dati richiesti dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, anche ai fini delle verifiche di cui all'art. 1, la quota di cui al comma 1 non viene assegnata. 
Per l'anno 2013 ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell'art. 16-bis del decreto-legge 95/12 gli obiettivi di cui al comma precedente si considerano soddisfatti mediante l'adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 del medesimo art. 16-bis entro quattro mesi dall'emanazione del presente D.P.C.M.. A tal fine, le Regioni trasmettono al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed all'Osservatorio per le politiche del TPL entro 130 giorni dalla data di emanazione del presente D.P.C.M. copia dei provvedimenti adottati ed i dati istruttori da cui risulta eseguito la riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale.
Art. 4 Adempimenti successivi
Con D.P.C.M. emanato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi, ai sensi dell'art. 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d'intesa con la Conferenza Unificata le percentuali di ripartizione di cui alla Tabella I sono rideterminate con cadenza triennale a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base dei dati trasportistici ed economici acquisiti ed elaborati dall'Osservatorio per il TPL.
In fase di prima applicazione, le percentuali della Tabella I, per i soli anni 2014 e 2015, sono adeguate annualmente entro il 31 dicembre dell'anno precedente su proposta della Conferenza delle regioni e Province autonome previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Le risorse del fondo che, a seguito delle verifiche di cui all'art. 1 non possono essere ripartite ai sensi del precedente art. 3, sono destinate ad investimenti diretti a migliorare la qualita' e la sicurezza dei servizi di TPL e ferroviari regionali, ovvero ad ammortizzatori sociali per i lavoratori del settore. 
A tal fine, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata si provvede al riparto, con cadenza biennale, di tali risorse tra le regioni, in relazione al grado di  raggiungimento degli obiettivi da parte di ciascuna regione, nel medesimo biennio.
Art. 5 Monitoraggio e verifiche a regime

Alla verifica del soddisfacimento degli obiettivi di cui ai precedenti articoli provvede il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avvalendosi dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale istituito ai sensi dell'art. 1, comma 300 della legge 244/2007.
A tal fine le regioni, entro il 15 giugno di ciascun anno, a partire dall'anno 2014, trasmettono al Ministero delle Infrastrutture ed  all'Osservatorio i risultati della attivita' di riprogrammazione dei servizi effettuata nell'anno precedente sull'intero comparto del TPL e del servizio ferroviario regionale al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 1.
Lo 0,025% delle quote spettanti alle regioni a valere sul Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri per il trasporto pubblico locale, ai sensi degli articoli 2 e 3 e' accantonato annualmente per essere destinato alla creazione della banca dati ed al sistema informativo pubblico nelle diverse istanze centrali e periferiche regionali necessari al funzionamento dell'Osservatorio di cui al comma 1.
Art. 6 Aggiornamento

Laddove se ne ravvisi l'esigenza, i contenuti del presente D.P.C.M. sono aggiornati con le medesime procedure previste al comma 3 del richiamato art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 e s.m.i. Roma, 11 marzo 2013
Tabella 1
Percentuali di riparto base
|==========================================|
Regione |
|==========================================|
| Abruzzo | 2,69 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Basilicata | 1,55 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Calabria | 4,31 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Campania | 11,11 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Emilia Romagna | 7,35 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Lazio | 11,68 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Liguria | 4,09 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Lombardia | 17,30 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Marche | 2,18 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Molise | 0,71 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Piemonte | 9,84 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Puglia | 8,10 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Toscana | 8,81 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Umbria | 2,03 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Veneto | 8,24 % |
|------------------------------------------|------------------------|
| Totale | 100,00 % |
|===================================

 



REPUBBLICA ITALIANA  IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promossi dalla Regione Veneto con ricorsi notificati il 12 ottobre 2012 e il 27 febbraio 2013, depositati in cancelleria il 17 ottobre 2012 e il 5 marzo 2013 ed iscritti al n. 151 del registro ricorsi 2012 ed al n. 34 del registro ricorsi 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
uditi gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 12 ottobre 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 17 ottobre 2012 (r. ric. n. 151 del 2012), la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
2.– Con ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 5 marzo 2013 (r. ric. n. 34 del 2013), la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha integralmente sostituito l’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012.
3.– La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’art. 16-bis dell’impugnato decreto-legge, censurato dalla ricorrente Regione Veneto sia nella versione originariamente introdotta, in sede di conversione, dalla legge n. 135 del 2012, sia nella versione vigente, introdotta dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012.
4.– L’art. 16-bis citato viene censurato dalla Regione ricorrente, con il primo ricorso, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’art. 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
Le norme impugnate definiscono i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, già istituito dall’art. 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e rifinanziato dall’art. 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Il testo dell’impugnato art. 16-bis del richiamato d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, è il seguente: «1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, ai sensi dell’articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 ottobre 2012, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. I criteri sono, in particolare, finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi relativi al trasporto pubblico locale, anche ferroviario, mediante: a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. 2. Le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 e 30, comma 3, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, e le risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio prevista dagli articoli 1, commi da 295 a 297, della legge n. 244 del 2007, una volta definiti i criteri di cui al comma 1, non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario».
Osserva la Regione Veneto ricorrente che le disposizioni impugnate disciplinerebbero un fondo a destinazione vincolata nella materia «trasporto pubblico locale», riconducibile alla potestà legislativa regionale residuale, violando conseguentemente sia l’art. 117 Cost. (che disciplina il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione), sia l’art. 119 Cost. (che disciplina l’autonomia finanziaria regionale). Al riguardo, è richiamata la giurisprudenza della Corte che ha affermato che «non sono […] consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza n. 50 del 2008; sono menzionate anche le sentenze n. 99 del 2009 e n. 452 del 2007).
Oltre agli evocati parametri costituzionali (artt. 117 e 119 Cost.), la ricorrente deduce il contrasto delle norme impugnate con gli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del d.lgs. n. 68 del 2011, che avrebbero determinato la soppressione, a decorrere dall’anno 2013, «dei trasferimenti statali alle regioni, aventi carattere di generalità e permanenza, relativi al trasporto pubblico locale e la conseguente fiscalizzazione degli stessi trasferimenti».
Infine, la Regione Veneto asserisce che il comma 2 dell’impugnato art. 16-bis, nella parte in cui prevede che le risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio – disciplinata dall’art. 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) – siano destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale, si porrebbe in contrasto con l’art. 119 Cost., con l’art. 7, comma 1, lettera e), della legge n. 42 del 2009, e con l’art. 1, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 68 del 2011, che prevedono che le Regioni «dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio», i quali «devono essere senza vincolo di destinazione».
5.– Con atto depositato il 21 novembre 2012, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto sia dichiarato inammissibile o infondato.
Osserva l’Avvocatura dello Stato che l’emendamento inserito in sede di conversione dell’impugnato decreto-legge compensa le lacune dell’originaria versione del provvedimento che prevedeva un cospicuo taglio dei trasferimenti alle Regioni, rischiando conseguentemente di incidere sulla funzionalità del trasporto pubblico locale. Al fine di ovviare a questi rischi, il vincolo di destinazione delle risorse destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale costituirebbe, quindi, una garanzia per gli enti territoriali, senza porsi in contrasto con alcuna norma o principio costituzionale.
6.– Rileva la Regione Veneto ricorrente che le disposizioni impugnate sono state integralmente sostituite dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha anzitutto istituito, a decorrere dall’anno 2013, il «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell’entrata e stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza del fondo alle risorse stanziate per gli anni 2013-2015 derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina e dal fondo precedentemente istituito dal richiamato art. 21, comma 3, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e modificato dall’art. 30, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011.
Nel contempo, l’art. 16-bis, comma 2, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, dispone l’abrogazione, a decorrere dall’entrata in vigore del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, delle norme che disciplinano le richiamate fonti di finanziamento del menzionato fondo previgente, nonché, fissata la nuova aliquota di compartecipazione regionale, delle disposizioni relative alla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina e delle disposizioni istitutive e di rifinanziamento del fondo originariamente istituito.
Vengono infine confermati i criteri e le modalità – già previsti per il fondo preesistente – con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del fondo istituito e viene confermato il vincolo di destinazione delle risorse previste per il finanziamento del trasporto pubblico locale, subordinando l’accesso delle Regioni alla dotazione del fondo stesso al conseguimento di determinati parametri di razionalizzazione ed efficientamento della gestione economica e dei servizi erogati (art. 16-bis, commi 3-9, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012).
Il testo dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, è il seguente: «1. A decorrere dall’anno 2013 è istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Il Fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell’entrata, ed è stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza delle risorse del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse: a) 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015; b) risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina, per l’anno 2011, di cui agli articoli 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale; c) risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo di cui all’articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui all’articolo 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1 sono abrogati: a) il comma 12 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549; b) i commi da 295 a 299 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni; c) il comma 3 dell’articolo 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni; d) il comma 3 dell’articolo 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 3. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro il 31 gennaio 2013, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo di cui al comma 1. I criteri sono definiti, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilità nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi medesimi mediante: a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. 4. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 3, le regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali destinati a investimenti o a servizi in materia di trasporto pubblico locale e ferrovie regionali, procedono, in conformità con quanto stabilito con il medesimo decreto di cui al comma 3, all’adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulano i servizi a domanda debole e sostituiscono, entro centottanta giorni dalla predetta data, le modalità di trasporto da ritenere diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell’infrastruttura, previsto dall’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, con quelle più idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. A seguito della riprogrammazione, rimodulazione e sostituzione di cui al presente comma, i contratti di servizio già stipulati da aziende di trasporto, anche ferroviario, con le singole regioni a statuto ordinario, sono oggetto di revisione. 5. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi, di cui al comma 4, nell’anno precedente. Per l’anno 2013 il riparto delle risorse è effettuato sulla base dei criteri e delle modalità previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 da parte delle regioni a statuto ordinario. 6. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 5, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, è ripartito a titolo di anticipazione tra le regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del Fondo di cui al comma 1. Le risorse ripartite sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera e), effettuate attraverso gli strumenti di monitoraggio. La relativa erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario è disposta con cadenza mensile. 7. A decorrere dal 1° gennaio 2013, le aziende di trasporto pubblico locale e le aziende esercenti servizi ferroviari di interesse regionale e locale trasmettono, per via telematica e con cadenza semestrale all’Osservatorio istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i dati economici e trasportistici, che lo stesso Osservatorio provvede a richiedere con adeguate garanzie di tutela dei dati commerciali sensibili, utili a creare una banca di dati e un sistema informativo per la verifica dell’andamento del settore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I dati devono essere certificati con le modalità indicate con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno. I contributi pubblici e i corrispettivi dei contratti di servizio non possono essere erogati alle aziende di trasporto pubblico e ferroviario che non trasmettono tali dati secondo le modalità indicate. 8. Le risorse di cui al comma 1 non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, il monitoraggio sui costi e sulle modalità complessive di erogazione del servizio in ciascuna regione è svolto dall’Osservatorio di cui al comma 7 del presente articolo, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3. 9. La regione non può avere completo accesso al Fondo di cui al comma 1 se non assicura l’equilibrio economico della gestione e l’appropriatezza della gestione stessa, secondo i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono stabilite, per l’ipotesi di squilibrio economico: a) le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione dell’eventuale nomina di commissari ad acta; b) la decadenza dei direttori generali degli enti e delle società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale; c) le verifiche sull’attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con l’eventuale nomina di commissari ad acta».
7.– Con memoria depositata in data 29 maggio 2013, la Regione Veneto ha ribadito le conclusioni già precedentemente rassegnate.
8.– Con il secondo ricorso (r. ric. n. 34 del 2013), la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012.
8.1.– La Regione ricorrente articola ulteriormente le doglianze già rivolte, con il primo ricorso, alle disposizioni originariamente impugnate, anche in relazione alle norme sopravvenute, deducendo anzitutto la violazione degli artt. 117 e 119 Cost., in quanto il fondo istituito, sebbene incidente su materia di competenza residuale delle Regioni, sarebbe esclusivamente destinato al finanziamento del trasporto pubblico locale.
8.2.– Con un secondo ordine di censure, la Regione Veneto lamenta che le norme impugnate, nel disciplinare i processi decisionali afferenti al riparto del fondo, non prevedrebbero il ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata, violando, in tal modo, l’art. 120 Cost. e il principio di leale collaborazione, non essendo previsto un adeguato coinvolgimento delle Regioni a statuto ordinario; ciò con riferimento ai seguenti commi dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012: comma 1, nella parte in cui, nel rideterminare le aliquote di compartecipazione regionale al gettito erariale dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina, non prevede – come invece disponeva l’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’art.10 della legge 13 maggio 1999, n. 133) – il ricorso all’intesa in sede di Conferenza; comma 5, a tenore del quale la ripartizione delle risorse del fondo è rimessa ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; comma 6, il quale prevede che, nelle more dell’emanazione del menzionato decreto, un ulteriore decreto emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, provveda al riparto del fondo a titolo di anticipazione a favore delle regioni a statuto ordinario, per un ammontare pari al 60 per cento del fondo stesso (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 222 del 2005; n. 49 e n. 16 del 2004; n. 370 del 2003).
8.3.– Con un terzo ordine di censure, la Regione Veneto deduce la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto le norme impugnate, precludendo l’adeguata partecipazione delle Regioni alle scelte del legislatore attinenti alla materia «trasporto pubblico locale», finirebbero per ledere anche il generale parametro di ragionevolezza e razionalità, nonché il principio di buon andamento, ostacolando il perseguimento, nell’ambito degli interventi regionali afferenti alla mobilità e al trasporto pubblico, degli obiettivi di economicità, rapidità, efficacia ed efficienza sussumibili dal parametro costituzionale da ultimo invocato.
8.4.– Infine, sull’assunto che l’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 determini effetti irreversibili sul trasporto pubblico regionale, innescando un processo regressivo in termini di redistribuzione delle risorse e recando, in tal modo, un grave ed irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico e ai diritti dei cittadini, la Regione Veneto ha rassegnato le proprie conclusioni proponendo istanza di sospensione dell’esecuzione delle norme impugnate, ai sensi dell’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3). La ricorrente chiede quindi che, in accoglimento del ricorso, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate.
9.– Con atto depositato il 20 marzo 2013, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto sia dichiarato inammissibile o infondato.
9.1.– Deduce anzitutto l’Avvocatura dello Stato l’infondatezza della censura riferita agli artt. 117 e 119 Cost., atteso che il fondo istituito dall’impugnato art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 sarebbe riconducibile alle «risorse aggiuntive», previste dall’art. 119, quinto comma, Cost., che lo Stato può ben destinare agli enti territoriali per conseguire specifici obiettivi di coesione e solidarietà sociale (sono richiamate le sentenze n. 14, n. 16, n. 49, n. 423 del 2004; n. 77 del 2005). Ne conseguirebbe che, stando allo stesso tenore letterale della disposizione costituzionale in parola («lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni»), il fondo istituito non potrebbe che essere soggetto a specifico vincolo di destinazione.
9.2.– Quanto all’asserita lesione dell’art. 120 Cost. e del principio di leale collaborazione, la difesa erariale osserva che le disposizioni impugnate garantirebbero la piena partecipazione delle Regioni ai processi decisionali inerenti al riparto del fondo istituito, essendo espressamente prevista dall’art. 16-bis, comma 3, nel testo vigente, l’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini della definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del fondo in parola.
9.3.– Quanto, infine, alla dedotta violazione degli artt. 3 e 97 Cost., osserva l’Avvocatura dello Stato che le disposizioni impugnate, assicurando la partecipazione delle Regioni interessate alla predisposizione dei criteri e delle modalità di assegnazione delle risorse stanziate, non lederebbero il principio costituzionale di buon andamento, né quello di ragionevolezza, posta la piena compatibilità tra il contenuto precettivo delle norme impugnate e la causa normativa che le assiste: il fondo sarebbe stato infatti istituito dal legislatore a garanzia delle ragioni di tutela del trasporto pubblico locale, tenendo conto anche di parametri di efficientamento del servizio offerto. Ne conseguirebbe la ragionevolezza delle norme censurate, stante la congruità dello strumento utilizzato rispetto ai fini perseguiti dal legislatore, anche sotto il profilo delle compatibilità economiche (è richiamata la sentenza n. 299 del 2012).
9.4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo, stante l’insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, il rigetto dell’istanza di sospensione cautelare delle norme impugnate, e, nel merito, che il ricorso sia dichiarato infondato.

Considerato in diritto
1.– Con due ricorsi, la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), censurato sia (con ricorso registrato al n. 151 del 2012) nella versione introdotta dalla legge di conversione (legge 7 agosto 2012, n. 135), sia (con ricorso registrato al n. 34 del 2013) nella versione vigente introdotta dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha integralmente sostituito le norme originariamente impugnate.
Stante l’evidente connessione esistente tra i due ricorsi, aventi ad oggetto la stessa materia e motivi identici, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
2.– Con il primo ricorso, oltre ad altre disposizioni del medesimo decreto-legge, è impugnato l’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 135 del 2012, entrato in vigore il 15 agosto 2012, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’art. 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
In via preliminare, occorre rilevare che le disposizioni originariamente censurate sono state oggetto di integrale sostituzione in epoca successiva al promovimento del primo giudizio di legittimità costituzionale per effetto dell’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2013, e sono rimaste pertanto vigenti soltanto sino all’entrata in vigore della disciplina sopravvenuta.
In secondo luogo, le norme impugnate, rimaste in vigore per poco più di quattro mesi, non hanno introdotto misure di efficacia immediata, presupponendo questa l’emanazione – mai avvenuta – di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal comma 1 dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, ai fini della definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire e trasferire effettivamente alle Regioni le risorse del fondo precedentemente istituto e successivamente rifinanziato per il trasporto pubblico locale.
Riguardo alla questione di legittimità costituzionale del testo originario dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ricorrono pertanto le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte perché sia dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 68 del 2013; n. 193 e n. 32 del 2012; n. 325 del 2011).
3.– Con il secondo ricorso, è impugnato l’art. 16-bis del d.l. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, per violazione, anzitutto, degli artt. 3 e 97 Cost.
La questione è inammissibile.
Questa Corte ha più volte affermato che, nei giudizi in via principale, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze e possono invocare altri parametri soltanto ove la violazione di questi comporti una lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis, sentenze n. 300 e n. 151 del 2012; n. 341, n. 246 e n. 99 del 2009; n. 286 del 2004).
Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto la ricorrente Regione Veneto si limita ad affermare genericamente che la mancata partecipazione dei soggetti direttamente interessati alla corretta attuazione di funzioni di propria competenza finirebbe per ledere i generali parametri di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione. Le censure della Regione ricorrente riferite agli artt. 3 e 97 Cost. sono, pertanto, insufficientemente motivate circa la loro ridondanza in una lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione stessa (ex plurimis, per analoghe ragioni di inammissibilità, sentenze n. 300 e n. 151 del 2012; n. 341, n. 246 e n. 99 del 2009).
4.– L’art. 16-bis del d.l. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, è censurato anche per violazione degli articoli 117 e 119 Cost.
La questione non è fondata.
4.1.– La decisione della questione implica la previa individuazione della materia alla quale va ricondotta la disciplina in esame, avendo riguardo all’oggetto e alla regolamentazione stabilita dalle norme impugnate, tenendo conto della loro ratio, della finalità che si propongono di perseguire, del contesto nel quale sono state emanate ed identificando l’interesse tutelato (tra le tante, sentenze n. 10 del 2010 e n. 322 del 2009).
In via preliminare, va osservato che le disposizioni in questione si limitano ad istituire un fondo per assicurare una finalità genericamente individuata nel concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, senza vincolare il legislatore regionale ad uno specifico impiego delle risorse stanziate nell’ambito del suddetto settore materiale, ascrivibile alla potestà legislativa regionale residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sulla potestà legislativa regionale residuale in materia di trasporto pubblico locale, sentenze n. 142 del 2008, n. 452 del 2007, n. 80 del 2006, n. 222 del 2005).
4.2.– Al fine di inquadrare correttamente le questioni proposte, occorre fornire un breve cenno sulla complessa normativa in materia di finanziamento del trasporto pubblico locale.
Nella fase antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle Regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), successivamente modificato dal decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale), tuttora vigente, ha ridisciplinato l’intero settore del trasporto pubblico locale, conferendo alle Regioni ed agli enti locali funzioni e compiti relativi a tutti i «servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati» ed escludendo solo i trasporti pubblici di interesse nazionale (articoli 1 e 3).
La disciplina richiamata stabilisce che ogni Regione, in relazione ai servizi minimi (qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini), ai piani regionali di trasporto e al tasso programmato d’inflazione, costituisca annualmente un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia dalle risorse proprie sia da quelle statali trasferite (art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 422 del 1997). In particolare, l’art. 1, comma 8, lettere a) e b), del successivo decreto legislativo n. 400 del 1999 hanno, rispettivamente, modificato l’art. 20, comma 2, e introdotto un comma 7-bis nello stesso art. 20 del decreto legislativo n. 422 del 1997, stabilendo che, nel trasferimento di risorse che consegue al conferimento di funzioni nell’ambito materiale del trasporto pubblico locale, deve essere garantito un determinato livello di servizio, in condizioni di omogeneità, tenendo conto anche del volume di passeggeri trasportati.
Nonostante i successivi interventi del legislatore, volti ad introdurre elementi di fiscalizzazione delle risorse per il finanziamento del trasporto pubblico locale, secondo il principio di territorialità, attribuendo alle regioni a statuto ordinario quote dell’accisa sulla benzina, sulla benzina senza piombo per autotrazione e sul gasolio per autotrazione, in misura tale da assicurare importi complessivi predeterminati, mediante il progressivo adeguamento delle misure delle suddette compartecipazioni, il legislatore statale ha costantemente garantito il proprio contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale, ritenendo imprescindibile la finalità di assicurare livelli di omogeneità nella fruizione del servizio sull’intero territorio, anche mediante l’istituzione di appositi fondi a destinazione vincolata, come dimostra la sequenza di disposizioni contenute in ben cinque decreti-legge – convertiti in legge e peraltro mai oggetto di impugnazione – che sono intervenuti in materia negli ultimi due anni: art. 21, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; art. 21, comma 3, del richiamato decreto-legge n. 98 del 2011; art. 13, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; art. 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 27, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14; art. 34-undecies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
In sintesi, dall’entrata in vigore dell’art. 20 del decreto legislativo n. 422 del 1997 – come visto, tuttora vigente – ad oggi, la disciplina di finanziamento del trasporto pubblico locale ha previsto il concorso di diverse fonti: risorse proprie della Regione, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e risorse trasferite mediante fondi istituiti a vario titolo, anche nella fase successiva alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Le norme istitutive e di rifinanziamento di questi ultimi hanno superato indenni lo scrutinio di costituzionalità di questa Corte (n. 222 del 2005), legittimando la persistente vigenza di disposizioni che, a vario titolo, assicurano contributi statali ai fini di un limitato concorso alle spese per il finanziamento del trasporto pubblico locale (a cui si aggiungono compartecipazioni e risorse proprie).
Sempre in via preliminare, occorre poi osservare che la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) – dichiaratamente rivolta all’attuazione dell’art. 119 Cost. – e il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) non hanno ancora trovato compiuta attuazione, con particolare riferimento alle rinnovate modalità di trasferimento alla fiscalità regionale del finanziamento del trasporto pubblico locale (art. 7, comma 1, lettera e, della legge n. 42 del 2009; artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011).
In particolare, non è stato ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri cui l’art. 13, comma 4, del decreto legislativo n. 68 del 2011 demanda la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale, nonché dei livelli adeguati del servizio, anche nella materia da ultimo richiamata, previsti all’articolo 8, comma 1, lettera c), della citata legge n. 42 del 2009.
L’intero processo di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia che le Regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi, nonché degli obiettivi di servizio, sulla base della determinazione dei costi e fabbisogni standard, è poi rimesso, dal successivo comma 6 dello stesso art. 13 del d.lgs. n. 68 del 2011, alla Società per gli studi di settore – SOSE s.p.a., in collaborazione con l’ISTAT e avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) delle Regioni, secondo la metodologia e il procedimento di determinazione di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province).
I richiamati procedimenti, allo stato attuale ben lungi dal concludersi, costituiscono pertanto condizione necessaria ai fini della compiuta attuazione del sistema di finanziamento delle funzioni degli enti territoriali previsto dall’art. 119 Cost. Ciò determina la perdurante in attuazione di quanto previsto in materia dalla legge n. 42 del 2009, che non può non riflettersi sull’attuazione dell’art. 119 Cost., la quale, quantomeno sotto questo profilo, può dirsi ancora incompiuta.
4.3.– In questo quadro normativo di riferimento vanno inserite le norme impugnate, censurate per l’asserita violazione degli artt. 117 e 119 Cost., atteso che l’art. 16-bis, comma 1, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, quale sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, istituisce il «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito e stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza della dotazione del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse: a) 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015; b) risorse derivanti da previgenti compartecipazioni al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e all’accisa sulla benzina, quale fissata per l’anno 2011, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale (previste dall’art. 1, commi da 295 a 299, della legge n. 244 del 2007, e dall’art. 3, comma 12, della legge n. 549 del 1995); c) risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo per il finanziamento di spese indifferibili per l’anno 2011 (fondo precedentemente istituito dall’art. 21, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e rifinanziato dall’art. 30, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011).
Da quanto esposto consegue che, al momento, pur non potendo dirsi determinato né il livello essenziale delle prestazioni del trasporto pubblico locale, né il livello adeguato di servizio, l’esigenza di assicurare la garanzia di uno standard di omogeneità nella fruizione del servizio su tutto il territorio nazionale ha richiesto il costante concorso del legislatore statale al finanziamento delle funzioni riconducibili alla materia in cui si controverte nel presente giudizio.
Quanto a norme istitutive di fondi vincolati totalmente o parzialmente riconducibili al «trasporto pubblico locale», questa Corte ha censurato la disciplina statale limitatamente alla mancanza dell’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del decreto ministeriale per la determinazione dei criteri e delle modalità di riparto delle risorse (sentenza n. 222 del 2005), rigettando, invece, le censure mosse in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. In particolare, nel precedente da ultimo richiamato, questa Corte ha affermato che «nella perdurante situazione di mancata attuazione delle prescrizioni costituzionali in tema di garanzia dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali, e del vigente finanziamento statale nel settore del trasporto pubblico locale, la disciplina di riferimento è ancora contenuta nell’art. 20 del d.lgs. n. 422 del 1997» (ancora vigente) «che disciplina le modalità di trasferimento delle risorse erogate dallo Stato», e ha pertanto concluso che «ciò appare sufficiente a giustificare l’intervento finanziario dello Stato e la sua relativa disciplina legislativa» (sentenza n. 222 del 2005).
È vero che, con la citata sentenza, questa Corte si è pronunciata su ricorsi proposti nella fase di «perdurante situazione di mancata attuazione» dell’art. 119 Cost.; ciononostante le considerazioni svolte in quella decisione, e dirette a rigettare le censure mosse in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. avverso norme analoghe a quelle oggi sottoposte allo scrutinio di questa Corte, ben si attagliano anche al caso in esame, stante la perdurante in attuazione della legge n. 42 del 2009 e del decreto legislativo n. 68 del 2011. Infatti, il mancato completamento della transizione ai costi e fabbisogni standard, funzionale ad assicurare gli obiettivi di servizio e il sistema di perequazione, non consente, a tutt’oggi, l’integrale applicazione degli strumenti di finanziamento delle funzioni regionali previsti dall’art. 119 Cost.
Al riguardo, questa Corte ha ben presente il disposto dell’art. 119, quarto comma, Cost., secondo cui le funzioni attribuite alle Regioni sono finanziate integralmente dalle fonti di cui allo stesso art. 119 (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio e risorse derivanti da un fondo perequativo). Non vanno quindi accolti i rilievi dell’Avvocatura dello Stato, che ha dedotto l’infondatezza delle censure riferite agli artt. 117 e 119 Cost., riconducendo il Fondo istituito dalle norme impugnate alle «risorse aggiuntive», previste dall’art. 119, quinto comma, Cost., che lo Stato ben potrebbe destinare agli enti territoriali per conseguire specifici obiettivi di coesione e solidarietà sociale, e, in quanto tali, necessariamente soggette a specifico vincolo di destinazione. Dalla suesposta descrizione delle caratteristiche strutturali e funzionali del Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale si desume che lo stesso non è riconducibile a nessuno degli strumenti di finanziamento previsti dall’art. 119 Cost. In particolare, come affermato da questa Corte in riferimento a norme istitutive di fondi analoghi, la “generalità” dei destinatari delle risorse – essendo le stesse ripartite, per quanto interessa, tra “tutti” gli enti regionali – nonché le finalità perseguite consistenti nel finanziamento di funzioni pubbliche regionali, determinano una deviazione sia dal modello del Fondo perequativo da istituire senza vincoli di destinazione – che deve essere indirizzato ai soli «territori con minore capacità fiscale per abitante» (art. 119, terzo comma, Cost.) – sia dalla sfera degli «interventi speciali» e delle «risorse aggiuntive», che lo Stato destina esclusivamente a «determinate» Regioni per finalità enunciate dalla norma costituzionale o comunque per «scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (art. 119, quinto comma, Cost.: ex plurimis, sentenze n. 451 del 2006; n. 107 del 2005; n. 423, n. 320, n. 49 e n. 16 del 2004).
Ritiene, peraltro, questa Corte che, nella sottolineata perdurante inattuazione della legge n. 42 del 2009, che non può non tradursi in incompiuta attuazione dell’art. 119 Cost., l’intervento dello Stato sia ammissibile nei casi in cui, come quello di specie, esso risponda all’esigenza di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011). Come questa Corte ha già avuto modo di precisare in relazione a norme censurate analoghe a quelle in esame, siffatti interventi si configurano, appunto, come «portato temporaneo della perdurante inattuazione dell’art. 119 Cost. e di imperiose necessità sociali, indotte anche dalla attuale grave crisi economica nazionale e internazionale» (sentenza n. 121 del 2010), che ben possono tutt’oggi essere ritenute giustificazioni sufficienti per legittimare l’intervento del legislatore statale limitativo della competenza legislativa residuale delle Regioni nella materia del trasporto pubblico locale, allo scopo, appunto, di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011).
Le suindicate finalità e il contesto nel quale è stato realizzato l’intervento del legislatore statale diretto a garantire un contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale, per garantire quelle esigenze di omogeneità nella fruizione del servizio che rispondono ad inderogabili esigenze unitarie, valgono pertanto a differenziare la fattispecie in esame dalle ipotesi, soltanto apparentemente omologhe, in cui il legislatore statale, in materia di competenza regionale, prevede finanziamenti vincolati, ovvero rimette alle Regioni una determinata materia pretendendo poi di fissare anche la relativa disciplina (sentenza n. 10 del 2010).
5.– Occorre ora prendere in esame le censure mosse avverso l’art. 16-bis, commi 1, 5 e 6, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, per violazione dell’art. 120 Cost. e del principio di leale collaborazione.
La questione non è fondata.
5.1.– Quanto all’impugnato comma 1, le censure si appuntano sulla mancata previsione dell’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di determinazione dell’aliquota di compartecipazione al gettito dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.
Al riguardo, va rilevato che, ancorché il legislatore utilizzi il termine «compartecipazione», nella richiamata disciplina del fondo prevista dall’impugnato comma 1, non si riscontra una compartecipazione delle Regioni al gettito di tributi erariali riferibile ai territori regionali ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., quanto piuttosto una “compartecipazione” al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina da parte del fondo istituito nel bilancio dello Stato. Detto fondo, infatti, “compartecipa” direttamente del gettito delle accise, nella misura determinata da un’aliquota che varia in maniera inversamente proporzionale al variare del gettito, in misura tale da assicurare, per ogni anno, l’equivalenza della dotazione del fondo alla somma delle tre voci che, in base al quadro normativo previgente, erano destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale.
La circostanza che vi sia corrispondenza tra il gettito delle accise e l’aliquota mediante la quale determinare le risorse destinate ad alimentare la dotazione del fondo non vale a qualificare tale modalità di finanziamento come “compartecipazione” ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., in quanto il gettito delle accise non va direttamente alle Regioni. Né – soprattutto – la norma impugnata richiama in alcun modo l’elemento della territorialità sulla cui base l’art. 119 Cost. qualifica invece la natura delle compartecipazioni stesse, come affermato da questa Corte (tra le tante, sentenze n. 423, n. 37 e n. 17 del 2004).
È ben vero – come asserisce la ricorrente – che le Regioni non risultano coinvolte nel processo di determinazione dell’aliquota di compartecipazione al gettito delle accise e, conseguentemente, delle risorse che vanno ad alimentare il fondo. Ciò si giustifica, tuttavia, in ragione dell’automatismo della disciplina di determinazione della dotazione del fondo, alimentato unilateralmente ed esclusivamente da risorse statali in maniera tale da determinare l’equivalenza della dotazione del fondo stesso alla somma delle tre voci precedentemente destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale.
Ne consegue che l’impugnato comma 1 non è lesivo del principio di leale collaborazione, posta l’evidente sussistenza della competenza statale a disciplinare il fondo nei termini suddetti, che non incide su alcuna competenza della Regione e rende pertanto inapplicabile, nella specie, l’invocato principio di leale collaborazione (sentenza n. 297 del 2012).
5.2.– È censurato anche il comma 5 dello stesso art. 16-bis, il quale prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, siano ripartite le risorse del fondo istituito, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi adottato da ciascuna Regione ai sensi di quanto previsto dal comma 4.
La ricorrente lamenta il mancato ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del suddetto decreto.
Va osservato che, ai fini del riparto e del concreto trasferimento delle risorse, la disposizione impugnata si configura in termini meramente applicativi dei puntuali criteri concordati, previa intesa in sede di Conferenza, secondo il procedimento disciplinato dal precedente comma 3, informato al rispetto del principio di leale collaborazione, considerato che individua nell’intesa il presupposto necessario ai fini del pieno coinvolgimento delle Regioni nella determinazione dei criteri da adottare per l’attribuzione delle risorse.
Questa Corte, infatti, ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme che disciplinavano i criteri e le modalità ai fini del riparto o della riduzione di fondi e trasferimenti destinati ad enti territoriali, nella misura in cui, rinviando a fonti secondarie di attuazione, non prevedevano “a monte” lo strumento dell’intesa con la Conferenza unificata non solo in caso di intreccio di materie, riconducibili alla potestà legislativa statale e regionale (ex plurimis, sentenza n. 168 del 2008), ma anche in caso di potestà legislativa regionale residuale (ex plurimis, sentenze n. 27 del 2010; nonché, in specifico riferimento al trasporto pubblico locale, n. 222 del 2005), affermando costantemente la necessità dell’intesa (tra le tante, sentenze n. 182 e n. 117 del 2013).
Interpretata in questi termini, la norma impugnata sfugge alle censure della ricorrente Regione Veneto, in quanto è finalizzata a garantire l’effettiva erogazione delle risorse in maniera meramente applicativa ed esecutiva di criteri già stabiliti previa intesa, rendendo, nella specie, già soddisfatto l’invocato principio di leale collaborazione (in senso conforme, tra le tante, sentenza n. 297 del 2012).
5.3.– Non sono fondate neppure le censure mosse avverso il comma 6, il quale prevede che, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dei trasporti, con cui vanno ripartite le risorse del fondo ai sensi di quanto previsto dal precedente comma 5, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, venga ripartito a titolo di anticipazione tra le Regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del fondo, e che le risorse ripartite siano oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito delle verifiche circa il grado di efficientamento del servizio in base ai parametri indicati al comma 3.
Anche in relazione a tale norma, la Regione Veneto lamenta il mancato ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del menzionato decreto.
In realtà, la richiamata disciplina si configura in termini meramente esecutivi e applicativi rispetto ai criteri individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 3 – emanato previa intesa in Conferenza – valendo, a fortiori, gli argomenti richiamati per la disciplina dettata dal comma 5, che consentono, fondatamente, di interpretare la norma impugnata in maniera tale da sfuggire alle censure della ricorrente. Il comma 6 disciplina, infatti, un procedimento di mera anticipazione di risorse, tale da postulare il coinvolgimento della Conferenza ai fini della realizzazione della leale cooperazione, ma non già da richiedere l’intesa. Ben potrebbero, tra l’altro, essere effettuate successive compensazioni rispetto a quanto attribuito alle Regioni a titolo di anticipazione.
Interpretata in questi termini, la disposizione del comma 6 sfugge alle censure della ricorrente Regione Veneto.
6.– L’istanza di sospensione dell’efficacia delle norme impugnate, formulata dalla ricorrente Regione Veneto nel secondo ricorso, rimane assorbita dalla decisione di inammissibilità e di non fondatezza nel merito delle censure proposte (ex plurimis, sentenze n. 299 del 2012, n. 263, n. 190 e n. 189 del 2011).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
riuniti i giudizi,
1) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’articolo 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli articoli 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), con il ricorso registrato al n. 151 del 2012;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 3 e 97 Cost., con il ricorso registrato al n. 34 del 2013;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, con il ricorso registrato al n. 34 del 2013;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis, commi 1, 5 e 6, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione dell’articolo 120 Cost. e del principio di leale collaborazione, con il ricorso registrato al n. 34 del 2013.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2013.


 

DdL Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)
(Finanziamenti per infrastrutture e trasporti)
Il comma 1 autorizza la spesa di 335 milioni di euro per l'anno 2014, al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l'anno 2014 e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa.
Il comma 2 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2014, di 170 milioni di euro per l'anno 2015 e di 120 milioni di euro per Panno 2016, al fine di realizzare il tratto dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria che presenta carattere di maggiore urgenza, ovvero quello compreso tra il viadotto Stupino (escluso) e lo svincolo di Affilia (incluso).
Il comma 3 autorizza la spesa necessaria alla prosecuzione immediata dei lavori del sistema MO.S.E., nonché al relativo completamento, pari a 200 milioni di euro per l'anno 2014, 100 milioni di euro per l'anno 2015, 71 milioni di euro per l'anno 2016 e 30 milioni di euro per l'anno 2017.
Il comma 4 dispone lo stanziamento delle risorse necessarie ad onorare il contratto di servizio, stipulato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la società Rete ferroviaria italiana (RFT) Spa per il triennio 2012 — 2014, pari a 500 milioni di euro per il 2014.
Il comma 5 è finalizzato a dare attuazione alla tratta ferroviaria Cancello — Frasso Telesino. In particolare, si prevede l'approvazione del relativo progetto preliminare, autorizzando la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per l'anno 2016, al fine di completare il finanziamento della tratta e assicurare la celere presentazione CIPE del progetto definitivo entro il 30 settembre 2014.
Al comma 6 viene previsto, attraverso il ricorso alla logica dei "lotti costruttivi", il completamento della tratta Brescia — Verona — Padova della linea ferroviaria AV/AC Milano-Venezia, nonché della tratta Apice-Orsara e della tratta Frasso Telesino-Vitulano della linea ferroviaria AV/AC Napoli —Bari.
Al riguardo, la disposizione stabilisce che il CIPE possa approvare i relativi progetti preliminari anche nelle more del finanziamento della fase realizzativa e, a determinate condizioni, i progetti definitivi.
Per le finalità sopra descritte, il comma di cui trattasi autorizza la spesa, mediante erogazione diretta, di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2029, precisando che, a valere su tali contributi, non sono consentite operazioni finanziarie con oneri a carico dello Stato.
Al comma 7 è autorizzata la spesa necessaria ad adeguare il tracciato e a velocizzare l'asse ferroviario Bologna—Lecce, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2014 e a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, dando così funzionalità ad un asse chiave per la crescita e lo sviluppo del Paese e assicurando un collegamento funzionale tra l'area settentrionale del Paese e quella meridionale. Inoltre, la disposizione autorizza la contrattualizzazione dei suddetti interventi, nelle more dell'approvazione del pertinente contratto di programma.
Il comma 8 dispone l'incremento del Fondo per gli investimenti destinato all'acquisto di veicoli adibiti ai servizi di trasporto pubblico locale. In particolare, la dotazione del Fondo sopra citato è incrementata di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2014 — 2016, da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma, e di 200 milioni di euro per l'anno 2014 da destinare all'acquisto di materiale rotabile ferroviario.
E' previsto, infine, che i relativi pagamenti siano esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 50% dell'assegnazione di ciascuna regione per l'anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016.
Il comma 9 autorizza la spesa di 330 milioni di euro, per l'anno 2014, ai fini della realizzazione di interventi in favore del settore dell'autotrasporto, demandando il riparto delle suddette risorse ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 10 autorizza la spesa di 20,75 milioni di euro per Panno 2014, al fine di completare il Piano nazionale banda larga, definito dal Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per le comunicazioni e autorizzato dalla Commissione europea.
Il comma 11 autorizza la spesa di 80 milioni nel 2014 e di 70 milioni nel 2015, al fine di procedere al pagamento dei debiti relativi ad opere pubbliche affidate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a seguito della soppressione dell'Agenzia per la promozione e lo sviluppo dei Mezzogiorno (AgenSud).


 


Articolo 4 – comma 8
( Finanziamenti per infrastrutture e trasporti )
La crisi dell'intero settore del TPL e regionale ha provocato e provoca effetti devastanti che non risparmiano nessun territorio e nessuna azienda.
Alla carenza di risorse destinate alle aziende, dovuta ai tagli operati ai trasferimenti pubblici, si somma la difficoltà di bilancio di regioni e comuni.
In questa situazione, con l'aggravante che lo Stato, ad oggi, non ha saldato alle regioni il conto economico del 2012 e nel 2013 le risorse non sono ancora certe, seppur decurtate, detto comma dell'articolo 4  incrementa la dotazione del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, incrementandolo di 100 M€ per ciascuno degli anni 2014/15/16, da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma, e di 200 M€ per l'anno 2014 da destinare all'acquisto di materiale rotabile ferroviario. Ovviamente il riparto avviene in base  al DPCM n. 148 del 26 giugno 2013.
E' un dato di fatto che, nel corso degli ultimi diciotto anni, le risorse statali per l'acquisto e la sostituzione di mezzi di trasporto hanno subito un vero e proprio crollo, passando dagli oltre 2,3 miliardi di € del quadriennio 1997-2001, ai soli 110 M€ previsti tra il 2012-2015. Riduzione questa che in poco tempo ha portato l'età media del parco veicolare delle aziende alla soglia dei 12 anni, in un solo anno addirittura, dal 2011 al 2012, il parco mezzi è invecchiato complessivamente di 7 mesi. Un dato drammatico e pericoloso che interessa milioni di cittadini che ogni giorno utilizzano i mezzi pubblici per non parlare dei costi ambientali e di esercizio che lievitano quanto il parco mezzi risulta così obsoleto. L'incremento del Fondo è apprezzabile ma si tratta sempre di una goccia nel mare delle necessità.  Detto incremento, secondo studi attendibili, consentirà l'acquisto di 650 autobus nuovi all'anno per tre anni, ma per sanare seriamente la situazione portando l'età media del parco mezzi su gomma ai livelli europei di 7 anni, bisognerebbe acquistare almeno 3.400 autobus all'anno nei prossimi 10 anni, operando contemporaneamente rottamazioni ed alienazioni dei mezzi più obsoleti. Servirebbero, quindi, nel decennio risorse complessive per oltre 7,5 miliardi di € da reperire sia dallo Stato, dalle Regioni, dagli Enti Locali e dalle aziende. Mentre per quanto attiene il TPL su ferro sarebbe stato opportuno prevedere un finanziamento triennale per l'ammodernamento delle reti e del materiale rotabile.




 

OBBLIGHI, VINCOLI E LIMITAZIONI
PER LE SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA


D.L. 6 luglio 2012, n. 95 
Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.
Art. 4 Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche
1. Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di ser­vizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell’intero fatturato, si procede, alternativamente:
a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013. Gli atti e le operazioni posti in essere in favore delle pubbliche amministrazioni di cui al presente comma in seguito allo scioglimento della società sono esenti da imposizione fiscale, fatta salva l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, e assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e cata­stali;
b) all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1° gennaio 2014. Il bando di gara considera, tra gli elementi rilevanti di valutazione dell’offerta, l’adozione di strumenti di tutela dei livelli di occupazione. L’alienazione deve riguardare l’intera partecipazione della pubblica amministrazione controllante..
2. Ove l’amministrazione non proceda secondo quanto stabilito ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pre­dette società non possono comunque ricevere affidamenti diretti di servizi, né possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari. I servizi già prestati dalle società, ove non vengano prodotti nell’ambito dell’amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano alle società che svolgono servizi di interesse ge­nerale, anche aventi rilevanza economica, alle società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché alle società di cui all’articolo 23-quinquies, com­mi 7 e 8, del presente decreto, e alle società finanziarie partecipate dalle regioni, ovvero a quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, individuate, in relazione alle esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, nonché all’esigenza di assicurare l’efficacia dei controlli sulla erogazione degli aiuti co­munitari del settore agricolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro o dei Ministri aventi poteri di indirizzo e vigilanza, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Le medesime disposizioni non si applicano qualora, per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l’amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato. In tal caso, l’amministrazione, in tempo utile per rispettare i termini di cui al comma 1, predispone un’analisi del mercato e trasmette una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per l’acquisizione del parere vincolante, da rendere entro sessanta giorni dalla rice­zione della relazione. Il parere dell’Autorità è comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le disposizioni del presen­te articolo non si applicano altresì alle società costituite al fine della realizzazione dell’evento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007, richiamato dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100.
3-bis. Le attività informatiche riservate allo Stato ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 414, e successivi provvedimenti di attuazione, nonché le attività di sviluppo e gestione dei sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche, svolte attualmente dalla Consip S.p.A. ai sensi di legge e di statuto, sono trasferite, mediante operazione di scissione, alla Sogei S.p.A., che svolgerà tali attività attraverso una specifica divisione interna garantendo per cinque esercizi la prosecuzione delle attività secondo il precedente modello di relazione con il Ministero. All’acquisto dell’efficacia della suddetta operazione di scissione, le disposizioni normative che affidano a Consip S.p.A. le attività oggetto di trasferimento si intendono riferite a Sogei S.p.A.
3-ter. Fermo restando lo svolgimento da parte di Consip S.p.A. delle attività ad essa affidate con provvedimenti normativi, le attività di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement continuano ad essere svolte dalla Consip S.p.A. La medesima società svolge, inoltre, le attività ad essa affidate con provve­dimenti amministrativi del Ministero dell’economia e delle finanze. Sogei S.p.A., sulla base di apposita convenzione discipli­nante i relativi rapporti nonché i tempi e le modalità di realizzazione delle attività, si avvale di Consip S.p.A, nella sua qualità di centrale di committenza, per le acquisizioni di beni e servizi.
3-quater. Per la realizzazione di quanto previsto dall’articolo 20 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, Consip S.p.A. svolge altresì le attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività ai sensi dell’articolo 83 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni ai sensi all’articolo 86 del decreto medesimo nonché ai contratti-quadro ai sensi dell’articolo 1, comma 192, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. A tal fine Consip S.p.A. applica il contributo di cui all’articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177.
3-quinquies. Consip S.p.A. svolge, inoltre, l’istruttoria ai fini del rilascio dei pareri di congruità tecnico-economica da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale che a tal fine stipula con Consip apposita convenzione per la disciplina dei relativi rapporti.
3-sexies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 possono predisporre appositi piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate. Detti piani sono approvati previo parere favorevole del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, e prevedono l’individuazione delle attività connesse esclusivamente all’esercizio di funzioni amministrative di cui all’articolo 118 della Costituzione, che possono essere riorganizzate e accorpate attraverso società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing. I termini di cui al comma 1 sono prorogati per il tempo strettamente necessario per l’attuazione del piano di ristrutturazione e razionalizzazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato su proposta del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi.
4. I consigli di amministrazione delle società di cui al comma 1 devono essere composti da non più di tre membri, di cui due di­pendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d’intesa tra le amministrazioni medesime, per le società a partecipazione diretta, ovvero due scelti tra dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipa­zione della società controllante o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d’intesa tra le amministrazioni medesime, e dipendenti della stessa società controllante per le società a partecipazione indiretta. Il terzo membro svolge le funzioni di amministratore delegato. I dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, ferme le disposizioni vigenti in materia di onnicomprensività del trattamento economico, ovvero i dipendenti della società controllante hanno obbligo di riversare i relativi compensi assembleari all’amministrazione, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio, e alla società di appartenenza. E’ comunque consentita la nomina di un amministratore unico. La disposizione del presente comma si applica con decorrenza dal primo rinnovo dei consigli di ammini­strazione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge, i consigli di amministrazione delle altre società a totale partecipazione pubblica, diretta ed indiretta, devono essere composti da tre o cinque membri, tenendo conto della rilevanza e della complessità delle attività svolte. Nel caso di consigli di amministrazione composti da tre membri, la com­posizione è determinata sulla base dei criteri del precedente comma. Nel caso di consigli di amministrazione composti da cin­que membri, la composizione dovrà assicurare la presenza di almeno tre dipendenti dell’amministrazione titolare della parteci­pazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d’intesa tra le amministrazioni medesime, per le società a partecipazione diretta, ovvero almeno tre membri scelti tra dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione della società controllante o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d’intesa tra le amministrazioni medesime, e dipendenti della stessa società controllante per le società a partecipazione indiretta. In tale ultimo caso le cariche di Presidente e di Amministratore delegato sono disgiunte e al Presidente potranno essere affidate dal Consiglio di amministrazione deleghe esclusivamente nelle aree relazioni esterne e istituzionali e supervisione delle attività di controllo interno. Resta fermo l’obbligo di riversamento dei compensi assembleari di cui al comma precedente. La disposizione del presente comma si applica con decorrenza dal primo rinnovo dei consigli di am­ministrazione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
6. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la di­sciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell’amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell’istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali.
6-bis. Le disposizioni del comma 6 e del comma 8 non si applicano all’associazione di cui al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il relativo consiglio di ammini­strazione è composto, oltre che dal Presidente, dal Capo del dipartimento della funzione pubblica, da tre membri di cui uno de­signato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e due designati dall’assemblea tra esperti di qualificata professionalità nel settore della formazione e dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Ai membri del consiglio di amministrazione non spetta alcun compenso quali componenti del consiglio stesso, fatto salvo il rimborso delle spese docu­mentate. L’associazione di cui al presente comma non può detenere il controllo in società o in altri enti privati e le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono cedute entro il 31 dicembre 2012.
7. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. È ammessa l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell’articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono altresì ammesse le convenzioni siglate con le organizzazioni non governative per le acquisizioni di beni e servizi realizzate negli ambiti di attività previsti dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e relativi regolamenti di attuazione.
8. A decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014. Sono altresì fatte salve le acquisizioni in via diretta di beni e servizi il cui valore complessivo sia pari o inferiore a 200.000 euro in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, degli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, delle associa­zioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, delle organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.
8-bis. I commi 7 e 8 non si applicano alle procedure previste dall’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381.
9. A decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, alle società di cui al comma 1 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni previste per l’amministrazione controllante. Resta fermo, sino alla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto previsto dall’articolo 9, comma 29, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Salva comunque l’applicazione della disposizione più restrittiva prevista dal primo periodo del presente comma, continua ad applicarsi l’articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
10.  A decorrere dall’anno 2013 le società di cui al comma 1 possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009. Le medesime società applicano le disposizioni di cui all’articolo 7, commi 6 e 6-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di presupposti, limiti e obblighi di trasparenza nel conferimento degli incarichi.
11.  A decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l’anno 2011.
12.  Le amministrazioni vigilanti verificano sul rispetto dei vincoli di cui ai commi precedenti; in caso di violazione dei suddetti vincoli gli amministratori esecutivi e i dirigenti responsabili della società rispondono, a titolo di danno erariale, per le retribuzioni ed i compensi erogati in virtù dei contratti stipulati.
13.  Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società quotate ed alle loro controllate. Le medesime disposizioni non si applicano alle società per azioni a totale partecipazione pubblica autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio. L’amministrazione interessata di cui al comma 1 continua ad avvalersi degli organismi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del de­creto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114. Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali.
14.  Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto, a pena di nullità, di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio ovvero di atti convenzionali comunque denominati, intercorrenti tra società a totale parteci­pazione pubblica, diretta o indiretta, e amministrazioni statali e regionali; dalla predetta data perdono comunque efficacia, salvo che non si siano già costituiti i relativi collegi arbitrali, le clausole arbitrali contenute nei contratti e negli atti anzidetti, ancorché scaduti, intercorrenti tra le medesime parti.

 

Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 maggio 2010, n. 125, S.O.
Art. 14 Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali
32. Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione in­feriore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2012 i comuni mettono in liquidazione le socie­tà già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. Le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite:
a) abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;
b) non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;
c) non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.
La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i co­muni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2011 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.

 

Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività,
la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Art. 18 Reclutamento del personale delle società pubbliche
1.           A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provve­dimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2.           Le altre società a partecipazione pubblica totale odi controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al re­gime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pub­blica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’ articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposi­zioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30 settembre 2009, sono definite le modalità e la modulistica per l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
3.           Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società quotate su mercati regolamentati.

 

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2007).
Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.
Art. 1
725.      Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell’articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onni­comprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle società controllate, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente comma
726.  Nelle società a totale partecipazione pubblica di una pluralità di enti locali, il compenso di cui al comma 725, nella misura ivi prevista, va calcolato in percentuale della indennità spettante al rappresentante del socio pubblico con la maggiore quota di partecipazione e, in caso di parità di quote, a quella di maggiore importo tra le indennità spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici .
727.  Al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione sono dovuti gli emolumenti di cui all’articolo 84 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, alle condizioni e nella misura ivi stabilite.
728.  Nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, i compensi di cui ai commi 725 e 726 possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percen­tuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di par­tecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale.
729.  Il numero complessivo di componenti del consiglio di amministrazione delle società partecipate totalmente anche in via indiretta da enti locali, non può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale, interamente versato, pari o superiore all’importo che sarà determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Mini­stro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle società miste il numero massimo di componenti del consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali comprendendo nel numero anche quelli eventualmente designati dalle regioni non può essere superiore a cinque. Le società adeguano i propri statuti e gli eventuali patti parasociali entro tre mesi dall’entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008).
Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 2007, n. 300, S.O.
Art. 3
44. Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione. Il limite si applica anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, ai dirigenti. Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d’opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza. Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pub­blicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento. In caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, fermo restando quanto disposto dal periodo precedente. Le amministrazioni, gli enti e le società di cui al primo e secondo periodo del presente comma per i quali il limite trova applicazio­ne sono tenuti alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti. Per le amministrazioni dello Stato possono essere autorizzate deroghe con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o loro partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo dell’organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai compe­tenti istituti di previdenza e di assistenza. Ai fini dell’applicazione del presente comma sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all’interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi da uno stesso organismo conferiti nel corso dell’anno. Alla Banca d’Italia e alle altre autorità indipendenti il presente comma si applica limitatamente alle previsioni di pubblicità e trasparenza per le retribuzioni e gli emolumenti comunque superiori al limite di cui al primo periodo del presente comma.

 

D.P.R. 5-10-2010 n. 195 Regolamento recante determinazione dei limiti massimi del trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo. Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 novembre 2010, n. 276.
Art. 1 Oggetto
1. Il presente regolamento, adottato in attuazione dell’articolo 3, commi da 44 a 52-bis, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, disciplina il limite massimo delle retribuzioni e degli emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze nel territorio metropolitano.
Art. 2 Soggetti conferenti
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, commi 44 e 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in relazione alla Banca d’Italia e alle altre autorità indipendenti, sono soggetti conferenti le amministrazioni dello Stato di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le agenzie, gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate.
Art. 3 Soggetti destinatari
1. Sono soggetti destinatari le persone fisiche che percepiscono retribuzioni o emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze in ragione di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, ivi compresi il contratto d’opera di natura continuativa, di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione a progetto, con i soggetti di cui all’articolo 2.
Art. 4 Limite massimo retributivo
1. Il limite massimo annuale delle retribuzioni e degli emolumenti non può superare il trattamento economico annuale complessivo spettante perla carica al Primo Presidente della Corte di cassazione. A tal fine il Ministro della giustizia entro il 31 gennaio di ogni anno comunica al Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed al Ministro dell’economia e delle finanze l’ammontare del trattamento. Per la Banca d’Italia e le altre autorità indipendenti si fa riferimento al limite massimo previsto dall’articolo 3, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
2. Ai fini della verifica del rispetto del limite non è computato il corrispettivo globale percepito per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti al soggetto destinatario, rispettivamente, dall’amministrazione o dalla società di appartenenza e dall’ente previdenziale. Ai fini della verifica del rispetto del limite non è computata la parte del compenso che il soggetto destinatario è obbligato a versare in fondi. Negli incarichi di durata pluriennale con compenso cumulativamente previsto, ai fini della determinazione del limite, il compenso è computato in parti uguali per gli anni di riferimento, tenendo conto delle frazioni di anno.
3. Le attività soggette a tariffa professionale, le attività di natura professionale non continuativa, i contratti d’opera di natura non continuativa ed i compensi determinati ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, codice civile, degli amministratori delle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate investiti di particolari cariche, non sono assoggettati al rispetto del limite di cui al presente regolamento.
4. Salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 44, ottavo periodo, della citata legge n. 244 del 2007, i soggetti conferenti possono derogare al limite massimo solo per esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Si intendono esigenze di carattere eccezionale, da sottoporre al vaglio preventivo del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze, quelle derivanti da eventi imprevedibili cui non si possa far fronte con l’attività dei dipendenti e dei consulenti e che richiedano una prestazione lavorativa straordinaria in termini sia di qualità che di quantità oraria giornaliera. Il provvedimento previsto dal presente comma deve contenere una dettagliata motivazione a supporto del conferimento.
5. Nel caso in cui la singola amministrazione o società attribuisce ad un medesimo soggetto una pluralità di incarichi, rapporti o simili nello stesso anno, in deroga al limite massimo di cui al comma 1, l’atto di conferimento deve, nell’osservanza dei principi del merito e della trasparenza, motivare specificatamente circa i requisiti di professionalità e di esperienza del soggetto destinatario in relazione alla tipologia di prestazione richiesta ed alla misura del compenso attribuito e recare in allegato il curriculum vitae del destinatario.
Art. 5 Regime di pubblicità
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 44, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il soggetto conferente è tenuto a rendere noto, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, ciascun atto di conferimento soggetto alla disciplina di cui al presente regolamento, con specifica indicazione del tipo, della durata, del compenso previsto e del nominativo del destinatario, nonché tutti gli altri eventuali incarichi, rapporti o simili, con l’indicazione dei compensi spettanti, comunicati dal destinatario ai sensi del comma 2, ove non già resi noti ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di incarico il cui compenso va riversato, integralmente o parzialmente, in fondi, l’obbligo di pubblicità riguarda solo la parte di compenso direttamente erogata dal soggetto conferente al destinatario.
2. Il soggetto destinatario è tenuto a comunicare al soggetto conferente tutti gli altri incarichi in corso rilevanti ai fini del limite di cui all’articolo 4, comma 1, sulla base del modello di comunicazione allegato al presente regolamento.
Art. 6 Vigilanza, controllo e monitoraggio
1. Fermi restando gli obblighi di comunicazione preventiva alla Corte dei conti di cui all’articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, l’Ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, esercita il potere di vigilanza e controllo sul rispetto del presente regolamento con particolare riguardo ai compensi eccedenti il limite di cui all’articolo 4, comma 1.
2. Il Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, in attuazione dell’articolo 3, comma 52-bis, lettera e), della legge n. 244 del 2007, provvede a monitorare gli incarichi di chiunque percepisca retribuzioni o emolumenti nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo, direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, con le amministrazioni dello Stato, le agenzie, gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate, anche in caso di mancato superamento del limite di cui all’articolo 4, comma 1, del presente regolamento. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione presenta al Parlamento, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sugli esiti del monitoraggio.
Art. 7 Disposizioni finali
1. Le disposizioni del presente regolamento e quelle di cui all’articolo 3, commi da 44 a 52, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applicano ai contratti stipulati o rinnovati e agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore del presente regolamento.
2. Per quanto non direttamente disciplinato dal presente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 3, comma 52-bis, della legge n. 244 del 2007, sono fatte salve le disposizioni del medesimo articolo 3, commi da 44 a 52.
Art. 8 Clausola di invarianza
1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 maggio 2010, n. 125, S.O.
Art. 6 Riduzione dei costi degli apparati amministrativi
6. Nelle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto na­zionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle società possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento dalle amministrazioni pubbliche, il compenso di cui all’articolo 2389, primo comma, del codice civile, dei componenti degli organi di amministrazione e di quelli di controllo è ridotto del 10 per cento. La disposizione di cui al primo periodo si applica a decor­rere dalla prima scadenza del consiglio o del collegio successiva alla data di entrata in vigore del presente provvedimento. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società quotate e alle loro controllate.

 

L. 12-7-2011 n. 120 
Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati.
Art. 1 Equilibrio tra i generi negli organi delle società quotate
1.    Dopo il comma 1-bis dell’articolo 147-ter del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente: «1-ter. Lo statuto prevede, inoltre, che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che as­sicuri l’equilibrio tra i generi. Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi. Qualora la composizione del consiglio di amministrazione risultante dall’elezione non rispetti il criterio di riparto previsto dal presente comma, la Consob diffida la società interessata affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100.000 a euro 1.000.000, secondo criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento e fissa un nuovo termine di tre mesi ad adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadono dalla carica. Lo statuto provvede a disciplinare le modalità di formazione delle liste ed i casi di sostituzione in corso di mandato alfine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dal presente com­ma. La Consob statuisce in ordine alla violazione, all’applicazione ed al rispetto delle disposizioni in materia di quota di genere, anche con riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare, in base a proprio regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni recate dal presente comma. Le disposizioni del presente comma si ap­plicano anche alle società organizzate secondo il sistema monistico».
Art. 3 Società a controllo pubblico
1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministra­zioni ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati.
2. Con regolamento da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti termini e modalità di attuazione del presente articolo al fine di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate, in coerenza con quanto previsto dalla presente legge, la vigilanza sull’applicazione della stessa, le forme e i termini dei provvedimenti previsti e le modalità di sostituzione dei compo­nenti decaduti.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italia­na. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

 

Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell’articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 gennaio 2013, n. 23.
Art. 1 Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento detta i termini e le modalità di attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli or­gani di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile, dalle pubbliche amministrazioni indicate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ad esclusione delle società con azioni quotate.
Art. 2 Composizione degli organi sociali
1.           Le società di cui all’articolo 1 prevedono nei propri statuti che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, ove a composizione collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo.
2.           Qualora sia previsto per la nomina degli organi sociali il meccanismo del voto di lista, gli statuti disciplinano la formazione delle liste in applicazione del criterio di riparto tra generi, prevedendo modalità di elezione e di estrazione dei singoli compo­nenti idonee a garantire il rispetto delle previsioni di legge. Gli statuti non possono prevedere il rispetto del criterio di riparto tra generi per le liste che presentino un numero di candidati inferiore a tre. Inoltre gli statuti disciplinano l’esercizio dei diritti di nomina, ove previsti, affinché non contrastino con quanto previsto dal presente regolamento.
3.           Qualora dall’applicazione di dette modalità non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato, tale numero è arrotondato per eccesso all’unità superiore.
4.           Le società prevedono altresì le modalità di sostituzione dei componenti dell’organo di amministrazione venuti a cessare in corso di mandato, in modo da garantire il rispetto della quota di cui al comma 1.
La quota di cui al comma 1 si applica anche ai sindaci supplenti. Se nel corso del mandato vengono a mancare uno o più sindaci effettivi, subentrano i sindaci supplenti nell’ordine atto a garantire il rispetto della stessa quota.
 Art. 3 Decorrenza
5. Le società assicurano il rispetto della composizione degli organi sociali indicata all’articolo 2, anche in caso di sostituzione, per tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente regolamento.
6. Per il primo mandato la quota riservata al genere meno rappresentato è pari ad almeno un quinto del numero dei componenti dell’organo.
Art. 4 Monitoraggio e vigilanza sull’applicazione della normativa
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità vigila sul rispetto della normativa e pre­senta al Parlamento una relazione triennale sullo stato di applicazione della stessa.
2. A tale fine, le società di cui all’articolo 1 sono tenute a comunicare al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro de­legato per le pari opportunità la composizione degli organi sociali entro quindici giorni dalla data di nomina degli stessi o dalla data di sostituzione in caso di modificazione della composizione in corso di mandato.
3. È fatto obbligo all’organo di amministrazione e all’organo di controllo delle medesime società di comunicare al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità la mancanza di equilibrio tra i generi, anche quando questa si verifichi in corso di mandato.
4. Tale segnalazione può essere altresì fatta pervenire al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità da chiunque vi abbia interesse.
5. Nei casi in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità accerti il mancato rispetto della quota stabilita all’articolo 2, comma 1, nella composizione degli organi sociali, diffida la società a ripristinare l’equilibrio tra i generi entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità fissa un nuovo termine di sessanta giorni ad adempiere, con l’avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, ove la società non provveda, i componenti dell’organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell’organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo statuto.
Art. 5 Clausola di invarianza
1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le am­ministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

D.Lgs. 8-4-2013 n. 39 
Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le
pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma
dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 aprile 2013, n. 92. (in vigore dal 4-05-2013)
Art. 1 Definizioni
1. Ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico si osservano le disposizioni contenute nel presente decre­to, fermo restando quanto previsto dagli articoli 19 e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle altre disposizioni vigenti in materia di collocamento fuori ruolo o in aspettativa.
2. Ai fini del presente decreto si intende:
a) per «pubbliche amministrazioni», le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 mar­zo 2001, n. 165, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti;
b) per «enti pubblici», gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigi­lati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati;
c) per «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni ammini­strative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sot­toposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano rico­nosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;
d) per «enti di diritto privato regolati o finanziati», le società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l’amministrazione che conferisce l’incarico:
1) svolga funzioni di regolazione dell’attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o conces­sioni, l’esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo odi certificazione;
2) abbia una partecipazione minoritaria nel capitale;
3) finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici;
e) per «incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati», le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell’ente;
f)per «componenti di organi di indirizzo politico», le persone che partecipano, in via elettiva odi nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sot­tosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, par­lamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali;
g) per «inconferibilità», la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal presente decreto a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, a co­loro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;
h) per «incompatibilità», l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, lo svolgimento di attività professionali ovve­ro l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico;
i) per «incarichi amministrativi di vertice», gli incarichi di livello apicale, quali quelli di Segretario generale, capo Dipartimento, Di­rettore generale o posizioni assimilate nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, conferiti a soggetti interni o esterni all’amministrazione o all’ente che conferisce l’incarico, che non comportano l’esercizio in via esclusi­va delle competenze di amministrazione e gestione;
j)per «incarichi dirigenziali interni», gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi comprese le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli dell’amministrazione che conferisce l’incarico ovvero al ruolo di altra pubblica amministrazione;
k) per «incarichi dirigenziali esterni», gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a soggetti non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni;
l) per «incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico», gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico.
Art. 2 Ambito di applicazioni
1. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli incarichi conferiti nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi gli enti pubblici, nonché negli enti di diritto privato in con­trollo pubblico.
2. Ai fini del presente decreto al conferimento negli enti locali di incarichi dirigenziali è assimilato quello di funzioni dirigenziali a personale non dirigenziale, nonché di tali incarichi a soggetti con contratto a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 110, com­ma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Capo II
Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione
Art. 3 Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione
1. A coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, non possono essere attribuiti:
a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
c)   gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale;
d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
e) gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali del servizio sani­tario nazionale.
2. Ove la condanna riguardi uno dei reati di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, l’inconferibilità di cui al comma 1 ha carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Ove sia stata inflitta una interdizione temporanea, l’inconferibilità ha la stessa durata dell’interdizione. Negli altri casi l’inconferibilità degli incarichi ha la durata di 5 anni.
3. Ove la condanna riguardi uno degli altri reati previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, l’inconferibilità ha carat­tere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia interve­nuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Ove sia stata inflitta una interdizione temporanea, l’inconferibilità ha la stessa durata dell’interdizione. Negli altri casi l’inconferibilità ha una durata pari al doppio della pena inflitta, per un periodo comunque non superiore a 5 anni.
4. Nei casi di cui all’ultimo periodo dei commi 2 e 3, salve le ipotesi di sospensione o cessazione del rapporto, al dirigente di ruolo, per la durata del periodo di inconferibilità, possono essere conferiti incarichi diversi da quelli che comportino l’esercizio delle competenze di amministrazione e gestione. È in ogni caso escluso il conferimento di incarichi relativi ad uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovven­zioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati, di incarichi che compor­tano esercizio di vigilanza o controllo. Nel caso in cui l’amministrazione non sia in grado di conferire incarichi compatibili con le disposizioni del presente comma, il dirigente viene posto a disposizione del ruolo senza incarico per il periodo di inconferibilità dell’incarico.
5. La situazione di inconferibilità cessa di diritto ove venga pronunciata, per il medesimo reato, sentenza anche non definitiva, di proscioglimento.
6. Nel caso di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati di cui ai commi 2 e 3 nei confronti di un soggetto esterno all’am-ministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico cui è stato conferito uno degli incarichi di cui al comma 1, sono sospesi l’incarico e l’efficacia del contratto di lavoro subordinato odi lavoro autonomo, stipulato con l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico. Per tutto il periodo della sospensione non spetta alcun trattamento economico. In entrambi i casi la sospensione ha la stessa durata dell’inconferibilità stabilita nei commi 2 e 3. Fatto salvo il termine finale del contratto, all’esito della sospensione l’amministrazione valuta la persistenza dell’interesse all’esecuzione dell’incarico, anche in relazione al tempo trascorso.
7. Agli effetti della presente disposizione, la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è equiparata alla sentenza di condanna.
Capo III
Inconferibilità di incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati
dalle pubbliche amministrazioni
Art. 4 Inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato re­golati o finanziati
1. A coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti:
a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.
Art. 5 Inconferibilità di incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati
1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale.
Capo IV
Inconferibilità di incarichi a componenti di organi di indirizzo politico
Art. 6 Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello nazionale
1.   Per le cariche di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, si applicano i divieti di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215.
2.   La vigilanza sull’applicazione di quanto previsto dal comma 1 è esercitata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi della medesima legge n. 215 del 2004.
Art. 7 Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale
1. A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della regione che conferisce l’incarico, ovvero nell’anno precedente siano stati componenti della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti della medesima regione o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione, oppure siano stati presidente o amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione ovvero da parte di uno degli enti locali di cui al presente comma non possono essere conferiti:
a)   gli incarichi amministrativi di vertice della regione;
b)   gli incarichi dirigenziali nell’amministrazione regionale;
c)   gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale;
d)   gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale.
2. A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l’incarico, ovvero a coloro che nell’anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico, non­ché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti:
a)   gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione;
b)   gli incarichi dirigenziali nelle medesime amministrazioni di cui alla lettera a);
c)   gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale;
d)   gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione.
3. Le inconferibilità di cui al presente articolo non si applicano ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che, all’atto di assunzione della carica politica, erano titolari di incarichi.
Art. 8 Inconferibilità di incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali
1.   Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della ASL.
2.   Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei due anni precedenti abbiano esercitato la funzione di Presidente del Consiglio dei Ministri o di Ministro, Viceministro o sottosegretario nel Ministero della salute o in altra amministrazione dello Stato o di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanzia­mento del servizio sanitario nazionale.
3. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nell’anno precedente abbiano esercitato la funzione di parlamentare.
4. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei tre anni precedenti abbiano fatto parte della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero abbiano ricoperto la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario regionale.
5. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, il cui territorio è compreso nel territorio della ASL.
Capo V
Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale
Art. 9 Incompatibilità tra incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati nonché tra gli stessi incarichi e le attività professionali
1. Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle attività svolte dagli enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione che conferisce l’incarico, sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o ente pubblico che conferisce l’incarico.
2. Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, gli incarichi di amministratore negli enti pubblici e di presidente e amministratore delegato negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di un’attività professionale, se questa è regolata, finanziata o comunque retribuita dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico.
Art. 10 Incompatibilità tra le cariche direttive nelle aziende sanitarie locali, le cariche in enti di diritto privato regolati o finan­ziati e lo svolgimento di attività professionali
1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una mede­sima regione sono incompatibili:
a) con gli incarichi o le cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale;
b) con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di attività professionale, se questa è regolata o finanziata dal servizio sanitario regionale.
2. L’incompatibilità sussiste altresì allorché gli incarichi, le cariche e le attività professionali indicate nel presente articolo siano assunte o mantenute dal coniuge e dal parente o affine entro il secondo grado.
Capo VI
Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico
Art. 11 Incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali
1. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale, sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, Mini­stro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 ago­sto 1988, n. 400, o di parlamentare.
2. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni regionali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione che ha conferito l’incarico;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;
c)   con la carica di presidente e amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione.
3. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione nonché gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che ha conferito l’incarico;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della provincia, del comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell’amministrazione locale che ha conferito l’incarico;
c)   con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, non­ché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione abitanti della stessa regione.
Art. 12 Incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle ammini­strazioni statali, regionali e locali
1. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di componente dell’organo di indirizzo nella stessa amministrazione o nello stesso ente pubblico che ha conferito l’incarico, ovvero con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico.
2. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale sono incompatibili con l’assunzione, nel corso dell’incarico, della ca­rica di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare.
3. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;
c)   con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione.
4. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell’amministrazione locale che ha conferito l’incarico;
c)   con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, non­ché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione.
Art. 13 Incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali
1. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regio­nale e locale, sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare.
2. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;
c)   con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesi­ma popolazione della medesima regione.
3. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello locale sono incompatibili con l’assunzione, nel corso dell’incarico, della carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima po­polazione della medesima regione.
Art. 14 Incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali
1.   Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali sono incom­patibili con la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale o di parlamentare.
2.   Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una regione sono incompatibili:
a)   con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero con la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario regionale;
b)   con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;
c)   con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesi­ma popolazione della stessa regione.
Capo VII
Vigilanza e sanzioni
Art. 15 Vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico
1.   Il responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, di seguito denominato «responsabile», cura, anche attraverso le disposizioni del piano anticorruzione, che nell’amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico siano rispettate le disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. A tale fine il responsabile contesta all’interessato l’esistenza o l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al presente decreto.
2.   Il responsabile segnala i casi di possibile violazione delle disposizioni del presente decreto all’Autorità nazionale anticorruzione, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, nonché alla Corte dei conti, per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative.
3.   Il provvedimento di revoca dell’incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di responsabile, comunque motivato, è comunicato all’Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace.
Art. 16 Vigilanza dell’Autorità nazionale anticorruzione
1. L’Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi.
2. L’Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione o d’ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell’incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull’atto di conferimento dell’incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative. L’amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell’incarico deve motivare l’atto tenen­do conto delle osservazioni dell’Autorità.
3. L’Autorità nazionale anticorruzione esprime pareri, su richiesta delle amministrazioni e degli enti interessati, sulla inter­pretazione delle disposizioni del presente decreto e sulla loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e incom­patibilità degli incarichi.
Art. 17 Nullità degli incarichi conferiti in violazione delle disposizioni del presente decreto
1. Gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli.
Art. 18 Sanzioni
1. I componenti degli organiche abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono responsabili per le conseguenze economi­che degli atti adottati. Sono esenti da responsabilità i componenti che erano assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti.
2. I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza. Il relativo potere è esercitato, per i Ministeri dal Presidente del Consiglio dei Ministri e per gli enti pubblici dall’amministrazione vigilante.
3. Le regioni, le province e i comuni provvedono entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto ad adeguare i pro­pri ordinamenti individuando le procedure interne e gli organi che in via sostitutiva possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di interdizione degli organi titolari.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 3 trova applicazione la procedura sostitutiva di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
5. L’atto di accertamento della violazione delle disposizioni del presente decreto è pubblicato sul sito dell’amministrazione o ente che conferisce l’incarico.
Art. 19 Decadenza in caso di incompatibilità
1. Lo svolgimento degli incarichi di cui al presente decreto in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai capi V e VI com­porta la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del responsabile di cui all’articolo 15, dell’insorgere della causa di incompatibilità.
2. Restano ferme le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in caso di incompatibilità.
Capo VIII
Norme finali e transitorie
Art. 20 Dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità
1. All’atto del conferimento dell’incarico l’interessato presenta una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto.
3.   Nel corso dell’incarico l’interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di in­compatibilità di cui al presente decreto.Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono pubblicate nel sito della pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico.
4. La dichiarazione di cui al comma 1 è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico.
5. Ferma restando ogni altra responsabilità, la dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell’interessato, comporta la inconferibilità di qualsivoglia incarico di cui al presente decreto per un periodo di 5 anni.
Art. 21 Applicazione dell’articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001
1. Ai soli fini dell’applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell’incarico.
Art. 22 Prevalenza su diverse disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità
1. Le disposizioni del presente decreto recano norme di attuazione degli articoli 54 e 97 della Costituzione e prevalgono sulle diverse disposizioni di legge regionale, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche ammini­strazioni, gli enti pubblici e presso gli enti privati in controllo pubblico.
2. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni della legge 20 luglio 2004, n. 215.
3. Le disposizioni di cui agli articoli 9 e 12 del presente decreto non si applicano agli incarichi presso le società che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e agli incarichi presso le loro controllate.
Art. 23 Abrogazioni
1. Il comma 9 dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è abrogato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.



Art. 3-bis
Disposizioni in materia di revisione dei contratti di servizio

1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,  del  decreto legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  al  fine  di  assicurare  il contenimento  della  spesa,  degli  oneri  a  carico   del   bilancio consolidato e il migliore svolgimento delle funzioni  amministrative, possono provvedere  alla  revisione  con  riduzione  del  prezzo  dei contratti di servizio stipulati con le  società,  ad  esclusione  di quelle emittenti  strumenti   finanziari   quotati   nei mercati regolamentati e delle società dalle stesse controllate, e  gli enti direttamente o indirettamente controllati, con conseguente  riduzione degli oneri contrattuali a carico della pubblica amministrazione. 
In tale ipotesi le società e gli enti controllati  procedono,  entro  i successivi  novanta  giorni,  alla   rinegoziazione   dei   contratti aziendali   relativi al personale impiegato nell'attività contrattualmente affidata, finalizzata alla correlata riduzione degli istituti di salario accessorio e dei relativi costi.
   

https://appsricercascientifica.inail.it/profili_di_rischio/Trasporto_urbano/index.asp


                  Confederazione Unitaria di Base Trasporti

Via Ponzio Cominio, 56 – 00175 Roma –Metro A Lucio Sestio, 06.76968412-06.76960856 - Fax 06.76983007 – Firenze Via scandicci 56 . 055. 055496164 - 055-3200938-
email cub-trasporti@libero.it – cubtrasportilucca@gmail.com